Whisky perché? Intervista al “super esperto” Pino Perrone

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pino-perrone-e-silvano-samaroli-2016-2Non sono un esperto di distillati. Oddio, è discutibile che mi possa definire tale anche se parliamo di vino, però, almeno su quest’ultimo argomento studio, scrivo, assaggio da più di quindici anni. Un approccio consapevole al “liquido ardente” è invece cosa più recente, ma, devo confessare, non meno coinvolgente.  E con la frequentazione più assidua, di pari passo è cresciuta in me la voglia di saperne di più. L’innata curiosità mi ha portato principalmente a contatto con produzioni di nicchia originali, con storie e personaggi affascinanti, dai rimandi esotici o dalle italianissime radici, più o meno noti, ma sempre con alla base una passione tradotta in progetto di vita che da sola merita il racconto. Uno di questi è Pino Perrone, un intellettuale, “divoratore” e collezionista di libri, che forse nella vita avrebbe voluto fare tutt’altro, ma che di fatto, oggi, è uno dei più grandi esperti di whisky in Italia.

Pino è l’anima tecnica del Roma Whisky Festival, la manifestazione nata da un’idea di Andrea Fofi e Rachel Rennie, divenuta ormai appuntamento imprescindibile per gli appassionati di lungo corso e per i neofiti in procinto di scoprire l’infinito e complesso mondo del whisky ( 3-4 Marzo al Salone delle Fontane dell’Eur, andate sul sito romawhiskyfestival.it per tutte le info).

Dell’evento daremo ampio resoconto su queste pagine. Nel frattempo ho approfittato della disponibilità e competenza di Pino per fargli qualche domanda, toccando questioni poco “filosofiche” e molto concrete, che possano aiutarci a scegliere e comprare meglio. Perché se poi, in Italia, restiamo al 34-esimo posto come consumatori mondiali di whisky, allora di cosa parliamo?

Allora Pino, perché dovremmo bere più whisky?

history-buchanan-distilleryIl whisky è il “principe” dei distillati. Come tutti i distillati “nobili”, racchiude in sé un fascino particolare. Pensa all’elemento esoterico dei 4 elementi: il fuoco dell’alambicco, l’acqua che entra in tutte le fasi del processo produttivo, l’aria che lentamente interagisce col liquido nei lunghi anni di invecchiamento, e infine la terra, che fornisce il cereale da cui tutto ha origine. Se parliamo di nobiltà e purezza un single malt (whisky ottenuto esclusivamente da orzo maltato e da un’unica distilleria) dal punto di vista della complessità degli aromi e delle caratteristiche organolettiche non ha paragoni. E’ un po’ come il concetto del “talento” di alcuni vitigni: pinot nero, riesling, nebbiolo hanno un passo in più, è ormai universalmente riconosciuto. Lo stesso concetto vale per l’orzo maltato. Non è come per il rum, la “bevanda dei pirati”, dove puoi trovarci di tutto, qualunque forma di edulcorazione, anche per mancanza di una regolamentazione precisa. Nel whisky non è così. Ci sono regole e protocolli ben definiti, di lungo corso e da rispettare rigidamente. Se parliamo di eccellenze, l’unico altro distillato paragonabile è il cognac (e i suoi “fratelli” armagnac e brandy) che anzi, storicamente, era il vero “re” dei distillati: fu oscurato dal whisky ai primi del Novecento quando, a causa della fillossera (che distrusse quasi totalmente i vigneti in tutta Europa), venne a mancare la materia prima. Le upper class della borghesia europea passarono allora dal cognac ai single malt, più accessibili. Ed è anche per questo “senso di colpa storico” che da quest’anno abbiamo allargato il festival creando un corner dedicato ai distillati di vino…

Lo stereotipo del bevitore di whisky è quello dell’uomo maturo e benestante. E’ ancora così?  Com’è il consumo tra i giovani: bevono solo miscelati? E tra il pubblico femminile? Qual è la vostra esperienza dal festival?

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Per lungo tempo l’associazione è stata quella che descrivi tu. Noi del festival riteniamo sia necessario “svecchiare” questo concetto. I giovani di oggi sono molto più interessati al whisky. Il mondo sta cambiando e anche la produzione sta cambiando. Il whisky stesso si sta adattando ad altri modi di consumo. C’è un ampio uso in miscelazione, nel mondo della nuova mixology, ad esempio. Quello è un mercato interessantissimo, soprattutto per l’industria che, ovviamente, pensa ad i grandi consumi. L’apertura alla mixology, che per tal motivo qualche “purista” ci ha criticato, è secondo noi un valore ed ha proprio questo intento di richiamo verso un pubblico nuovo. Naturalmente non mancano i giovani che si avvicinano al whisky “a prescindere”. Spesso provengono dal mondo del consumo della birra di cui, vien da se, il whisky non è altro che una evoluzione (condividono il cereale di partenza). Il pubblico femminile si è avvicinato solo recentemente, ma in maniera più distaccata. Durante le nostre degustazioni, le donne rappresentano circa il 10%. Cosa singolare è che le neofite sono di per la gran parte molto giovani, a differenza del pubblico maschile dove molti professionisti quarantenni scoprono solo ora il distillato.

Qualche “dritta” per gli acquisti: si può bere buon whisky a prezzi accessibili? Magari
andando a pescare prodotti in regioni del mondo meno “blasonate” che però stanno facendo grandi progressi?

Assolutamente non c’è necessità di spendere una follia per fruire di prodotti degni. L’ho scritto più volte e lo ribadisco. Nella mia condizione scomoda non dovrei fare esempi specifici (Pino è titolare di un fantastico whisky corner in una delle più belle vie di Roma, Via Margutta – ndr). Noi privilegiamo gli imbottigliatori indipendenti ed i single cask e quindi non potrei fare promozione ad un prodotto che ha un buon rapporto qualità prezzo, ma che però non è continuativo. In via del tutto eccezionale e cercando di accontentare un po’ tutti, nella fascia fra i 50 e i 60 euro si possono trovare prodotti come ad esempio il Kilkerran 12 anni, il Kilchoman Machir Bay, il Glendronach 12 anni, il Clynelish 14 anni, l’Aberlour A’Bunadh, il Paul John indiano Edited e il Brilliance, l’Arran 10 anni, l’Ardbeg 10 anni, il Laphroaig quarter cask, il Glen Moray 12 anni, il Balblair 2005, e questi sono solo alcuni.

Per gli amanti dello Scotch, è possibile trovare ancora in Scozia distillerie sottovalutate con prezzi ancora calmierati? Se dovessi scommettere su qualche nome per il futuro chi seguiresti con attenzione?

Anche in Scozia, dove ci sono le principali regioni produttive storiche, c’è grande innovazione. Queste differenziazioni del passato, attualmente lasciano il tempo che trovano, onestamente. Chiunque, in qualunque zona, sperimenta e va “fuori” delle caratterizzazioni storiche regionali. Prezzi calmierati onestamente no. Chi scommette aprendo una distilleria in Scozia ha le idee ben chiare e si posiziona già con prezzi di mercato se non oltre. Ritengo sottostimato il prezzo di Kilkerran. Per il futuro mi aspetto ulteriori grandi cose dalla Kilchoman, che ha già dato molto nei dieci anni di attività, e credo che farà parlare bene di se Wolfburn.

Infine un’ultima curiosità da compratore neofita: ho notato, per lo stesso prodotto, grandi variabilità di prezzo in rete. E’ una mia sensazione o da cosa dipende?

Gli scostamenti ci possono essere. Non dipende dagli esercenti ma dagli importatori e dai distributori. Uno dei fattori è che l’Italia come mercato consumer non conta nulla. Siamo attualmente il 34esimo paese nel consumo pro capite mondiale. Pertanto, in sostanza, si prediligono altri paesi che, consumando di più, possono avere prezzi più bassi. Chi lo vende all’Italia assegna poco al nostro paese e a prezzi più alti. Lo vuoi? O così o nulla. Poi c’è il discorso dei venditori online. Spessissimo questi non hanno magazzino, comprano sul venduto, non hanno affitto di un negozio. Possono permettersi di avere un margine basso. L’esercente che ha sia il punto vendita fisico che lo shop on line, come fa? Non può mica differenziare i prezzi. Pertanto può darsi che si posizioni in maniera leggermente superiore. Stiamo però parlando dei prodotti largamente disponibili, quelli in sostanza tirati in migliaia e migliaia di esemplari. I single cask invece non hanno di questo problema. Anche i prodotti dei selezionatori indipendenti. I prezzi sono quelli e sono piuttosto livellati.

Credits: l’immagine d’apertura, con Pino Perrone e Samaroli, è stata fornita dall’ufficio stampa del Roma Whisky Festival, storica è tratta dal sito della distilleria scozzese della Buchanan’s, quella di Churcill bevitore dal sito www.liquor.com

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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