Vinexpo e dintorni. Gran finale: Chateau d’Yquem!

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BORDEAUX – Terminata la visita a Chateau Lagrange ci apprestiamo a cenare a Saint Emilion non prima di una veloce visita del paese. Patrimonio dell’Unesco, cittadina notissima per i suoi vini a base di merlot e un’altra perla della zona bordolese.

Si cena all’aperto nella sera di giugno, godendo una (meritata) pausa dopo il lungo viaggio nel Médoc ed ammirando la vista sulla città medievale e sulla sua vivace e cosmopolita popolazione, richiamata dal nome di questo grande vino. La sera rientriamo a Libourne mentre il sole cala sulla Dordogna.

Il giorno successivo, per le ore dieci, ci attendono a Chateau d’Yquem. L’emozione è grande e come scolari al primo giorno di scuola siamo sul posto prima dell’ora prefissata. Questo è utile poiché l’ingresso al castello non è segnalato e così si rischia di girare attorno alla collina dove sorge senza riuscire a trovare l’ingresso principale.

Alla fine percorriamo il viale che porta al castello dove ci attende la nostra guida e ci troviamo in compagnia di altri visitatori italiani. Un’azienda come questa non lascia niente al caso e prima di avventuraci in cantina e poi alla degustazione, abbiamo una esauriente spiegazione del perché Chateau d’Yquem è tanto particolare da fregiarsi dell’appellativo di Premier Cru Supérieur.

La storia

Il territorio apparteneva nel medioevo al Duca di Aquitania, possedimento del re di Inghilterra, ma sotto Carlo VII la zona fu riunita alla corona di Francia. Successivamente intorno al 1593 un notabile locale, Jacques Sauvage, acquista i diritti del terreno a Yquem e da tale atto si evince che in zona erano già praticate la selezione dei vigneti e la vendemmia tardiva.

Qualche anno più tardi la famiglia Sauvage intraprende la costruzione del castello e inizia la sistemazione attuale delle parcelle. Sotto il regno di Luigi XVI (1711) la famiglia Sauvage diviene nobile e a buon diritto prende il nome di Sauvage d’Yquem. Nel 1785 Francoise Josephine Sauvage d’ Yquem sposa il conte di Lur- Saluzzo Luigi Amedeo.

Sfortunatamente, tre mesi dopo il conte muore a causa di una caduta da cavallo e la vedova rimane con un solo erede di due anni. Josephine non si perde d’animo e avvia una serie di iniziative per mantenere e far prosperare la proprietà: nel 1826 fa costruire la cantina, mette a punto la vendemmia con passaggi successivi e alla sua morte, nel 1851, lascia al figlio una fiorente azienda viticola rinomata all’estero e apprezzata da Thomas Jefferson, futuro Presidente degli Stati Uniti. Sotto la guida di Romain Bertrand, figlio di Josephine, il nome Yquem è agli onori della cronaca. Ottiene l’appellativo Premier Cru Supérieur nella classificazione del 1855 e ha tale rinomanza internazionale che il fratello dello Zar di Russia, il Duca Costantino, acquista una barrique al prezzo di ventimila franchi in oro.

Alla morte di Romain, suo figlio Amedeo porterà avanti l’azienda; successivamente alla sua morte il fratello minore Eugenio Lur Saluces affronterà due grandi eventi drammatici dell’epoca: l’avvento della fillossera e la Grande guerra. Durante la prima Guerra mondiale il castello è trasformato in ospedale militare sotto la direzione del Figlio di Eugenio, Bertrand, che condurrà l’azienda per un cinquantennio.

Uomo di profonde convinzioni si opporrà alla chaptalisation, e parteciparà alla costruzione della AOC Sauternes. Sarà anche uno dei principali sostenitori dell’ imbottigliamento in azienda contro la consuetudine molto diffisa nella zona di vendere il vino prima dell’imbottigliamento, questo per garantirne l’autenticità. Il nipote del conte seguirà le orme di innovazione e progresso, seguendo però la tradizione di famiglia. Alla fine però l’azienda passerà di mano alla Luis Vuitton, che ne affiderà la gestione a Pierre Lurton già direttore di Cheval Blanc.

I terreni

Nella descrizione dell’azienda non possono mancare le tipologie di terreno che qui si raccolgono intorno al castello. Da un suolo sabbioso e sciolto in alcune parcelle degli 113 ettari coltivati, all’argilla rossa di alcune zone più elevate, al suolo ciottoloso e marino della zona bassa, ai suoli gialli delle migliori esposizioni. Tutto concorre per un verso o per l’altro alla fama di Yquem: le nebbie, il microclima ideale, la pazienza dei vignaioli, la perizia nelle vinificazioni.

Finalmente ci avviamo nella cantina che non ha niente di tecnologico anche perché, si capisce subito, la cosa più importante e la materia prima. Il semillon la fa da padrone con l’80% di superficie ad esso destinata, apportando grassezza e corpo, il restante 20% di sauvignon contribuisce a finezza e profumi. Ma la fase di botritizzazione delle uve è quella più delicata: l’attenta raccolta di ogni acino e la particolare istruzione del personale sono alla base di una corretta vendemmia, che come già detto per l’altro premier cru presentato in questo articolo, avvengono in più passaggi.

Ma a Chateau d’Yquem i passaggi possono arrivare fino a dieci se l’annata decorre difficile e la vendemmia, iniziata a ottobre, può terminare anche a dicembre. Gli acini raccolti passano poi alla pressatura con una gradazione potenziale da garantire 12-14 gradi e un residuo zuccherino che varia dai 100 ai 130 gr/l a seconda delle annate. La resa in mosto è di circa 9 ettolitri per ettaro.

La fermentazione avviene in barriques nuove francesi, divise a lotti, per giorno di raccolta. Ogni lotto è seguito separatamente durante la fermentazione che viene arrestata approssimativamente intorno ai 125 gr/l residui di zucchero. Tale fermentazione dura in media dai sei agli otto mesi. Il successivo periodo di affinamento dura ancora 2 anni e mezzo, portando così l’uscita del vino a tre anni dalla vendemmia. Quindi quasi niente acciaio in cantina, se non per gli assemblaggi e collaggi necessari prima dell’imbottigliamento, ma legno in ogni dove. Soprattutto la gestione del vino è impressionate; la discesa nella barriccaia attraverso la scala a chiocciola ci porta nella stanza del tesoro dell’azienda.

L’odore di zolfo è impressionante! Utilizzato per sanificare le botti ma anche in grande quantità come solforosa per arrestare la fermentazione al tasso di zucchero desiderato, ci costringe a fermarci sulla soglia della barriccaia ad ammirare le botticelle dal valore impressionate, dato che l’ultima annata 2008 è stata venduta alla cifra di 500 euro a bottiglia. Infine la salita alla sala di degustazione dove fanno bella mostra di se sputacchiere intonse, data la rarità del vino.

Degustiamo il 2008, dagli aromi ancora fruttati e che ricordano l’albicocca, la ginestra, la cannella, il fico appassito, la melissa. Grande freschezza che fa dimenticare i grammi di zucchero e di una lunghezza che esprimerà eleganza con l’affinamento. D’altro canto il vino d’Yquem è noto per la sua longevità ,cosi ci ripromettiamo di riassaggiarlo fra qualche anno con la fortuna di avere ancora l’occasione di visitare questo monumento della storia enologica mondiale.

Ci avviamo dunque all’uscita, consci di aver toccato con mano la Storia del vino in Francia e non senza una foto ricordo mia e del fotografo di tutta la spedizione.

 

Lamberto Tosi

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