Quaderni chiantigiani/4 – Podere Castellinuzza, Castellinuzza e Piuca, Lamole di Lamole

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A Lamole il tempo si è fermato, per ossequioso rispetto si è fermato.
Lì ho incontrato i Coccia, e i Coccia si voglion bene, sia pur divisi nelle imprese: da una parte Castellinuzza e Piuca (Giuliano e il figlio Simone), dall’altra Podere Castellinuzza (Paolo e la figlia Serena), realtà lillipuziane artefici di vini sentimentali, in compagnia dei quali a volte sai che potrà scoccare una scintilla più forte. L’artigianato qui sta nei gesti e nelle parole.

Tutto nasce da un affrancamento. Un tempo l’intero borgo di Castellinuzza apparteneva alla famiglia Cappelli di Montagliari (sponda panzanese); il riscatto dell’azienda agricola dove già lavorarono gli avi portò alla creazione di una nuova realtà ad opera dei fratelli Coccia, le cui strade poi si divisero in fraterna armonia nel 1985, fino ad approdare all’imbottigliamento indipendente a partire dal 2003.

Esposizioni fresche e pendenze significative caratterizzano i terrazzamenti di Castellinuzza, sul versante collinare che guarda a Ruffoli. Sono abitati da ceppi persino centenari, e Paolo Coccia (Podere Castellinuzza) vi ricava le uve per il suo Chianti Classico Gran Selezione, per il quale è stata acquistata appositamente una botte di rovere. Gli altri vini prodotti hanno sposato l’acciaio, e quello soltanto. In più c’è la vigna di Casole, a ben 650 metri di altitudine, autentico vettore di freschezza per vini stilizzati, impettiti dall’acidità e ingentiliti dalla corolla floreale. Il futuro, nel frattempo, si tinge di rosa, e ha il volto della figlia Serena.

Una squisita manifattura artigianale e una apprezzabile trasparenza espressiva, mutuata dallo stile ortodosso e dall’uso del cemento, permea di sé i vini di Castellinuzza e Piuca. A Castellinuzza la vecchia vigna a sangiovese e trebbiano toscano spunta letteralmente da un bosco e presenta roccia madre di arenaria in affioro. Allevata ad archetto toscano, da lì vien fuori Il Vegliardo, vino da tavola nato apposta per la tavola: non smetti di berlo.

Invece a Piuca si sale di quota, fino a 650 metri, e da lì provengono le uve per il nuovo Chianti Classico Gran Selezione, l’unico vino ad essere affinato in legno. Il tratto sincero, la versatilità e l’attitudine “finto semplice” di questi vini li rende accreditati portavoce del territorio di Lamole, mentre il profilo a volte umorale ne giustifica la matrice artigianale.

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A Lamole di Lamole c’è una visione chiara delle cose, una bella ricerca sul campo e una dichiarata volontà di recuperare, preservare e rimettere in sesto gli antichi giacimenti vitati. Numeri alla mano, è la realtà più significativa di Lamole (40 ettari, 220.000 bottiglie). Ha il merito di aver contribuito a diffondere su larga scala le peculiarità di questo lembo di terra fin da tempi non sospetti, e di non aver imboccato scorciatoie stilistiche per prediligere una ricerca espressiva filologicamente coerente e rispettosa del terroir. E questo grazie ai sani intendimenti della proprietà, la famiglia Marzotto, e alla professionale sensibilità di un team di valore guidato dal direttore tecnico Andrea Daldin, a Lamole dal 1993.
Questi vini sanno raccontare Lamole con grande capacità di linguaggio ed altrettanta dignità organolettica, rendendone accecante la fotografia.

Quest’anno un paio di novità rilevanti: un restyling nel nome dei vini, con il Chianti Classico Etichetta Bianca che diventa Duelame, l’Etichetta Blu che diventa Maggiolo, il Chianti Classico Riserva che diventa Lareale, e l’esordio di un nuovo grande protagonista, il Chianti Classico Gran Selezione Vigna Grospoli, che nella versione 2018 conquista grazie alla signorilità e a un sentimento di fondo quasi “gambelliano”.

 

FERNANDO PARDINI

3 COMMENTS

  1. Grazie: si capiscono bene tante cose lasciate all’intuizione di chi soltanto Vi conosce alla lontana come si conosce il sentore del Fascino , un Fascino che sa di cose antiche , di Vecchia Toscana , e di cose attuali e vive . Spero di conoscerVi più da vicino quando tornerò in Toscana perché, fiorentino , indulgo ancora a permanere in un ‘ altra regione a vocazione vinicola , la Sardegna , che però per me ha solo un fascino archeologico …. Perciò arrivederci a presto…

  2. Ma il Vigna Grospoli non era prodotto dalla Fattoria di Lamole? e’ passato di mano il vigneto o sono vigneti adiacenti?

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