Il regno del pinot nero: alla scoperta del Mazzon con Michela Carlotto

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Fossimo in Francia, sarebbe classificato senza dubbio come Grand Cru. Si tratta del Mazzon, vigneto storico dell’Alto Adige, ormai unanimemente riconosciuto come area ideale per produrre grandi Pinot Nero. Geograficamente è un versante collinare orientato a ovest, sovrastato alle spalle dalle rocce del monte Corno e affacciato sulla valle dell’Adige, ad altitudini tra i 300 e i 450 metri. Si estende per circa 65 ettari, di cui 45 coltivati a pinot nero, sopra l’abitato di Egna a circa 25 km di Bolzano.

panorama Mazzon

Lo si può vedere anche dall’autostrada, percorrendo il Brennero verso Bolzano; nei pressi dell’uscita Egna-Ora, sulla destra, si notano i vigneti intorno alla chiesetta di San Michele Arcangelo. Un cru prestigioso, suddiviso nelle parcelle di una manciata di produttori, che qui hanno trovato le condizioni ideali per produrre il pinot nero più fine, capace di farsi riconoscere tra le altre zone vocate al pinot nero d’Italia. Ma anche un cru poco “visitabile”; a parte un paio di produttori che hanno la sede aziendale nel Mazzon, tutti gli altri hanno cantine e sedi dislocate in altre zone. Forse per questo motivo conserva attorno a sé un’aura di aristocratico riserbo.

vigna s. urbano

Per scoprirlo, abbiamo chiesto aiuto a una delle persone che meglio conosce il Mazzon: Michela Carlotto. Giovane vignaiola, enologa, insieme al padre Ferruccio porta avanti l’azienda vinicola di famiglia, con vigne sia nel Mazzon sia ad Ora. Inoltre, Michela è autrice insieme a Peter Dipoli di un libro fondamentale per conoscere questo cru: Mazzon e il suo Pinot Nero, edito dalla Proloco di Egna nel 2009.
Michela è una forte sostenitrice dell’unione inscindibile tra vino e territorio. Per questo motivo, il suo vino porta in etichetta il luogo di produzione: Filari di Mazzon.
L’incontro è fissato presso la fontana del piccolo borgo di Mazzon, e da qui iniziamo la nostra chiacchierata itinerante in mezzo alle vigne.

masi MazzonIl pinot nero fu introdotto in Alto Adige nella seconda metà dell’Ottocento, quando la regione si trovava all’interno dell’impero asburgico; nel colle di Mazzon arrivò verso il 1870 grazie a Ludwig Barth von Barthenau, il cui nome è ancora oggi riportato sulle etichette del pinot nero dell’azienda Hofstätter, di proprietà della famiglia Foradori. Fin da subito ci si rese conto che questo terroir era particolarmente vocato per il vitigno. Così il blauburgunder di Mazzon acquistò nel tempo una fama sempre più solida, e crebbe progressivamente la percentuale di terreno coltivato, fino ad arrivare al legame inscindibile che oggi lega Mazzon e il pinot nero.
«È stato importantissimo che in passato aziende di grande fama come Hofstätter e Bruno Gottardi abbiano indicato in etichetta il toponimo Mazzon, creando un forte legame del vino con il territorio.
Quello del legame tra vitigno e territorio è un tema che sta molto a cuore a Michela: ne parla anche riguardo a un altro vitigno a lei caro, il lagrein:
«Per rendersi conto di quanto conti la vocazione di un vigneto per uno specifico vitigno, basta confrontare il Mazzon con le vigne di Ora; siamo a pochissimi chilometri di distanza, eppure qui il lagrein non maturerebbe mai, mentre ad Ora, dove abbiamo un altro appezzamento, il lagrein è nell’ambiente ideale. Purtroppo, non si è ancora creato un meccanismo come qui, dove il nome del luogo si lega inscindibilmente con il vitigno; noi ci crediamo molto, per questo il nostro lagrein si chiama “Di Ora in Ora”».

val d'adige da Mazzon

Ma torniamo al Mazzon: sono tanti i fattori che lo rendono ideale per il pinot nero: l’esposizione a ovest, la presenza di catene montuose che lo riparano dai venti del nord mentre favoriscono i venti che spirano da sud salendo dal Garda (l’Ora del Garda), e la presenza, proprio alle spalle del colle, dei ripidi costoni del monte Corno, che, posizionato a sud-sudest rispetto alla collina, limita l’irraggiamento solare del mattino, tenendo più fresca la vigna nelle ore calde. Quindi, in breve: insolazione ritardata al mattino ma prolungata fino al tramonto, limitazione della calura  del mezzogiorno, molta ventilazione grazie all’Ora del Garda e rapido abbassamento delle temperature dopo il tramonto, questi in sintesi gli aspetti climatici peculiari del vigneto.
Mentre camminiamo, passiamo accanto alla chiesetta romanica di San Michele, al cui interno si trovano i dipinti di San Cristoforo (il santo nordico per eccellenza) e Sant’Urbano, il santo dei vignaioli; con le sue forme semplici e il campanile slanciato, caratterizza fortemente il paesaggio del Mazzon, ne è un punto di riferimento di grande bellezza.
A livello di terreno, il Mazzon poggia su suoli di origine glaciale e fluviale, mescolati ai disfacimenti di rocce calcaree provenienti dal soprastante monte Corno; la presenza di argille è attorno al 10-20%, e il ph è mediamente tra il neutro e il subalcalino.
vigna RoccoloPassiamo attraverso il vigneto denominato “Roccolo”, di proprietà Foradori: è uno dei più vecchi vigneti del Mazzon, con viti intorno ai 60 anni, allevate nella tradizionale pergola. È una forma di allevamento molto suggestiva ma che, ci racconta Michela, è sempre meno usata per la maggiore manodopera richiesta nella gestione; oggi si preferiscono forme più facilmente gestibili come il guyot o la spalliera.
Siamo prima della metà di agosto, il pinot ha da poco iniziato a invaiare con un paio di settimane di ritardo rispetto alle altre annate; non si notano particolari problemi fitosanitari legati al maltempo di questo terribile 2014.
«Nonostante le piogge i vigneti sono sani, nel nostro vigneto stiamo lavorando da alcuni giorni per diradare l’uva in eccesso. È un lavoro molto delicato, che non possiamo delegare, lo facciamo direttamente io e mio padre». Siamo arrivati nel frattempo alla parcella di vigneto denominato Pagghen, in conduzione alla famiglia Carlotto. In un angolo, si nota un curioso sedile munito di ruote: si tratta di un sistema che consente di lavorare per tempi prolungati ad altezza d’uva, senza dover stare chini; un elemento che facilita molto le operazioni di vigna, come i diradamenti e la sfogliatura delle viti, che sono necessarie in annate come queste, per consentire ai grappoli la massima insolazione e favorire la ventilazione per evitare i marciumi.
Prendendo spunto dall’annata piovosa e dal controllo delle erbe, Michela spiega il suo approccio:
vigneto Pagghen«Tendenzialmente lasciamo la vigna inerbita, sfalciando l’erba; ma non mi piace l’approccio di chi si scandalizzano riguardo all’uso dei diserbanti: al variare delle condizioni varia il tipo di pratica; ad esempio l’inerbimento è utile per i vigneti vecchi, in cui è necessario che ci sia competizione radicale, per limitare la vigoria della vite. Mentre secondo me è dannoso nei nuovi impianti, dove le viti giovani devono trovare tutte le forze necessarie per svilupparsi, e la competizione le stresserebbe. Bisogna quindi guardare caso per caso, senza dogmatismi. Se poi ci si scandalizza per il diserbante, beh, bisognerebbe smettere di mangiare tante cose, come il riso: senza i diserbanti sarebbe praticamente impossibile coltivarlo».
Fino a pochi anni fa i Carlotto non avevano terreni di proprietà nel Mazzon; il vigneto Pagghen è di proprietà di Hyeronimus Praxmarer, ed è in affitto alla famiglia Carlotto ormai da decenni; solo recentemente è stato acquistato una piccola striscia di terreno di alcune migliaia di metri quadrati, in cui Michela e Ferruccio hanno impiantato nuove barbatelle di pinot nero.
etichetta e libro carlottoQuesto fatto mi porge l’occasione per chiedere a Michela di raccontare la storia della sua famiglia.
«I miei nonni erano contadini originari di Vicenza, arrivarono qui nel 1939. Con il ricavato della vendita del loro maso, 80.000 lire, si erano spostati ad Ora e cercavano una proprietà da acquistare (i masi a quel tempo si potevano comprare con il cosiddetto “diritto di opzione”). Poi scoppiò la guerra, e gli uomini dovettero partire per il fronte. Mia nonna, per rispetto verso i fratelli che erano via, non volle comprare terreni, aspettando il loro ritorno. Ma alla fine della guerra, l’inflazione aveva divorato quei risparmi: con le 80.000 lire si poté comprare solo una coppia di buoi». Poi fu una storia di dure fatiche per risollevarsi.
«Poco alla volta, lavorando terreni in affitto, fu possibile acquistare la casa, poi alcuni terreni ad Ora. Si trattò di fare piccoli passi, uno dopo l’altro. Mio padre ha poi continuato a fare piccole acquisizioni di vigneti, di cui l’ultima, pochi anni fa, di un piccolo appezzamento nel Mazzon. Siamo stati felici di poter avere un pezzo di terra nostra in questo vigneto che per noi significa così tante cose».

Michela Carlotto

Dal 2000 Ferruccio e Michela hanno iniziato a vinificare e imbottigliare in proprio le uve prodotte. Attualmente i Carlotto producono circa 10.000 bottiglie all’anno di pinot nero Filari di Mazzon.
Per concludere, chiedo a Michela qual è stata l’origine del libro dedicato al Mazzon.
«Il libro Mazzon e il suo Pinot nero è in pratica nato in autostrada. Io, mio padre e Peter Dipoli eravamo in macchina, stavamo tornando da una manifestazione vinicola. Con Peter ci siamo detti che sarebbe stato bello raccontare la storia e le caratteristiche di questo vigneto e il suo legame col pinot nero, dopodiché ci abbiamo lavorato per quattro anni, nel tempo libero. Dipoli, anche se non ha vigneti qui, è un grandissimo conoscitore del luogo. E più in generale è un grandissimo conoscitore del vino tout court, è davvero una miniera di informazioni, non smetteresti mai di ascoltarlo. Merito anche della sua dote… di non avere peli sulla lingua!»
Foto e intervista realizzate il 9 agosto 2014.

pinot nero

L’assaggio
Filari di Mazzon 2010 Alto Adige Pinot Nero DOC (13,5%)

Rubino brillante dalla trama trasparente; il naso si esprime su sentori di cuoio e frutti rossi (ribes, mora, lampone), in cui fanno capolino le morbidezze speziate date dal passaggio in legno. L’ingresso in bocca è ampio, avvolgente, di grande morbidezza, caldo e ben bilanciato. È agile e pieno, dallo sviluppo lungo, anche se leggermente segnato da una nota di rovere ancora in rilievo. Una leggera ossigenazione e le rigidità vengono superate dallo slancio fruttato, con note vegetali rinfrescanti che richiamano il frutto del sambuco. In bocca è succoso, caldo, di gran lunghezza, bilanciato e fine. Resiste benissimo a bottiglia aperta; a un giorno dalla stappatura è ancora più fuso e armonico, con un pieno bilanciamento delle note animali di cuoio, della frutta, del lievissimo vegetale; tutto in una beva setosa e dall’incedere aristocratico. Vino di ottima fattura.

 

Le aziende vinicole che producono Pinot Nero del Mazzon:
Bruno Gottardi – Maso Fernheim
Brunnenhof Mazzon, Kurt Rottensteiner
Werner Oberhauser – Maso Kuckukshof
Hofstätter – Maso Barthenau (12 ettari, il maggiore dei produttori del Mazzon)
Ferruccio Carlotto
Franz Haas 
Cantina sociale Nalles Magrè (Nals Magreid)
Cantina sociale di Termeno  (Tramin)
Cantina sociale di Cornaiano (Girlan)
Josef Fischer (conferisce presso Cant. di Termeno)
Fam. Visintin

Contatti:
Viticoltore Ferruccio Carlotto, Via Clauser 19, 39040 Ora
Tel +39 0471 810407, Cell 347 5526233
Fax +39 0471 810981
e-mail: michelacarlotto@gmail.com
http://www.fws.it/it/viticoltore-f-carlotto/

Un bel video di Mauro Fermariello dedicato a Ferruccio e Michela Carlotto:
http://www.winestories.it/eng/ferruccio-carlotto/

Mappa con la posizione del cru Mazzon

GALLERIA

 

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

1 COMMENT

  1. Ottima intervista ,sembrava fossi in cammino con voi.la storia della famiglia è simile alla famiglia di mia madre ,dopo la guerra i denari si erano svalutato! Il 21 ottobre organizzato dall’ Ais veneto a Conegliano degustero il vostro Pinto e altri.saluti

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