Saverio Petrilli. Biodinamica, una mia visione personale

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Prosegue con questo intervento di Saverio Petrilli (enologo alla Tenuta di Valgiano che aderisce all’organizzazione Renaissance des Appellations) e con il contributo di Attilio Scienza, la discussione sulla biodinamica che ha già visto l’articolo di Andrea Gabbrielli e la visita all’Azienda Caiarossa di Riparbella, nonché le discussioni su Prima di tutto, la terra. Parola della Unione Viticoltori Panzano, e l’intervento sul blog: Considerazioni “biodinamiche”.

Su invito de L’AcquaBuona provo a dare una visione personale del metodo biodinamico di agricoltura, sviluppata attraverso la mia esperienza. Mi rivolgo agli utenti di una rivista, che non conosco, con i quali non posso dialogare e soprattutto che in gran parte non sono agricoltori. Gli agricoltori ovviamente possono arrivare ad intuire certi nessi per conoscenza diretta. Mi trovo così obbligato a semplificare oltre ogni limite, in poche righe un soggetto che andrebbe solo e sempre trattato tra agricoltori e sul campo. Se lo faccio è perché mi illudo di poter calmare polemiche senza senso che ritornano a ondate. Senza senso perché il metodo non andrebbe mai messo in discussione in sede pubblica. Quello che conta sono i risultati. Il metodo può essere investigato in opportuna sede, da persone con le competenze e gli strumenti idonei e soprattutto con la NECESSARIA oggettività.

Queste polemiche hanno già messo sotto processo i primi coraggiosi agricoltori biologici negli anni ’70. Il biologico alla fine è stato accettato, e i produttori biologici guardano con amicizia e rispetto ai biodinamici, considerati all’interno del movimento una garanzia di buona condotta. Nel vino, sottoposto ad un incessante fuoco di comunicazione il biodinamico ha acquisito rapidamente (troppo dal mio punto di vista) un valore positivo nella percezione comune. Questo può essere dovuto al fatto che alcuni grandi nomi del vino hanno dichiarato di seguire questo metodo, o ad una reale percezione di qualità nei vini assaggiati o anche può essere semplicemente un bisogno del consumatore di ritrovare dei valori nella sua bevanda preferita.

E’ difficile sapere perché ma dobbiamo ricordare che la nascita di questa moda NON è dovuta ad investimenti di marketing! Le aziende che praticano il metodo talvolta non sono neanche certificate e gli eventi di degustazione e presentazione sono costruiti sul comune denominatore di essere accessibili anche ai produttori più piccoli e poveri. Pochi incontri annuali di degustazione non possono scatenare tale interesse. Se poi si volesse parlare di moda è comunque una moda spontanea nata nelle fasce di consumatori più disparate. Anche tra i produttori che utilizzano questo metodo si trova di tutto: grandi aziende, piccoli artigiani, fanatici mistici, praticoni concreti, produttori innovativi e giovani, conservatori e anziani, grandi denominazione e zone sconosciute. C’è anche qualcuno meno serio che salta sul carro che gli pare più favorito, ma sono molto pochi anche perché non è facile applicare con successo questo metodo se non ci si dedica grande attenzione.

L’agricoltura è un attività antica, mi dicono 5000 anni. Fin dall’inizio l’agricoltore si è ingegnato su come conservare, sfruttare, aumentare la fertilità della terra. I nomadi speculando sulla fertilità della terra erano costretti a muoversi una volta esaurito il potenziale. Il genio creativo del contadino unito alla sua capacità di osservazione e comprensione dei fenomeni naturali gli ha permesso di vivere sullo stesso terreno per generazioni senza impoverirlo. L’agricoltura tradizionale come è arrivata a noi era basata sulla presenza animale e sullo sfruttamento tramite tecniche di compostazione delle deiezioni animali. La ricchezza del contadino era rappresentata dalla dimensione del cumulo fuori della stalla. Rudolf Steiner, probabilmente sintetizzando conoscenze europee, orientali ed esoteriche, ha messo a punto un sistema di compostaggio del letame nel corno di vacca sotterrato in inverno formidabile. Il cornoletame è un humus ricchissimo di microrganismi. Viene mescolato vigorosamente in acqua tiepida. Un microbiologo potrebbe spiegare come in condizioni di umidità, calore e ossigenazione i microrganismi possano moltiplicarsi in modo esponenziale. Entro un’ora viene distribuito sulla terra. Nella terra i microrganismi compiono una grande attività in sinergia con le radici delle piante e dell’erba migliorando la struttura della terra, il contenuto in humus. Così quantità esigue di cornoletame, opportunamente attivate hanno un’azione pari o superiore all’impegnativa concimazione organica del passato.

Adesso proviamo a spiegare la nutrizione delle viti.
Per nutrirsi utilizzano radici e foglie. Le grosse radici legnose che ancorano la pianta e garantiscono il trasporto dell’acqua sono ricoperte di peli radicali che esplorano il suolo diffusamente, maritandosi letteralmente ad ogni particella di suolo, leggendone le caratteristiche e trasferendole nell’uva.

Se fertilizziamo con sali ammoniacali, essi si disciolgono nell’acqua del terreno e si hanno una serie di effetti:
– La vite ogni volta che beve, si nutre, senza poter decidere, sotto la giurisdizione del sole, quando mangiare e cosa.
– I peli radicali non più necessari, spariscono. E la vite perde il diritto a produrre un vino a “Denominazione di Origine” non esplorando più il suolo così bene.
– Bevendo salato la vite assume grandi quantità di acqua, che, si accumula nei tessuti rendendoli più pesanti e acquosi, maggiormente soggetti ad attacchi di funghi, che rendono indispensabile l’uso di pesticidi potenti e dannosi per l’ambiente e per l’alimentazione.
– Per evitare stress da concentrazione eccessiva, la vite, quando la presenza di acqua nel terreno diminuisce, interrompe la traspirazione chiudendo gli stomi e, di conseguenza limita la fotosintesi, principale via di alimentazione attraverso la quale la foglia trasforma carbonio gassoso in solido in un processo attivato dalla luce solare. La nutrizione minerale è in proporzione irrilevante.

Quando la foglia già stordita dall’aggressività dei trattamenti a causa della concentrazione salina, chiude gli stomi tutto il processo si arresta.
– Niente fotosintesi uguale niente aromi e polifenoli, sostanze tanto importanti per la nostra salute e per il nostro piacere. Per questa ragione i grandi enologi obbligano i produttori a diradamenti massacranti. Ne derivano vini caricaturali, iperconcentrati che abbisognano dei tannini e degli aromi del legno nuovo. Tra l’altro aromi e tannini del legno, a differenza di quelli della frutta, non sono commestibili e non hanno neanche le stesse proprietà alimentari.
– Proviamo a osservare il processo in termini ambientali. Se quella metà delle foglie di tutti i terreni agricoli europei, che non fanno più fotosintesi, o la fanno solo parzialmente rientrassero magicamente in attività, potrebbero fissare tanto carbonio da rendere totalmente sorpassati ed inutili i protocolli di Kyoto.

L’agricoltore è il principale responsabile, nonché vittima, dei cambiamenti climatici.
Il carbonio raccolto dall’atmosfera attraverso i processi dell’humus con l’attività microbica del suolo diventa humus attivo, una sostanza capace di trattenere 3 volte il suo peso in acqua. Ed ecco come ogni cosa è legata ad un’altra. Adesso, che non c’è più humus nei terreni a trattenere l’acqua, ogni pioggia abbondante provoca erosione e frane. In pochi mesi, all’arrivo dell’estate, è siccità. A questo punto gli agricoltori, responsabili e vittime, chiedono la calamità naturale.

In un terreno ricco di humus le radici assorbono le poche sostanze minerali necessarie, rese disponibili dai microrganismi e trattenute dall’humus, che assorbe e trattiene anche l’acqua, rendendola disponibile nei momenti critici. Le viti, sane e robuste, fanno tanta fotosintesi, fissando il carbonio atmosferico, producendo aromi e polifenoli a volontà e trasferendoli nell’uva. Il vino diventa piacevole e bevibile e non è più necessario ricorrere ai tannini ed agli aromi del legno o alle costose tecniche e tecnologie inventate per sostituire il processo naturale.

Steiner parlò diffusamente delle influenze cosmiche. Personalmente nella mia breve esperienza in agricoltura biodinamica non sono ancora arrivato a comprendere quali esse siano ma certamente alcune sono agli occhi di tutti. Che la Luna abbia un effetto sui liquidi è stato ormai provato, la pianta è composta prevalentemente di acqua e inoltre non ha un sistema termico indipendente né una capacità motoria. E’ facile quindi immaginare come l’influenza della Luna possa essere più forte che su animali e uomini. Empiricamente ho potuto constatare quale effetto abbia sulla linfa sia sulle viti che sugli alberi.

Affermare che il Sole sia importante è veramente banale! Tutte le nostre fonti energetiche derivano dalla capacità delle piante di utilizzare l’energia solare; il petrolio, il carbone, il gas, la legna così come il cotone ed in maniera indiretta la lana. Tutto ciò è stato creato attraverso la fotosintesi, la fissazione del carbonio atmosferico in un processo attivato dal SOLE. Queste sono influenze cosmiche indiscutibili. Non ho abbastanza esperienza per discutere delle influenze dei pianeti ma non vedo che vantaggio ci darebbe negarle a oltranza.

Termino con un paragrafo sulla differenza tra fede e fiducia. Non avendo ancora compreso l’influenza dei pianeti non sono in grado di applicare alcune indicazioni date da Steiner nelle conferenze agli agricoltori. Talvolta nel caso di un vino particolarmente prezioso decido in cantina di effettuare un travaso un giorno piuttosto che un altro seguendo le indicazioni che trovo sul calendario della signora Maria Thun, una seguace esperta di Steiner. E’ un atto di FEDE perché non sono in grado di valutare personalmente.

Nella conduzione agricola invece valuto costantemente, ripetutamente. gli effetti dell’applicazione dei preparati. E, ogni anno confermo la FIDUCIA in questo metodo sulla base di parametri oggettivi e indiscutibili quali le fotografie sotto riportate. Ho partecipato a dibattiti nei quali si affermava che la biodinamica non è stata provata scientificamente, oppure che le ricerche che la sostengono non sono state “peer reviewed”. Questo è un problema della Scienza e non degli agricoltori. Inoltre il fatto che qualcosa non sia stato ancora provato non significa necessariamente che non sia vero.

Nelle due foto, effettuate il 14 marzo 2006, suolo “biodinamico” trattato con sovescio e preparati per 4 anni, e suolo a 12 metri di distanza sullo stesso piano non lavorato biodinamicamente. Il suolo della foto superiore era identico a quello della foto inferiore in origine. Il suolo nella seconda foto è compatto, asciutto, senza aria, le radici crescono orizzontalmente e l’humus è ristretto al primo centimetro. L’altro è soffice, con aria e umidità, humus diffuso fino in profondità, forse lieve compattamento ancora presente a 30 centimetri di profondità e numerose radici avventizie verticali.

Agli agricoltori spetta la responsabilità della conduzione dell’azienda, la produzione di alimenti sani e piacevoli, la conservazione dell’ambiente. Se un agricoltore decidesse come condurre l’azienda sulla base di indicazioni di qualche “guru” o di qualche “scienziato” senza metterle in prova nel campo, compierebbe un atto di FEDE. Se un agricoltore cerca altri sistemi di conduzione dell’azienda significa che non ha più FIDUCIA nel suo metodo.

Tutte le ricerche scientifiche esulano dal campo di azione e sperimentazione dell’agricoltore, possono dare delle indicazioni che non saranno mai definitive. Esempi di strutturazione del terreno come quello rappresentato in fotografia sono sufficienti a dimostrare la validità del metodo molto più di ricerche numeriche. Il giudizio poi sull’operato di un agricoltore si esprime necessariamente attraverso la qualità di ciò che produce e attraverso l’incidenza della sua opera sull’ambiente ovvero la sostenibilità dell’azienda.

L'AcquaBuona

6 COMMENTS

  1. Complimenti a Saverio Petrilli per aver saputo presentare la “biodinamica” spogliandola di tutti i preconcetti da cui per troppo tempo é avvolta e derisa.
    Se partiamo dal presupposto di raggiungere una qualitá continuativa e di lungo termine e se si stabilisce che la stessa derivi in primis dalla produzione di uve sane da piante sane credo che l’agricoltura cosí come indicata da Petrilli sia una necessitá.
    Non importa se questo nome di agricoltura sia chiamato biodinamica, permacoltura, sviluppo sostenibile, olisitico o altro. Il principio é che il ruolo dell’agricoltore é quello di facilitare l’interazione delle proprie piante con il sistema complessivo circostante. La sua azione é di sim-biosi in sin-cronia con la terra che lavora ed un rispetto per le fasi di lavorazione. I nostri vecchi lo hanno sempre saputo e rispettato senza fare tanti proclami. É naturale per chi segue queste metodologie in vigna poi cercherá di accompagnare le uve ed il vino con il minimo intervento possibile in cantina. Nella maggior parte di questi casi il vino sará dunque una espressione del territorio di provenienza, il che non garantisce l’eccellenza ma solo la tipicitá (che io reputo tuttavia fondamentale): é indubbio che una ottima mano enologica che abbia la capacitá di mantenere vigne sanissime sia in grado di offrirci vini eccelsi
    A questa visione si contrappone la visione di un iper-interventismo tecnico, fino ad arrivare a dire che la terra non é piú importante, ma l’azione dell’uomo sul suolo é l’unica significativa (vedi per esempio l’approccio di U.C. Davis o recenti interventi di famosi enologi italiani quali Tachis). É tuttavia provato da molte ricerche che il suolo e le vigne che utilizzino dette metodologie si impoveriscono nel tempo. Del resto il concetto sottostante é totalmente diverso e la vigna é un semplice strumento, attrezzo per la produzione di uva (che difficilmente quindi resisterá per piú di 20 anni). Il vino derivante assume una perfezione standardizzata che viene ottenuta per mezzo di notevoli interventi (ed investimenti) in vigna (uso di fertilizzanti e di pesticidi) ed in cantina (lieviti selezionati, concentratori etc.).
    É mia opinione personale che il primo approccio sia piú sano del secondo, che mi ricorda quello di certe mamme apprensive che dando l’antibiotico ogni volta che il bambino si sente male poi innestano una crisi sistemica nell’organismo del loro figliolo, indebolito poi nel tempo, medicina dopo medicina.

  2. Gentili signori, sono un po’ scettica su questi interventi, soprattutto mi sembra un po’ confusa la “spiegazione” sulla biodinamica, in particolare trovo curiosa (e originale) la descrizione fatta della fisiologia della vite, ma forse ci vorrebbe un po’ più di approfondimento. Non è facile spiegarsi in poche righe.
    Tuttavia permettemi alcune osservazioni. Innanzi tutto mi sembra una forzatura mettere in campo solo i due estremi: o c’è chi esagera con la tecnica, in uso distorto e aberrante, o c’è chi segue i dettami della biodinamica. Sinceramente ci sono tantissimi vignaioli che applicano con intelligenza le tecninche viticole, senza forzature, con bassissimo impatto ambientale, ecc.. ottenendo uve di alto valore qualitativo, senza poi vinificale con l’armamentario del “piccolo chimico.” Il risultato sono splendidi vini, che sanno raccontare il terroir da cui provengono (per chi ama le etichette, si tratta di chi segue la “lotta integrata”).
    La mia impressione è che certe teorie si basino spesso su una visione della natura stile Eden, dove la terra ci fornisce da sè di abbondanti frutti e scorre il latte e il miele, con interventi umani risibili. Da secoli il lavoro del contadino è stato fra i più faticosi, sottoposto al clima, alle malattie delle piante, ecc… Di fatti, bastava un annata storta e si moriva di fame o ,per lo meno, non ce se la passava molto bene. E questo anche prima che venissero introdotti concimi chimici e quant’altro: le piante si ammalavano anche prima. Per fare un esempio famoso ed estremo, ricordiamo quella terribile carestia che colpì l’Irlanda a metà circa del 1800. La causa fu una malattia della patata, la peronospora, che mise in ginocchio un’intera nazione: morì circa un terzo della popolazione e si scatenò una migrazione di massa verso gli USA. Di fatto, importanti scoperte hanno migliorato di molto l’agricoltura, seppure con grandi errori. Infatti c’è stato (e c’è ancora) un abuso di sostanze chimiche, di manipolazioni varie, di gestione sconsiderata del suolo, ecc.. Tuttavia la storia dell’umanità è una continua lotta fra stupidità e saggezza. Per fortuna ora si è sviluppata, anche se con grandi contrasti, una certa coscienza sia per la tutela della nostra salute che verso la cura dell’ambiente. Questa è la nostra sfida del futuro, riuscire a diffondere sempre più questa coscienza, anche se è difficile. Tuttavia rigettare tutto il cammino fatto finora, mi sembra assurdo. Per usare un luogo comune, sarebbe come gettare il bambino con l’acqua sporca.
    Non mi è chiara poi la contrapposizione fra la Scienza (come un’entità quasi dogmaticache piomba in campo e ordina cosa si deve fare) e il lavoro dell’agricoltore. La scienza non ha dogmi, può essere definita solo attraverso il metodo sperimentale. Non è che il cammino di prove, riprove, sperimentazioni che l’umanità ha tracciato nella sua storia (certamente con passi da gigante fatti negli ultimi secoli). L’unico fatto che la contraddistingue è che perché una dimostrazione possa essere riconosciuta deve essere oggettiva, quindi sperimentata con rigore ed esattezza, con prove e riprove, prima per “vedere” poi per provare, ripetuta da più persone indipendenti. Ovviamente l’uomo è fallace per natura, ma questa tensione verso un metodo oggettivo ci ha portato a risultati indubbi in moltissimi campi, pensiamo solo alla medicina.
    Concludo ricordando che la scienza non è certezza, anzi è dubbio, ma un dubbio intelligente e ragionato, basato su accurate osservazioni. Non è che ogni cosa che ci salti in testa può essere vera, solo perché diciamo che per noi è così. Un esempio sparato a caso: una zia dice che l’infuso di salvia fa star meglio i bambini. Allora glielo dò tutti i giorni e vedo che i bimbi sono sani. Tuttavia ci sta che i miei figli siano splendidi per le normali cure (buona alimentazione, moto e le giuste medicine quando servono), nonostante l’infuso che insisto a somministrargli.
    cordialmente

    Annalisa

  3. Cara Annalisa, non so chi tu sia e mi hanno spiegato che bisogna stare sempre in guardia. Persone che scrivono sotto diversi pseudonomini, persone che lavorano in coppia etc.

    Bisogna però che una cosa te la dica, hai alzato dei dubbi sulla mia visione della fisiologia della vite senza però approfondire mentre ti perdi ha parlare della lotta tra stupidità e saggezza e dell’efficacia sui bambini dell’infuso di salvia.
    Per correttezza bisognerebbe rispondere in tema per evitare che, come nel caso di Attilio Scienza, si chiaccheri a vanvera ed in modo offensivo, di temi che non riguardano assolutamente gli agricoltori che applicano il metodo biodinamico.

    Trovo veramente offensivo nei riguardi miei e degli altri agricoltori che si dedicano con passione e competenza alla gestione consapevole di un pezzo di terra, e che da questo traggono il proprio reddito, che si metta in discussione il nostro operato sulla base di idee e di filosofie senza legame reale con quello che facciamo quotidianamente, che si confonda la tisana della zia con la conduzione agricola di un azienda.

    Penso che qualsiasi dibattito si gioverebbe di una base di educazione e rispetto reciproco e se non c’è un moderatore è necessario automoderarsi. Ultimamente viene messa in discussione sui mezzi di comunicazione la pratica biodinamica con grandi discorsi di fiolosofia e politica. NOn mi risulta che qualcuno abbia mai tirato in ballo il metodo di produzione del solfato ammonico per contestare un agricoltore convenzionale! Nè tantomeno le presunte idee politiche di Justus Von Liebig come fa Attilio Scienza. Forse i tuoi commenti non volevano essere velenosi ma ti sei trovata tra serpenti e temo che la mia reazione possa essere esagerata. Ad ogni modo accetto qualsasi commento e critica pratica mentre rigetto quelle alla filosofia.
    Saluti e buona natale
    Saverio

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