Le “bolle lambrusche” di Christian Bellei

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Fuori dalle principali rotte dello spumante italiano (con buona pace di molti mi piace la parola “spumante”, ha un contenuto onomatopeico che bisognerebbe difendere al di là delle degenerazioni e delle inflazioni che certa produzione italiota, prima che italiana, del passato e del presente, ha causato alla bontà di questo termine e di ciò che rappresenta), la Cantina della Volta di Bomporto – situata nell’area, anzi nel cuore, del Lambrusco modenese di Sorbara – ha saputo ritagliarsi un ruolo di primissimo piano tra gli appassionati del grande metodo classico italiano. Interprete ed artefice di tale affermazione è Christian Bellei, professionista meticoloso quanto riservato che non lascia nulla al caso: è puntiglioso e metodico, qualità essenziali per un produttore di metodo classico.

Classe 1968, Christian è figlio d’arte. Suo padre, Beppe Bellei, è stato un personaggio di spicco del vino emiliano tra gli anni Settanta e Ottanta: amante della Champagne, che conosceva come pochi altri, e della bella vita, era uno spirito carismatico e visionario. Ha lavorato per la Repressione Frodi di Conegliano e commerciato in pietre preziose prima di entrare nella cantina del padre Bruno. Il rapporto non è stato dei più risolti: Beppe voleva produrre uno “Champagne modenese”, il padre solo il Lambrusco tradizionale. Il conflitto esplode. Bruno taglia i fondi al figlio, che riesce però a comprare una partita di trebbiano dal Marchese Malaspina con i soldi della nonna, iniziando a produrre il suo primo metodo classico.

Beppe ha fiuto per gli affari e un talento per il vino. Nel 1989, dopo quattro anni di prove e ricerche, impianta i primi quattro ettari di chardonnay e pinot nero della provincia sulle alte colline del Frignano, a Riccò di Serramazzoni, 600 metri di quota. I terreni, un impasto di calcari e gessi, gli ricordano quelli dell’amata Champagne. È una rivoluzione per il mercato. Ma Beppe Bellei non dimentica la tradizione della sua terra e comincia a produrre 20.000 bottiglie di metodo classico di Sorbara chiamato Capsula Oro e 120.000 di un frizzante rifermentato in bottiglia con la stessa uva. A casa Bellei non si è mai vista un’autoclave. La personalità, audace quanto ingombrante, di Beppe lascia dei segni sul figlio. Non è un rapporto facile, come già tra Beppe e suo padre. Beppe porta sempre con sé Christian in Champagne e, a modo suo, gli insegna, o meglio gli fa respirare la grandezza e il fascino della rifermentazione in bottiglia.

Alla morte del padre, avvenuta nel 1998, Christian si ritrova tra le mani un’azienda da capire, un’arte da tramandare, la sfida di dimostrarsi all’altezza di un nome così importante. Compito non facile, ma Christian è uno spumantista di talento, capace di apprendere e agire anche nei momenti difficili. L’azienda Francesco Bellei & C., fondata nel 1920, è in difficoltà finanziaria e viene rilevata nel 2004 dalla famiglia Cavicchioli, che tuttora detiene il marchio. Nel 2009, dopo varie esperienze condivise con Sandro Cavicchioli, tra cui la nascita del Rifermentazione Ancestrale, avviene il divorzio, che permette a Christian di mantenere la cantina e i vigneti. Poco tempo dopo vede la luce Cantina della Volta grazie all’ingresso di nuovi soci: l’avvocato Umberto L’Astorina, già amico e socio di Beppe Bellei ai tempi dell’acquisto di Riccò, e l’estroversa, infaticabile stratega della comunicazione e del marketing aziendale Angela Sini con il marito Giorgio Angiolini: un gruppo di amici che trasformano una piccola realtà in una Spa.

Benché sia un raffinato interprete del metodo classico da uve francesi – come dimostra la linea del Mattaglio (Blanc de Blancs, Blanc de Noirs, Dosaggio Zero, Rosé) – Christian Bellei, come il padre, ha nel cuore l’uva della sua terra, il lambrusco di Sorbara, cui ha dedicato una serie di interpretazioni fascinose e radicali che testimoniano la versatilità e la grandezza del vitigno. Il Rimosso è il rifermentato in bottiglia. In perfetta adesione con il proprio credo tecnico, Christian lo produce, come già faceva il padre, con lieviti selezionati e mosto concentrato rettificato, scelte che farebbero oggi trasecolare molti puristi della rifermentazione. Eppure il Rimosso – tappo a fungo e graffa metallica (a Christian non piace il tappo a corona, che ritiene provvisorio) – rende giustizia ai vecchi impianti a bellussera di Sozzigalli e al GDC di San Lorenzo a Sorbara, magnificando il terroir sabbioso della piana del Secchia. Il Lambrusco di Sorbara Rimosso 2017 non fa rimpiangere la bontà dei millesimi che l’hanno preceduto (specie il memorabile 2015). Colore rosato intenso e luminoso, velato e brillante. Naso di fiori e boschi, di rose fresche e tamarindo, di sottobosco e freschezza balsamica. Bollicina sottile sottile, un crepitio fine e continuo, e tanta freschezza, una lama acida e tagliente piena di succo. L’asprezza del Sorbara servita sul piatto dell’equilibrio. Tannino sottilissimo, pungente e impalpabile. Una poesia di tecnica e territorio.

Ma Christian Bellei ha il metodo classico nella testa e nel sangue. È innamorato della sua pressa, una Bucher Vaslin con la quale vive una sorta di simbiosi. E stringe con i “suoi” lieviti un rapporto quasi di alleanza. «Il lievito selezionato garantisce continuità. Non amo i vini che fermentano spontaneamente e che si comportano in modo discontinuo, come vogliono loro. Non credo in questo tipo di fermentazione, specie quando il vino fermenta due volte. Sono disposto a sacrificare qualcosa sul piano dell’espressione per avere continuità: è il segreto e il fulcro del metodo classico, che è il rapporto più complicato tra uomo e vino. Contrariamente a quanto si pensa, non è facile fare vini sempre uguali». Come tutti i perfezionisti, Christian esige il controllo di tutti i passaggi produttivi: pressature, fermentazioni, imbottigliamenti. «L’abilità sta tutta nel replicare le stesse situazioni. Il dialogo con il lievito è fondamentale. È un tuo soldato. I lieviti ubbidiscono ma pongono richieste. Ad esempio, se hanno fame vogliono riposare. Dopo un po’ di anni posso dire di conoscerli, di avere con loro un rapporto personale». Ama le pressature soffici, che insieme alle vendemmie manuali in piccole cassette rappresentano il segreto di un metodo classico di qualità. «Siamo famosi per un metodo invece che per un territorio. Oggi spumantizzano tutti, ma creare un metodo classico significa raccogliere l’uva in un certo modo e fare una pressatura di un certo tipo. Il mosto viene diviso per vigneti e qualità. L’assemblaggio delle varie partite genera il punto di equilibrio».

Il Brut Metodo Classico Christian Bellei Millesimato 2013 (sboccatura febbraio 2018) ha colore paglierino leggero leggero dai riflessi brillanti. Naso di lieviti fini che tendono alla crosta di pane. Palato dal carattere succoso, con note di lievito e sensazioni marine. Sviluppo asciutto, secco, lungo, teso, laminato, audace: come fare la méthode champenoise con il lambrusco di Sorbara vinificato in bianco. La bocca, sostenuta da un’effervescenza pimpante e calibrata, fa salivare, ti sembra di sentire le sabbie (del Sorbara) e i gessi (della Champagne), il mare, le ostriche…

Il Lambrusco di Sorbara Rosé Metodo Classico Brut 2014 (sboccatura ottobre 2018) è uno dei capolavori di Christian e lo spumante che ha definitivamente messo in luce le potenzialità di un’uva come il Sorbara. Rosa intenso, vivo e brillante. Ha il bouquet dei fiori e degli agrumi rossi (bergamotto), l’eleganza della rosa e lieviti finissimi. La bocca coccola e contrasta, abbinando succosità e incisività. Carbonica finissima, fragoline di bosco, sviluppo acido e dinamico, ampio e infiltrante, molto contrastato, con spettro balsamico finale tra tamarindo e fiori secchi, allungo sottile e penetrante. Elegante, profondo, irradiante, con sale finale che cresce e si diffonde, facendo salivare il palato e prolungando il gusto verso orizzonti infiniti di piacere.

Il Lambrusco di Sorbara Metodo Classico BrutRosso 2016 (sboccatura luglio 2018) ha colore cerasuolo intenso e un olfatto che sprigiona sentori di tamarindi, lamponi, peonie, bergamotti, petali di rosa rossa. La bocca è succosa, la carbonica sussurrata, quasi accennata, l’anima selvatica del bosco si fa largo assieme a una corrente balsamica, la fragranza si traduce in sapore e un’immagine si fa largo: labbra femminili intinte in un rossetto floreale, sensuale, carnoso, attrattivo. Allungo tonico, saporito, con persistenza di tamarindi e rabarbari.

Il Lambrusco di Modena Metodo Classico Brut Trentasei 2013 (sboccatura febbraio 2018), dedicato a Beppe Bellei, ha colore cerasuolo intenso, un sospiro olfattivo intriso di peonie, di profumi e petali di rose, di iris e gelsomini, di lamponi e fragole del bosco, di tamarindo. Palato succoso da morire, tenero, lirico, pieno di sapore, tanto sottobosco e tutta la classe di un grande lievito, acidità agrumata che contrasta e vivifica e allunga, sviluppo teso, con i fiori in fiore, i loro petali e i loro aromi, il sapore che si allunga, l’acidità che taglia e innerva, lo sprint gustativo di una trazione integrale, un’anima balsamica che brilla e si espande, lunghissima.

Il Lambrusco di Modena Metodo Classico Brut DDR 2009 (sboccatura febbraio 2017) è un esordio e una sperimentazione che provengono da una partita non curata personalmente da Christian ma da lui trasformata. 84 mesi sui lieviti per un metodo classico più evoluto e morbido, dai toni quasi contemplativi. Rubino intenso dai bordi granato, naso che vira all’evoluzione della ciliegia matura, dell’amarena, della rosa appassita, della china, del rabarbaro. La bolla è leggera, quasi incorporata, il gusto è pastoso, avvolgente, ammaliante, un fascino “decadentistico” (complice anche una parte zuccherina di maggior rilievo rispetto alle altre cuvée di 9 grammi) che incontra un tratto quasi terziario, gourmand, e uno stile d’essai, complesso e fruibile, dal tannino vivo e dal respiro finale di amarena, melograno, rabarbaro, cioccolato bianco. Christian lo definisce «anomalo». L’ultimo fiore di una meravigliosa ghirlanda.

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Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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