Lochlea Distillery: il nome “nuovo” nel panorama dello scotch

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Pronunciate il nome Lochlea ad un vero appassionato di scotch whisky: è assai probabile che un ghigno furbesco attraversi il suo volto, mentre vi guarda con l’aria interessata… Questa storica azienda agricola – farm, per dirla all’inglese – che fino al 2006 era dedita principalmente all’allevamento di bovini, è oggi una delle “nuove promesse” nel panorama della produzione scozzese.

L’orzo lo avevano sempre coltivato, prima come fonte di alimentazione per gli animali, poi come fornitori dell’industria della birra e del whisky. Ma quando, alla fine del 2021, la Lochlea Distillery ha annunciato di essere pronta a mettere sul mercato il primo single malt, nessuno era al corrente neppure dell’esistenza di questa distilleria indipendente delle Lowlands scozzesi, nella campagna dell’Ayshire, mezz’ora di automobile a sud di Glasgow.

In occasione del recente Roma Whisky Festival – evento che cresce di anno in anno e si conferma come uno dei programmi più interessanti a livello europeo per i cultori della materia  – ho avuto il piacere di partecipare a un’interessante degustazione organizzata dagli importatori Beija Flor (un grazie sentito a Max Righi e Jacopo Grosser) : l’occasione perfetta per testare di persona l’intera gamma di prodotti.

Non sto qui a ripetere la storia dell’azienda, che potete trovare in dettaglio sul loro sito ufficiale lochleadistillery.com oppure, ben sintetizzato in italiano, sul sito beija-flor.it. Mi limito a qualche curiosità, che rende l’idea delle potenzialità del progetto.

La Lochlea è una delle sole tre “farm distillery” in tutta la Scozia, intendendo con tale dicitura quelle distillerie che coltivano in proprio l’orzo da cui ottengono il whisky (le altre due sono la piccolissima Daftmill e Kilchoman, che però ne acquista per buona parte da fornitori locali). Ciò non si traduce automaticamente in una maggior qualità, ma è ovvio che la piena tracciabilità della materia prima consente un livello più elevato di controllo aromatico e di personalizzazione sull’intero processo produttivo.

Sapete poi chi è il direttore di produzione? John Campbell, un mito tra i master distiller scozzesi, che per 27 anni è stato a capo niente di meno che della Laphroaig! Campbell ha deciso di trasferirsi nelle mainland scozzesi per stare più vicino alla famiglia, e ha trovato a Lochlea l’ambiente ideale – soprattutto dal punto di vista della tensione etica verso la qualità – dove poter sviluppare un whisky innovativo e distintivo.

Infine, una curiosità storica: le terre su cui la distilleria coltiva il proprio grano sono le stesse in cui Robert Burns, il più famoso poeta scozzese, ha vissuto e lavorato circa due secoli e mezzo fa. Burns trascorse i suoi anni formativi, dal 1777 al 1784, a Lochlea, traendo ispirazione per il suo pensiero e la sua poesia. C’entrerà poco col whisky, ma fa tanto storytelling

Veniamo, finalmente, agli assaggi. Nel complesso, una gran bella esperienza. Quelli di Lochlea sono prodotti onesti e franchi, che non nascondono la loro gioventù, con una freschezza a volte anche erbacea e qualche “sbuffo” aromatico ancora invadente. Ma la qualità è indiscutibile, e se queste sono le premesse…

LOCHLEA SINGLE MALT “OUR BARLEY”
Our Barley è il primo imbottigliamento che resterà stabilmente presente nella gamma. Nasce dall’unione di whisky maturato in first fill Bourbon barrels (60%), Oloroso Sherry butts (20%) e STR barrique (un particolare tipo di botte ex-vino rasata, tostata e ricarbonizzata). Imbottigliato a 46%, non vede aggiunta di coloranti e non è filtrato a freddo. Un entry level fantastico, a mio avviso, che mi lascia soprattutto una sensazione di grandissima freschezza fruttata: al naso c’è pesca, albicocca, frutta rossa e cereali. In bocca è molto piacevole ed equilibrato, con l’acidità che bilancia egregiamente l’alcol. Un whisky che parla una lingua comprensibile anche al neofita, ma senza annoiare l’appassionato.

LOCHLEA SINGLE MALT “SOWING EDITION”
L’edizione speciale è dedicata al periodo primaverile della semina dell’orzo, quando la vita in fattoria riprende a grandi ritmi, dopo la pausa invernale. Si tratta della prima di una serie annuale di imbottigliamenti limitati “stagionali”, ispirati al succedersi delle fasi che la coltivazione della terra impone. La Sowing Edition affina al 100% in botti di primo riempimento ex-Bourbon ed è imbottigliata a 48%, senza filtraggio a freddo né aggiunta di colore. Aspettatevi note tropicali, di ananas fresco e succoso, e poi mela, agrumi e un sottofondo balsamico di grande freschezza. Un whisky davvero … primaverile!

LOCHLEA SINGLE MALT “HARVEST EDITION”
La Harvest Edition trae ispirazione dalla fine dell’estate, quando le coltivazioni di orzo sono pronte per il raccolto, prima di iniziare il loro viaggio verso il whisky. Harvest Edition è composto da una combinazione di botti ex Porto, ex Sherry Oloroso ed ex Bourbon curata personalmente da John Campbell, ed è imbottigliato a 46%, senza filtraggio a freddo né colorazione artificiale. Qui è sempre il frutto il filo conduttore, ma parliamo di un frutto rosso, maturo, che ricorda la marmellata di fragole, unito a note più dolci di marsh-mellows e lampone. Un prodotto che in qyesta fase ho trovato meno raffinato, un po’ troppo “carico” dal punto di vista aromatico.

LOCHLEA SINGLE MALT “FALLOW EDITION”
Fallow Edition è ispirata all’autunno in fattoria, quando è tempo che i campi vengano lasciati a maggese e riposino dopo un raccolto intenso. L’etichetta viola della bottiglia riflette il colore delle foglie che ricoprono il terreno quando le temperature iniziano a scendere. Matura esclusivamente in botti ex Sherry Oloroso, sviluppando aromi netti di cacao, biscotti al malto, spezie e frutta secca. Mantiene tuttavia un’invidiabile freschezza, che lo rende molto piacevole e bilanciato.


LOCHLEA SINGLE MALT “PLOUGHING EDITION”
La Ploughing Edition trae ispirazione dall’inverno, quando si procede con l’aratura dei campi, in preparazione alla semina primaverile. Senza filtraggio a freddo né colorazione artificiale, è un whisky invecchiato in barili ex-Laphroaig (10 anni e quarter cask), quindi con note delicatamente ma indiscutibilmente torbate (sono dichiarati solo 2-5 ppm, ma sembrano di più…): fumo, cenere, brace, iodio, con un ricordo, per me piacevolmente amaricante, che mi fa pensare alla genziana. Whisky complesso e intrigante, dal finale molto lungo.

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Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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