Cantina della Volta, la sfida dei Metodo Classico nelle colline modenesi

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Sono passati tredici anni dalla nascita di Cantina della Volta, realtà vitivinicola di Bomporto, comune vitato delle colline modenesi; un lasso di tempo indubbiamente breve, considerando la media delle case spumantistiche italiane, eppure, nonostante ciò, questa azienda ha saputo già mostrare risultati di alto livello – soprattutto costanti nel tempo – inerenti all’intera gamma di vini.

Chi conosce il fondatore Christian Bellei sa bene quanto lui sia legato al territorio modenese. Nel corso degli anni si è guadagnato il merito di aver portato all’interno di queste colline il metodo classico. In lui è viva una specifica passione al riguardo, unita alla profonda conoscenza dei terreni e dell’uva lambrusco di Sorbara, oltre alle classiche cultivar utilizzate per il taglio champenoise (pinot noir e chardonnay), aspetti che hanno contribuito a rendere il suo lavoro vincente sotto ogni punto di vista.

Ho un aneddoto da raccontare circa il mio primo incontro con i vini di Christian, a Vinitaly, ormai tanti anni fa. Mi trovavo presso lo stand di un noto distributore, e quest’ultimo per mostrare il carisma dei prodotti in questione li affiancava ad alcuni tra i più quotati Champagne. Detesto fare questo tipo di paragoni, tuttavia l’esperienza fu alquanto folgorante perché, soprattutto in termini di sapidità e freschezza, tenevano testa ai cugini d’Oltralpe.

Cantina della Volta è nata nel 2010 ma la storia della famiglia Bellei risale al 1920, e ha radici ben salde in campo vitivinicolo. Bisnonno Francesco fu il pioniere, colui che lanciò sul mercato le prime bottiglie di Lambrusco di Sorbara prodotte con metodo tradizionale. Un esempio da seguire in termini di capacità visionaria e spirito imprenditoriale; Christian ha ereditato gran parte di tutto ciò. Classe 1968, si diploma in agraria a Modena nel 1986. Alla fine del percorso formativo lo attende l’azienda di famiglia, nella quale impara a svolgere qualsiasi mansione. Rappresenta la quarta generazione e con la stessa tenacia, coadiuvato da strumenti moderni e maggior competenza tecnica, continua il viaggio intrapreso dai suoi predecessori: la specifica esigenza di promuovere il vitigno lambrusco e l’arte della spumantizzazione.

Sono cresciuto come tutti i figli di bottega – dice di sé, raccontando il suo percorso a fianco del padre Giuseppe, che gli ha trasmesso sapere e impegno – e condividere la sua passione per i vini spumanti francesi mi ha permesso di affinare la sensibilità per le sfumature e i piccoli dettagli che rendono unico e irripetibile un vino.”

La filosofia di Cantina della Volta segue poche e semplici regole attuate in modo scrupoloso: vigneti curati secondo i principi della massima sostenibilità ambientale su suoli argillosi e calcarei, basse rese e vecchi vigneti nella zona del Sorbara coltivati con cura, passione, da tutelare e soprattutto da difendere. Christian Bellei, coadiuvato dall’instancabile impegno di Angela Sini, è riuscito in poco tempo a creare una sorta di meccanismo fatto di ingranaggi che si muovono cronometricamente. Diversi aspetti viaggiano all’unisono, l’uno non prevarica l’altro ed è possibile riassumerli in ordine non di importanza: qualità, tradizione, innovazione e rispetto delle radici.

Nel primo caso mi riferisco all’impiego di alti standard qualitativi distribuiti su tutta la filiera, ed è possibile rendersene conto visitando i vigneti. Anche l’utilizzo di solfiti è sempre più basso, un segno tangibile riguardo l’attenzione per la salute dei consumatori. A detta di Christian, il vero patrimonio da difendere ad ogni costo.

Il rispetto della tradizione è una strada che Cantina della Volta persegue da tempo, una sorta di faro che illumina anche i momenti grigi; mi riferisco ad esempio alle annate sempre più calde che affliggono gran parte dei viticoltori italiani. Dagli insegnamenti dei pionieri, dunque dagli aneddoti tramandati di generazione in generazione, è possibile trarre spunti e benefici per affrontare le difficoltà. Il tutto aggiungendo impegno, passione e competenza tecnica nel trarre da uve “antiche”, come il lambrusco di Sorbara, nuovi vini in purezza che stupiscano per modernità.

Alludo soprattutto alla piacevolezza di questi prodotti senza in alcun modo precludere le doti di complessità. Lo vedremo in seguito mediante il mio punto di vista sui vini degustati. Riguardo l’innovazione, la cantina di Bomporto intende investire sempre più sulla tecnologia applicata al buon senso, con una scrupolosa verifica dei risultati. Anche le competenze sono fondamentali: la cultura del vino in primo piano e la sperimentazione che fa da contraltare; infine lo studio del territorio, sviluppato in maniera meticolosa nel rispetto delle radici.

Questa volta lascio la parola a Christian: –”le nostre uve originano da vecchi vigneti nella zona del Sorbara coltivati con cura, che riconosciamo come nostro patrimonio da tutelare e difendere. Sappiamo che da attente coltivazioni e da rese basse si possono ottenere uve in grado di generare vini di eccellente qualità, che sono l’obiettivo del nostro lavoro quotidiano. Il vino non è una formula matematica: è frutto di attenta ricerca e smodata passione. Fare buoni vini è il mio modo di consegnare al futuro le migliori tradizioni del passato.

A mio avviso la degustazione, in questi casi, riassume più di ogni altra parola un talento come quello di Christian Bellei, il potenziale dell’azienda e quello delle colline modenesi.

V.S.Q. Lambrusco di Sorbara Metodo Classico Brut ‘DDR’ 2015

Lambrusco di Sorbara in purezza, uve coltivate  sui terreni alluvionali del fiume Secchia, principalmente nelle frazioni Limidi e Sozzigalli del comune di Soliera (MO). Affina 84 mesi sui lieviti prima della sboccatura (marzo 2023). Residuo zuccherino: 3,5 g/l.

Rubino profondo, con il perlage minuto e continuo ad amplificarne la tonalità, offre un respiro aromatico intenso ed articolato: frutti rossi maturi (fragolina di bosco, ribes, lampone), pennellate floreali di peonia e rosa lievemente appassita. Liberata un po’ di carbonica in eccedenza si fa ancor più complesso, grazie a suggestioni di macchia mediterranea e a un’eco salmastra. Ne assaggio un sorso e ritrovo un frutto pieno, coerente, maturo e con ritorni di grande freschezza che vivacizzano l’insieme. Anche la sapidità mostra il carattere di queste vigne. Il finale è pulito, richiama il ribes, e una piacevole chiusura ammandorlata invoglia il secondo, terzo sorso e così via. In abbinamento cappellacci ferraresi burro e salvia.

V.S.Q Lambrusco di Sorbara Metodo Classico Brut Rosé 2017

Lambrusco di Sorbara in purezza, uve coltivate nel medesimo areale del vino precedente. Affina almeno 42 mesi prima della sboccatura, effettuata ad aprile 2023. Residuo zuccherino: 3,5 g/l.

Stavolta la trama cromatica vira più sul rosa tenue con riflessi buccia di cipolla. Il perlage è molto fine e persistente. I sentori vanno ricercati a lungo all’interno del calice. Non ostenta esuberanza olfattiva, qui è l’esatto contrario. Dopo lenta ossigenazione emergono ricordi di frutti rossi “croccanti” di rovo: lampone, mora, un accenno di scorza d’arancia rossa sanguinella, rosa e melograno; il finale è appannaggio di suggestioni lievemente ferrose. La parte gustativa offre tutto il carisma del Lambrusco di Sorbara in termini di tensione acida, supportata da un buon centro bocca e da un finale sapido e coerente rispetto a quanto percepito al naso. Vino lunghissimo, sfuma lentamente e garbatamente. Questa volta ho optato per un classico piatto di salumi emiliani, opportunamente selezionati s’intende.

V.S.Q Metodo Classico Blanc de Blancs Brut Il Mattaglio 2016

Chardonnay in purezza coltivato all’interno di un vigneto di circa 10 ettari, situato nella frazione di Riccò del comune di Serramazzoni (MO). Ci troviamo ad un’altitudine di 600 metri sul livello del mare e il bosco, perlopiù costituito da castagni, assieme alle vigne dipinge un quadro di struggente bellezza. Anche i terreni sono particolari: calcare, gesso e argilla forgiano vini con un’impronta minerale che ben si presta alla tipologia Metodo Classico. Un vero e proprio cru a tutti gli effetti esposto ad est. Il Mattaglio Blanc de Blancs 2016 affina almeno 48 mesi prima della sboccatura, quest’ultima effettuata a marzo 2022. Residuo zuccherino: 3,5 g/l. Tinge il calice con una trama cromatica paglierino acceso, vivace, amplificato ancor più da un perlage minuto, continuo, elegante. Il naso non è da meno: sbuffi balsamici, ricordi floreali di biancospino e acacia, mela Granny Smith, scorza di cedro e un’incessante vena di calcare e smalto ad impreziosire l’insieme. Con il passare dei minuti si ingentilisce nei toni a vantaggio di un frutto ancor più suadente; il finale richiama il miele millefiori. Verticalità gustativa in termini di tensione acida, l’anno di riposo in più (post sboccatura) rende il sorso cremoso e ricco di sfumature:rimandano all’agrume e al comparto minerale. Un vino lunghissimo che ben si accosta a primi piatti di mare anche complessi.

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Crediti fotografici di Cantina della Volta. Le foto delle bottiglie sono di Danila Atzeni.

 

 

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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