Il Consorzio Vino Toscana, per la tutela di un brand fragile ma fortissimo

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Grazie a una chiacchierata “al volo” con Cesare Cecchi, membro di una delle famiglie-emblema del vino toscano e italiano, siamo stati illuminati live sul senso del Consorzio Vino Toscana, di cui è presidente e di cui è direttore Stefano Campatelli, front man per anni del Consorzio del Brunello di Montalcino e poi della Vernaccia di San Gimignano.

Sembra una cosa alquanto generica ma il suo senso ce l’ha. Sinteticamente: il brand Toscana è assente e/o scarsamente tutelato in Italia e nel mondo. Per dire, non è registrato negli Usa, perché non esiste il soggetto titolato a farlo, e questo è molto pericoloso, oltre a fare perdere tante occasioni per intercettare fondi e aiuti economici.

L’idea è stata portata avanti prendendo in mano un vecchio soggetto, rinnovandone lo statuto e cercando di renderlo efficiente.  Il problema è che per essere pienamente operativo un consorzio deve superare delle soglie di associati e di prodotto, e qui sta la difficoltà. Siccome è impossibile “inseguire” tutti i millanta piccoli produttori che magari stanno sul trattore e non sono magari particolarmente recettivi, basterebbero un paio di cooperative con le loro centinaia di iscritti.

In un mondo sempre più globale e sempre più popolato di squali del business, la nostra Italia modellata sul rinascimento bello ma fragile rischia di fare una brutta fine e dunque iniziative come questa vanno seguite e monitorate.

Riccardo Farchioni

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