Anche i vini possono essere …eroi!

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Eroico. Un aggettivo forte. Da usare con cautela, specie se applicato al mondo del vino. Ai vini “eroici” è dedicato, ormai da una trentina d’anni, un concorso enologico: il Mondial des Vins Extrêmes, organizzato dal Cervim (Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), l’organismo internazionale con sede ad Aosta, nato con lo specifico compito di promuovere e salvaguardare le forme di viticoltura estrema. Il Mondial des Vins Extrêmes – che fa parte di VINOFED, la Federazione Internazionale dei Grandi Concorsi Enologici, ed ha il patrocinio dell’OIV (Organisation Internationale de la Vigne et du Vin) – è un concorso unico nel suo genere, perché accende i riflettori su microproduzioni e vini che spesso rappresentano autentiche “isole della biodiversità viticola“ che, però, corrono il rischio di scomparire a causa degli alti costi di produzione e di realizzazione dei vigneti. A Roma, lo scorso 1° dicembre, si è svolta la premiazione (con successiva degustazione) delle cantine che si sono distinte quest’anno. I risultati completi li potete leggere a questo link.

Ho avuto il piacere di far parte della giuria di selezione, ed è stata una bellissima esperienza, che mi ha confermato, ancora una volta, come la narrazione del vino in Italia non ha uguali al mondo. Dai terrazzamenti su declivi dalle pendenze impossibili, a vigne di montagna ben oltre il 1.000 metri d’altitudine, passando magari per piccole isole baciate dal sole e sferzate dal vento. La nostra terra è ricca di storie di vini estremi, figli della fatica, del sudore, della laboriosità dell’uomo. Opere a volte incredibili, di vignaioli tenaci, che hanno ricavato vigneti da fazzoletti di terra strappati alla montagna, alle rocce, al mare: luoghi dove solo pensare di poter fare una qualsiasi forma di agricoltura appare folle o, quantomeno, anacronistico. In un mondo sempre più veloce e meccanizzato, queste piccole grandi cantine hanno salvato dall’oblio vitigni antichi, sull’orlo dell’estinzione, e preservato un paesaggio straordinario, dall’alta valenza turistica e culturale, dove il legame uomo-natura è più forte che mai. Opere, quelle viticole, che modellano un territorio rurale, la cui esistenza è spesso garantita proprio grazie alla presenza stessa dei vigneti, antidoto naturale ad un rischio di erosione ambientale sempre più allarmante. Parlare di valore economico o di business, in questi casi, diventa quasi secondario. Per tali vini, allora, si comprende come sia giusto parlare di “eroicità”!

Foto by: azienda Marisa Cuomo a Furore

Sotto lo stesso cappello si possono trovare realtà produttive molto diverse fra loro, non tanto nella loro struttura imprenditoriale – quasi sempre microaziende – ma per la grande diversità dei territori in cui operano. Per definizione, sono considerati “eroici” tutti quei vigneti che caratterizzano le aree viticole soggette a rischio di dissesto idrogeologico, oppure le zone viticole (come quelle di montagna) nelle quali le condizioni orografiche, o le particolari forme di allevamento, creano impedimenti alla meccanizzazione, inclusi i vigneti situati nelle piccole isole.

Il settore della vitivinicoltura eroica (e con esso quello della vitivinicoltura storica, fatta di vigneti piantati prima del 1960 e coltivati mediante l’utilizzo di pratiche e tecniche tradizionali) solo recentemente è stato codificato dal punto di vista legislativo: un Decreto Ministeriale riconosce e disciplina (in maggior dettaglio rispetto al Testo Unico del Vino del 2016) regole e criteri operativi utili per individuare i vigneti interessati, al fine di renderli potenziali destinatari di finanziamenti mirati per interventi di ripristino, recupero e manutenzione. Purtroppo, anche se l’impalcatura teorica del decreto è solida, ad oggi effetti concreti ancora tardano a vedersi: non sono arrivati finanziamenti focalizzati, non tutte le Regioni hanno istituito l’albo dei viticoltori eroici, e anche il marchio nazionale “da viticoltura eroica” (che è previsto dalla legge ed è fondamentale per creare identità di prodotto e farlo riconoscere subito al consumatore) si è “impantanato” sui tavoli ministeriali.

Nella speranza che le istituzioni facciano la loro parte, i segnali positivi vengono dal mercato. Le tendenze di consumo attuali vanno verso vini più snelli, “dritti”, originali, come quelli che spesso si ottengono da queste aree particolari. A ciò, va aggiunto l’oggettivo miglioramento negli ultimi anni della qualità media dei prodotti ottenuti da vigneti estremi. Forse, fino a poco tempo fa, c’era nel consumatore il timore che questi vini non fossero di qualità adeguata. Ora, invece, l’offerta media si è tarata su standard molto alti e questo il bevitore accorto lo ha capito. Anche perché, parlando di produzioni molto piccole, o si fa qualità estrema o non si può che essere commercialmente perdenti. Dall’ambito locale e nazionale, questo nuovo interesse per la vitivinicoltura di nicchia si è allargato anche ai mercati esteri, che forse sono un po’ stanchi dei soliti vini, proposti per decenni. L’attenzione verso i vitigni autoctoni, spesso antichi e introvabili al di fuori di certe realtà, e il fatto che queste piccole aziende si trovino in zone altamente vocate alla viticoltura, dove ad esempio le questioni sanitarie hanno un aiuto naturale dalle condizioni ambientali (non serve tanto ricorso agli agrofarmaci), fa sì che quella dei vini “eroici” o “estremi” sia un’immagine autentica e ad alto valore di sostenibilità, che li rende molto attraenti agli occhi di una vasta fetta di consumatori e appassionati sempre più attenti.

Foto by: azienda Marisa Cuomo a Furore

Insomma, dal Trentino-Alto Adige alla Sardegna, dalla Valle d’Aosta alle pendici dell’Etna, dalla Valtellina alla Costiera Amalfitana, passando per le Cinque Terre, per le montagne Appenniniche e le isole Tirreniche, l’Italia vanta mille storie di vigna e di uomini straordinari, che sono sopravvissuti a guerre, malattie, a disastri climatici e al subdolo richiamo di un business senza scrupoli. Se è assodato che il vino, la vite e i territori viticoli, così come tutte quelle pratiche e tradizioni che sono alla base dell’attività vitivinicola, siano un patrimonio culturale da tutelare e valorizzare, a maggior ragione vanno protetti e aiutati questi vigneti eroici e storici. Piccoli lembi di terra coltivata, che caratterizzano spesso aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico, oppure zone agricole disagiate, nelle quali le condizioni orografiche o le particolari forme di allevamento creano impedimenti alla meccanizzazione. Ma proprio da qui possono venir fuori vini rari, unici, carichi di storia e di suggestioni: prodotti che hanno in sé il dono dell’autenticità e dell’originalità, oggi tanto apprezzati in un mercato che è sempre meno di nicchia e sempre più esigente. Vanno tutelati ed aiutati, non solo per aiutare le performance economiche dei territori vitivinicoli interessati (sia come mera commercializzazione di prodotto, che, ancor di più, come ritorno positivo in termini d’immagine e attrattività turistica), ma anche per il valore culturale, sociale e ambientale che essi racchiudono.

Questi territori sono infatti ancora abbastanza sconosciuti e se ne parla poco. Lo sforzo principale da fare è spiegare al consumatore che sono vini di grande qualità, ottenuti da territori bellissimi, da vitigni autoctoni antichi a bassissima resa, e con altissimi costi di produzione, specie in termini di manodopera (anche dieci volte superiori a quelli dei terreni dove si può lavorare e raccogliere con le macchine). Se costano qualcosina in più, non spaventatevi: il piccolo produttore “eroico” non vuole arricchirsi alle vostre spalle! Riflettete sul fatto che quando acquisterete una bottiglia di questi vini (nella speranza che presto avrete modo di identificarla grazie ad un marchio nazionale chiaro e distintivo…), oltre alla grande qualità riconosciuta che queste produzioni hanno raggiunto, dovrete considerare nel prezzo finale la fatica per produrla, e il ruolo anche sociale e paesaggistico che quella bottiglia di vino rappresenta. L’essenza della viticoltura eroica non sta tanto nel suo prodotto finale, che è ovviamente il vino, ma nel ruolo di “custodia” di un territorio prezioso e minacciato, di enorme valenza turistica e storica.

 

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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