Union des Gens de Métier, i migliori assaggi della rassegna milanese

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Lo scorso 13 marzo ho avuto il piacere di presenziare ad un banco d’assaggio, riservato agli operatori del settore e alla stampa specializzata, tenutosi presso le sale del prestigioso Hotel Principe di Savoia di Milano in Piazza della Repubblica, e organizzato dai membri dell’associazione francese Union des Gens de Métier. L’azienda agricola G.D. Vajra di Barolo è la sola azienda italiana a farne parte. Oltre ai 17 vigneron partecipanti alcuni produttori del bel Paese, opportunamente selezionati per l’occasione, hanno avuto la possibilità di presentare i propri vini in veste di ospiti speciali.

L’ Union des Gens de Métier nasce alla fine degli anni Novanta, durante un pranzo tra viticoltori al ristorante di Alain Passard. Il compianto Didier Dagueneau è stato senza dubbio uno tra i personaggi più iconici della viticoltura francese. Fu lui a lanciare l’idea di congiungere vignaioli uniti da una passione comune, ovvero quella dell’approccio naturale alla cultura e all’ambiente, e soprattutto alla vera amicizia.

Tra i primi ad aderire Alois Lageder, noto produttore altoatesino, oltre al “filosofo agrario” Rainer Zierock. Trovo corretto riportare integralmente alcuni punti cardine del manifesto: “L’Union des Gens de Métier è anzitutto un gruppo di donne e uomini liberi, legati ai mestieri della terra e rispettosi degli equilibri dell’ambiente. I prodotti racchiudono “terroir, giustizia e nobiltà”. A partire dal diritto all’originalità e alla differenza l’associazione difende valori che uniscono il benessere del corpo a quello dello spirito, un impegno che si nutre di amicizia, passione e gastronomia“.

Il cosiddetto métier (lavoro) che accomuna stilisticamente i soci è quello della fermentazione, ciò che caratterizza la produzione di questi volenterosi ed appassionati vigneron che, con i loro vini, rappresentano le diverse denominazioni francesi. Oltre alla già citata azienda vinicola a conduzione familiare G.D. Vajra (ringrazio Aldo, Milena e i figli Giuseppe, Francesca e Isidoro per l’invito riservatomi), fanno parte del gruppo anche un produttore di sidro (da vecchie varietà di mele e pere) e un panificatore. Ciò che accomuna tutte queste attività è la filosofia del minimo intervento, della grande attenzione all’ambiente, con un approccio principalmente biologico e in alcuni casi biodinamico.

Veniamo ai vini della rassegna, non prima di aver menzionato l’elenco dei produttori presenti. Troverete per ogni cantina l’etichetta che mi ha colpito di più. Laddove non presente almeno un campione per azienda significa che la stessa non era più presente all’evento; ho potuto effettuare gli assaggi soltanto dalle ore 15 alle 18, circa una sessantina in tutto.

Le aziende facenti parte dell’Union des Gens de Métier sono: G.D. Vajra (Barolo), Domaine Philippe Alliet (Chinon), Château de Hauteville (Calvados, Sydre et Poiré), Domaine Chidaine (Montlouis–sur–Loire et Vouvray), Domaine Clape  (Cornas), Château Falfas (Bordeaux Côtes de Bourg), Domaine Didier Dagueneau – (Pouilly Fumé, Jurançon, Sancerre), Domaine Elian Da Ros (Côtes du Marmandais), Domaine Duband (Nuits St Georges), Domaine Alain Graillot (Crozes–Hermitage), Domaine de Torraccia (Corse), Domaine Marc Kreydenweiss (Alsace), Clos Marie (Pic Saint Loup) Domaine Tempier (Bandol), Domaine Arretxea (Irouléguy), Domaine Roulot (Meursault), Domaine Jacques Selosse (Champagne), Clos du Jaugueyron (Haut–Médoc & Margaux).

Le aziende ospiti: Corzano e Paterno (Toscana), Alois Lageder (Trentino-Alto Adige), Foradori (Trentino-Alto Adige), Ar.Pe.Pe. (Lombardia), Paltrinieri (Emilia Romagna), Chiara Condello (Emilia Romagna), Gravner (Friuli Venezia Giulia), Le Fraghe (Veneto), Le Piane (Piemonte).

I miei migliori assaggi dell’Union des Gens de Métier:

Domaine Jacques Selosse, Champagne Grand Cru Blanc de Blancs Brut Initial

Il perlage da manuale amplifica la classica tonalità paglierino-oro. Inebriante, stratificato: dapprima toni di frutta tropicale matura e agrume candito, pan di spezie e smalto, ben presto ravvivati da una vena incessante di calcare e gesso; pepe bianco in chiusura. La vitalità di questo vino è pressoché impossibile da descrivere a parole, un sorso appagante sotto ogni punto di vista.

Domaine Arretxea, Irouléguy Schistes 2020

Tra i “vini rivelazione” della batteria, colpisce sin dal colore: un bel paglierino algido, chiaro, con riflessi beige molto eleganti. Il naso mostra tutta la raffinatezza dei frutti estivi: melone gialletto, nespola e scorza di limone; trascorsi 10-15 minuti dalla mescita giunge la potenza del terroir con effluvi minerali che richiamano la pietra polverizzata, il calcare e una vena di smalto. Grande complessità. Del tutto spiazzante la coerenza al palato, pare di masticare i frutti descritti, e la freschezza, in linea con un totale assenza d’alcol percepito, invoglia a bere l’intera bottiglia.

Domaine Marc Kreydenweiss, Alsace Riesling Wiebelsberg Grand Cru 2020

Paglierino algido, tonalità chiara e luminosa. Al naso è un centrifugato di pietra focaia e scorza di cedro, alcuni istanti e affiora un ricordo di kiwi e lieve smalto. Slanciato, succoso, potente; l’impronta sapida è notevole e si incolla al palato senza mai abbandonarlo.

Domaine Didier Dagueneau, Pouilly Fumé Silex 2019

Tra i migliori bianchi francesi assaggiati negli ultimi anni, non faccio nessuna fatica ad ammetterlo. Paglierino vivace con riflessi beige/verdolini, conquista il naso grazie ad un sapiente mix di frutti esotici e scorza di cedro, pepe bianco e pietra focaia. In bocca danza letteralmente tra guizzi sapidi e vibrante acidità, il tutto senza la men che minima percezione alcolica. Un vino infinito in termini di potenzialità.

Domaine Elian Da Ros, Côtes du Marmandais Clos Baquey 2016

Rubino caldo con riflessi granata, cupo, media trasparenza. Timbro olfattivo suadente e dai tratti vagamenti mediterranei, oltre ad un corredo di spezie orientali di estrema raffinatezza; è un vino goloso e dalla beva a tratti compulsiva.

Azienda Agricola G.D. Vajra, Barolo Ravera 2019

In questa primissima fase della sua vita Il Ravera 2019 l’ho preferito al Barolo Bricco delle Viole, ancora troppo giovane, quest’ultimo da sempre tra i primi cinque del comprensorio, secondo i miei gusti. Tra il granato e il rubino, tonalità ipnotica. Un dolce respiro di frutti di bosco e amarena, viola e grafite; con lenta ossigenazione terriccio bagnato, iodio, ruggine e una trama speziata intrigante. Il sorso trova già il suo punto d’equilibrio tra alcol, densità di materia, freschezza e progressione; tannino ancora piuttosto nervoso, guai se non fosse così. Intravedo un grande avvenire.

Domaine Philippe Alliet, Chinon Coteau de Noiré 2020

Rubino profondo, buon estratto. Dopo circa una decina di minuti dalla mescita affiora un frutto scuro, carnoso, coadiuvato da una parte vegetale non del tutto integrata alla materia. In bocca al contrario gode già di un perfetto equilibrio tra polpa, succo e profondità. Da riassaggiare tra un paio d’anni.

Domaine Clape, Cornas 2008

A quindici anni dalla vendemmia ritrovo tutta la classe del syrah, alleggerito da quella classica esuberanza speziata che lo contraddistingue nella prima fase della sua vita. Qui al contrario i frutti neri maturi cedono ben presto spazio al cuoio, alla grafite e al garofano selvatico lievemente appassito; il pepe nero è appena sussurrato. Ne assaggio un sorso e ritrovo coerenza ed un tannino ricamato a mano, oltre che tanta vitalità.

Château Falfas, Côtes de Bourg Le Chevalier 1997

Davanti a bottiglie di questo genere trovo riduttivo e inappropriato utilizzare i classici descrittori. Semplicemente ritengo manifesti tutta la classe di un territorio grandioso che in fondo chiede soltanto un po’ di riposo in cantina. Ventisei anni e non sentirli, il vino che vorrei sempre bere per via del suo infinito equilibrio fatto di sottrazione, classe, profondità e soprattutto gusto!

Domaine Alain Graillot, Crozes Hermitage La Guiraude 2009

Un’altra bella espressione di Syrah che sulla lunga distanza mostra tutta la sua classe. Granato dai riflessi rubino, gli stessi resistono nonostante i 14 anni dalla vendemmia. Toni empireumatici, cuoio e spezie orientali accompagnano un corredo fruttato ancora vivo che sa di amarena e ribes nero. Abbraccia il palato con classe, il tannino è ancora vivo e la sapidità in leggero vantaggio sulla freschezza: gran bel vino.

Domaine Tempier, Bandol La Migoua 2020

Rubino intenso, nuances porpora, tonalità vivace. Il naso è leggermente offuscato da un aroma di legno che tuttavia non disturba in maniera eccessiva, i frutti neri fanno fatica ad emergere così come la parte floreale che appare in sottrazione. Anche in bocca la sapidità e la freschezza, si perdono un po’ sul finale dove torna prepotentemente il legno. Ha bisogno di tempo perché la stoffa c’è.

Clos du Jaugueyron, Margaux Nout 2018

Tra il rubino e il granato, tonalità calda e profonda. Un pot-pourri di viola e geranio selvatico, tra spezie dolci di buona intensità; il frutto è maturo e richiama l’amarena, il mirtillo nero assieme a suggestioni di terriccio bagnato, pietra frantumata e un afflato balsamico. Buona progressione al palato, tra guizzi acidi e sapidi, tannino virtuoso e un finale di bocca estremamente coerente.

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Migliori assaggi delle aziende ospiti

Paltrinieri, Lambrusco di Sorbara Radice 2021 (rifermentato in bottiglia, secco frizzante)

Un bel rosa chiaretto vivace e luminoso. Avvicino il naso al calice e vengo colto da un ricordo di frutti rossi spremuti e pompelmo rosa, nitida la nota ferrosa che accompagna un richiamo insistente che sa di timo limone e santoreggia. Sorso elettrizzante per via della componente acida, la stessa che richiama il frutto: stilizzato, irriverente, un vino a mio avviso straordinario in cui si percepisce il potenziale del sorbara.

Alois Lageder, A.A. Gewürztraminer Am Sand 2021

Paglierino solare con riflessi oro. Mostra la stoffa del gewürztraminer contenendone magistralmente gli eccessi, soprattutto in fase olfattiva. La classica nota di zenzero è appena accennata, semmai è l’agrume candito a farla da padrone con ricordi di calcare, smalto e miele mille fiori. La consueta morbidezza, insita nel Dna di questa cultivar, viene controbilanciata da una buona spalla acida in un crescendo di sapidità e in totale assenza di alcol percepito; caratteristica quest’ultima non comune considerando il vitigno.

Chiara Condello, Romagna Sangiovese Predappio Riserva Le Lucciole 2019

Ricordo una canzone rap degli anni Novanta: “Quando meno te lo aspetti, come una bomba!” Più o meno è ciò che ho pensato dopo aver assaggiato Le Lucciole Riserva 2019. Un sangiovese in purezza allevato tra le colline di Predappio che conto di approfondire ancor di più in futuro. Trama rubino vivace, estratto significativo e un ventaglio di aromi che spazia dalla violetta e geranio selvatico ai frutti di bosco spremuti, grafite e cosmesi; in chiusura timo e spezie dolci. Gran bella progressione, la materia è viva e conquista il palato senza volerlo in nessun modo saturare. Sembra scontato dirlo ma è un vino soprattutto buono, anzi buonissimo, viene voglia di berlo a più riprese.

Corzano e Paterno, Chianti Terre di Corzano 2021

Rubino vivo, acceso, media consistenza. Naso piuttosto didattico tuttavia i tratti del sangiovese ci sono tutti. I toni risultano un po’ dolci e in parte maturi ma privi di qualsivoglia sbavatura. Sorso disimpegnato, la freschezza appare evidente così come la mancanza di un centro bocca e una profondità in grado di reggere abbinamenti gastronomici importanti. Un buon rosso per l’estate.

Foradori, Vigneti delle Dolomiti IGT Granato 2020

L’uva teroldego, troppo spesso sottovalutata, trova qui una tra le migliori interpretazioni mai riscontrate da chi scrive. Rubino vivace, è un vino accattivante e goloso, dotato di leggiadria e al contempo profondità. Toni boschivi abbracciano spezie dolci, frutti di bosco spremuti e liquirizia, oltre ad un ricordo di grafite e tabacco in foglie. La vera sorpresa è al palato: vitalità, slancio, morbidezza e al contempo vibrante acidità; alcol ben fuso alla materia. Tra i vini più sorprendenti della rassegna, lato ospiti italiani s’intende.

Ar.Pe.Pe., Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 2016

Chiavennasca, così chiamato il nebbiolo in Valtellina, in veste granato con nuances rubino. Toni ariosi danzano in una scala floreale che va dalla viola al geranio appassito, erbe officinali e frutti rossi maturi; con opportuna ossigenazione richiami di ruggine e smalto, pietra frantumata e iodio. Assaggiato in più riprese mostra tutta l’eleganza del frutto maturo in un continuo andirivieni di sensazioni dolci/acide; il tannino è praticamente ricamato a mano. Sfuma in progressione da maratoneta, annata memorabile.

Le Fraghe, Bardolino 2021

Rubino tendente al granato, estratto medio. In sequenza violetta, pepe rosa e ciliegia, con toni piuttosto dolci e privi di slancio, soprattutto in termini di complessità. In bocca la morbidezza prevale supportata da una buona spalla acida, media sapidità e un finale un po’ corto. Un’altra etichetta di rosso che consiglio di gustare d’estate anche a 12-14°.

Le Piane, Boca 2019

Il nebbiolo in Alto Piemonte viene chiamato spanna e il Boca è tra le denominazioni a mio avviso più interessanti. Ovviamente è un vino ancora in fasce, evidenzia una trama cromatica granata con unghia rubino. Timbro olfattivo in levare, per nulla esuberante, va ricercato lentamente all’interno del calice. In primo piano scorza di arancia rossa sanguinella, toni ferrosi, amarena matura e grafite, tabacco e timo. Il sorso è piuttosto nervoso, il tannino fitto tuttavia dolce, ha bisogno di tempo per rivelare tutta la sua classe. L’annata 2019 in zona è stata qualitativamente media, tuttavia questo Boca non manca di profondità seppur corpo e struttura risentano del millesimo.

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Contributi fotografici dell’autore, escluso immagine dei vignaioli, gentilmente concessa da Union de Gens de Metier.

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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