Macerarsi con un macerato

0
6150

La forma della bottiglia ha un che di austroungarico o non lo so, forse è una idea mia, ma ci vedrei dentro un vecchio maraschino o un genepy. Qualcosa in lei attrae, ma qualcosa inevitabilmente respinge, quasi prendesse sottogamba il suo ruolo di contenitore di valori.
Vabbé, è la cifra esteriore dei bianchi di Batič, sloveno fin nel midollo.
Io affronto lei e il suo contenuto, per restarne sorpreso.

Certo che strano il mondo dei macerativi; la targhetta appesa al collo della bottiglia di questa (Vipavska Dolina) Rebula 2016 recita che si sia fatta ben 35 giorni di macerazione sulle bucce in botti aperte, senza controllo di temperatura e senza lieviti aggiunti, per poi riposare -non ricordo quanti anni- in botti di rovere sloveno.
Mi sarei atteso un’altra cosa, perché in lei non ho percepito nessun velo macerativo, men che meno ossidativo. Nessun indirizzo “tisanico”, non la nespola né il tannino, e nemmeno l’ambra nella sua veste cromatica, né la fibrosa consistenza tattile tanto affine alla tipologia.
Solo una magnifica ampiezza gustativa in un incedere rilassato e nient’affatto assorto, per un vino che non ha fretta di emergere e non spintona per farsi notare.

Avvolge & coinvolge con misura, vivendo di sottintesi, e il tempo non lo ferisce, anzi: nel restituirgli gli umori delle resine boschive ne amplifica la complessità, avvalorandone la propensione all’eleganza e la statura autoriale.

L’ipotetico dilemma di non aver compreso fino in fondo se si tratti di un macerativo “azzoppato” oppure no, si stempera fino ad annullarsi dal momento in cui realizzi che in sua compagnia ci stai proprio bene, e che di metodo qui – delle sue liturgie e delle sue costrizioni – non ti vien proprio di parlarne.

FERNANDO PARDINI

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here