Da Milano ai Colli Piacentini in bici. Seconda parte: Valtrebbia-Castell’Arquato (Il Poggio-La Stoppa-Croci)

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Secondo giorno del mio itinerario in bici da Milano a Castell’Arquato. (qui il link alla prima parte). Ieri è stata una giornata calda e piena di incontri; oggi mi attendono altri incontri, altre strade, altri scollinamenti. Al Poggio, l’agriturismo del produttore di vino Andrea Cervini, il sole è già alto; faccio colazione e scambio due chiacchiere con Carolina, la figlia di Andrea, che mi racconta qualcosa in più dei tortelli piacentini che ha cucinato per cena. L’aria è ferma ma il cielo rimane incredibilmente limpido; non mi trattengo più di tanto, monto le borse sulla bici, faccio il pieno di acqua e saluto il Poggio. Appena entro in strada e imbocco la ripida discesa che scende verso Statto, non posso fare a meno di fermarmi un paio di volte per fotografare questo panorama sulla Valtrebbia: alla mia destra le vigne di Andrea, ai lati campi e boschi, in basso si nota la mole merlata del Castello di Statto, in fondo un’ampia ansa della Trebbia, più oltre inizia la pianura. Ma di pianura per adesso non se ne parla: arrivo al fondovalle e risalgo qualche chilometro per arrivare al ponte più vicino, passo la Trebbia e piego verso Rivergaro; una breve salita mi porta ad Ancarano di Sopra, poi scendo in una valle laterale (dove scorreva il letto della Trebbia ai tempi di Annibale). La risalgo per 2 chilometri, poi sulla sinistra una freccia indica: La Stoppa. Per arrivarci si entra in un bosco di castagni, la strada si arrampica con una successione di tre tornanti, fortuna che la salita non dura molto e dopo poco immette sul rettilineo affiancato dalle viti, che fa da viale prospettico inquadrando il nucleo storico della Stoppa. Ad attendermi c’è Gianluca Demarchi, giovane laureato in economia che lavora qua da alcuni anni. Stamani condurrà lui la visita alle vigne e alle cantine; oltre a me alcuni visitatori dall’Italia e dagli Stati Uniti.

 

LA STOPPA

Nel 1871 Giancarlo Ageno, facoltoso avvocato genovese, acquista 150 ettari di terreno riscontrando in queste terre argillose-ferrose similitudini con i terreni di Saint Emilion; costruisce la casa padronale nel punto dove sorgeva una vecchia torre e impianta vigneti. Ageno muore nel 1947 senza lasciare eredi; fino al 1973 il podere della Stoppa resta senza una direzione, i contadini locali continuano a coltivare le vigne per il proprio consumo. Nel 1973 Raffaele Pantaleoni, tipografo di Piacenza, compra La Stoppa. I primi anni non sono facili: i contadini non ne vogliono sapere di seguire le nuove direttive, si aprono forti contrasti. Per cercare di sanare le tensioni, nel 1980 Raffaele assume a lavorare nelle vigne il figlio di un contadino del posto; si chiama Giulio Armani, e diventerà la colonna portante de La Stoppa, festeggiando nel 2022 i 42 anni di presenza in azienda. Nel 1991 Raffaele muore: la figlia Elena prende le redini dell’azienda e insieme a Giulio decidono di dare un’impronta nuova alle vigne: estirpano la maggior parte dei vitigni internazionali e puntano su barbera, bonarda e malvasia, scegliendo un approccio il meno invasivo possibile sia in vigna sia in cantina. Ad oggi la tenuta La Stoppa conta 52 ettari totali, di cui 27 vitati, con 40 impiegati di cui 7 addetti a tempo pieno. La produzione si attesta sulle 120.000 bottiglie all’anno, con una quota di esportazione del 75% (i principali mercati sono Svezia, USA, Giappone e Cina).

 

Gli assaggi

Trebbiolo Vino Rosso 2020 13%
Uvaggio di 60% barbera e 40% bonarda, fa una macerazione di 10-15 giorni, affina in acciaio ed è il vino più semplice della Stoppa, coprendo la metà della produzione con 60.000 bottiglie prodotte all’anno. Dal colore rubino brillante, ha un naso semplice di frutta fresca, è sapido, godibile, molto pulito. Bel bilanciamento tra l’acidità e la morbidezza data da un leggero residuo zuccherino.

Macchiona Emilia IGT 2012 14,5%
60% barbera, 40% bonarda, affina un anno in legno poi riposa per 7-8 anni in bottiglia. Rubino intenso, il naso è reso affilato dalla presenza di un po’ di volatile, è potente e alcolico. Ha una bocca masticabile, il tannino è giovanile, il finale è dinamico tra sensazioni mature e la nota ferrosa-ematica.

Macchiona Emilia IGT 2009 14,5%
Annata calda; la bonarda ha qui avuto modo di maturare appieno; si nota la matrice sanguigna e ferrosa. Ha la sua forza nella bocca, con un piglio assertivo, perfettamente bilanciato; il tannino è finissimo, vino compiuto, splendido.

Macchiona Emilia IGT 2002
Rubino pieno, evidenti note ematiche e ferrose, oltre a terziari che vanno sul cuoio e il cioccolato amaro ma con una succosità davvero notevole, persistente e sapido. Un vino allo stesso tempo importante e conviviale.

Camporomano Emilia Barbera IGT 2011 15,5%
Da uve barbera, colore rubino scuro, un naso splendido molto aderente al varietale, emerge molto il frutto e una leggera nota speziata, sorprendentemente senza eccessi alcolici nonostante siamo in presenza di un vino da quindici gradi e mezzo. In bocca è avvolgente, ben bilanciato tra succosità e maturità, molto ben compiuto. Lungo e masticabile, con un finale rinfrescante dato da una buona acidità.

 

Ageno Emilia Bianco IGT 2018 13%
90 per cento malvasia di Candia aromatica e saldo di ortrugo e trebbiano. È il vino più iconico della Stoppa, prodotto a partire dal 2002. Si tratta di un bianco macerato 4 mesi sulle bucce, da cui deriva un colore arancio leggermente velato. Il naso è giocato tra le note aromatiche della malvasia, la susina fresca e il piglio ruvido della volatile che ha delineato una strada nei vini naturali. Gran personalità in bocca con tannino ben presente e frutto, sale e acidità, potenza e cesello. Chiude lungo e sapido.

Ageno Emilia Bianco IGT 2006 13,5%
Colore dorato/aranciato carico, ha un naso di gran discrezione e finezza, che ricorda la crema pasticcera. In bocca è dritto e verticale, nudo e commovente nella sua focalizzazione sapido-tannica.

Vino del Volta (passito)
Da uve malvasia aromatica di Candia appassita. Non ho purtroppo chiesto l’annata (non è specificata), ma nel bicchiere si riconosce un vino molto invecchiato, torbido con evidente sedimento. Sale e albicocca essiccata, vaniglia e iodio. In bocca è avvolgente con la dolcezza ma reso severo dalla presenza tannica.

Dinavolino Vino bianco 2020 – Denavolo
Per seguire il trait d’union di questo viaggio, anche a La Stoppa viene proposto l’assaggio di un altro produttore. Che in realtà gioca in casa in quanto Denavolo è la creazione di Giulio Armani, l’enologo della Stoppa che ha creato una propria azienda in Val Trebbia, sul lato opposto a quello dove si trovano Casè e Shun Minowa, a quote tra i 350 e 400 metri. Il Dinavolino è il vino giovane aziendale, ma si tratta sempre di un macerato, un blend tra malvasia, ortrugo, marsanne e altri vitigni. Ha colore giallo velato, e un fresco naso agrumato che ricorda il pompelmo, e note marine. Sapido e allegro, molto piacevole.

 

Durante la degustazione e il pranzo compare anche Elena Pantaleoni, ad occuparsi degli ospiti e a dare indicazioni in cucina. Non abbiamo modo di parlare più di tanto, c’è solo il tempo di un breve saluto prima che esca per andare a prendere in stazione un’ospite speciale: dopo tanto tempo arriva dalla Sicilia Arianna Occhipinti, produttrice e sua grande amica.
Saluto Elena e Gianluca (davvero gentilissimo e di grande professionalità), oltre alla tavolata di ospiti italiani e americani, incuriositi e un po’ preoccupati per la mia partenza dopopranzo; è ora per me di rimettermi in bici.

So che non sarà facile, oggi è torrida e dovrò regolarmi al millimetro per non forzare. E infatti appena ridisceso nel fondovalle, ecco di nuovo la sfida con il caldo: la strada è dritta e sale impietosa, non c’è un filo d’ombra. Le gambe vanno ma cerco di tenere d’occhio il cardiofrequenzimetro: i battiti salgono un po’ troppo, vado in affanno, scalo due-tre rapporti con il cambio e alleggerisco la pedalata. Niente, continua a salire e sono al gancio. Per fortuna in qualche modo arrivo al bivio che significa scollinamento: giro a sinistra e mi butto in discesa verso Ponte dell’Olio: sono in Val Nure.

Dal ponte dò un’occhiata al fiume: anche il Nure è in secca. Bello il complesso della chiesa di San Giacomo, appena restaurata, che si mette in prospettiva proprio guardandola dal ponte. Faccio rifornimento a una fontanella che mi regala un po’ di acqua non proprio fresca: pazienza, purché sia acqua. Via, mi aspetta adesso un lungo tratto pianeggiante; passo accanto al castello di Folignano, poi avanti, in direzione della pianura. Lambisco l’aeroporto di San Damiano, poi tocco Carpaneto Piacentino, quindi imbocco strade laterali che alternano begli sterrati e stradine asfaltate. La pianura scorre molto bella e io mi dirigo verso est anelando Castell’Arquato. Mi sembra di vederne le alture all’orizzonte, non so se sia un’illusione, non ho nemmeno la forza di prendere il cellulare e controllare la mappa più estesa per avere una proporzione. Ancora chilometri nella pianura. Adesso lo vedo per davvero, è laggiù. L’idea originale era quella di arrivarci dall’alto, lasciando la provinciale n. 6 all’altezza di Vigolo Marchese (dove si trova lo spettacolare complesso romanico composto da chiesa e battistero di San Giovanni) per andare a salire in sterrato fino all’edicola del Cristo, per poi calare sulla città merlata. Ma niente, la stanchezza non me lo consente, decido di aggirare la collina da basso, passo davanti al Ristorante Faccini e piego verso Castell’Arquato. Fa sempre un effetto indescrivibile quando da dietro una curva spuntano le torri di Castell’Arquato, tanto più se ci si arriva in bici. È una delle cittadine più belle d’Italia, un pezzo di Medioevo perfettamente conservato, un esempio di coerenza urbanistica e di concentrazione di tesori artistici. Erano anni che aspettavo questo momento.
Ci salirò domattina: adesso ho solo pochi minuti per raggiungere il B&B, buttarmi nella doccia e salire da Max Croci. E così passo anche il ponte sull’Arda.

CROCI
La cantina Croci è sul colle di Monterosso, di faccia a Castell’Arquato, un terrazzo sulla Val d’Arda. Per arrivaci imbocco una stradina stretta con pendenze da Mortirolo: arriverò sudato anche stavolta, pazienza, metto il rapporto più agile e spendo le ultime energie di giornata.
Eccomi alla cantina: Massimiliano Croci mi aspetta all’interno.

-Dai, bevi questo che hai bisogno di integrare sali! – mi fa con un sorriso sornione offrendomi un bicchiere frizzante. Annuso e noto odori inconsueti, ma non so incasellarlo in ricordi olfattivi pregressi.
-Aaaah, ci fosse un italiano che lo riconosce al volo! Francesi e americani lo riconoscono quasi sempre.
Ma cos’è? Ha una beva facilissima, è dissetante…

-È sidro!
“…”
(miei bofonchiamenti tra il mortificato e il preso in castagna)
-È una delle nostre sperimentazioni: l’anno scorso abbiamo raccolto mele selvatiche dalle nostre montagne e le ho fermentate, solo mele e un po’ di limone per ridurre al massimo l’ossidazione, ha 7 gradi, ne puoi bere quanto vuoi.

Ora che lo so ci ritrovo le note di mela fermentata, oltre al salino e all’agrume, ha una bevibilità assassina, e devo dire che dopo tutti questi chilometri, va molto meglio degli integratori salini che sanno di acido citrico e basta.
Certo che non te ne stai mai con le mani in mano eh Max?
-No. Pensa che domani vado a vedere di comprare una vecchia mietitrebbia: mi serve per mietere il grano che coltivo insieme alla Betta (Elisabetta Montesissa, produttrice di vino a Magnano, ndr): abbiamo avviato un progetto per applicare il concetto di cru anche al mondo del grano: coltiviamo singoli appezzamenti in monocultivar e li raccogliamo separatamente, per rispettare la perfetta maturazione di ogni campo e varietà.

Iniziamo gli assaggi, sia dei suoi vini sia di altri della zona attorno alla Val D’Arda.

Bonissima Vino Frizzante Bianco 2021 – Montesissa Emilio
Malvasia, ortrugo e trebbiano per questo vino prodotto da Elisabetta Montesissa nelle vigne di Magnano, in Val Chero, a ovest di Castell’Arquato. È un vino pulito, marino, sapidissimo e agrumato, vino estivo per eccellenza se bevuto giovane, e molto interessante nell’evoluzione in cantina.

Campedello Vino frizzante Bianco 2021 – Croci
Uvaggio classico con prevalenza di malvasia e saldo di trebbiano, ortrugo, marsanne e sauvignon. Sarebbe un “Monterosso” per eccellenza, perché nasce esattamente nel cuore del colle di Monterosso, con il metodo storico della rifermentazione in bottiglia, ma per varie vicende non è iscritto alla DOC. Ha un naso più segnato dall’impronta aromatica della malvasia rispetto al Bonissima, gran vino di territorio.

-Pensa che di questo vino mi dicono: “Questo vino sa di troppo”.
Cioè??
-Perché specie in Italia si è radicata l’idea che il vino frizzante deve essere un vino glu-glu, deve saper di poco e puntare solo su acidità e bevibilità. Ma questo non è un vino modaiolo, questo è un vino che porta avanti la storia vinicola locale!

Pasgàt 2021 – Lo Svinato
Un vino praticamente inedito, nato da un progetto in fieri di un nuovo produttore, Gianmaria Lodigiani (di professione violinista), a cui Massimiliano sta dando una mano. Per il momento è ancora in fase di chiusura, è da attendere.

So che stai dando una mano a molti giovani vignaioli che hanno intenzione di provare a produrre vino ma non hanno i mezzi tecnici: perché?
-Se lo facessi per un tornaconto diretto sarei pazzo. Se va bene vado in pari con le spese. Ma io ho interesse che le aziende che aiuto crescano. Perché se crescono tante aziende sane, cresce l’intero territorio. E se cresce il territorio cresce anche il valore della mia terra. E se un giorno volessi andare in banca a chiedere un prestito, il valore della mia terra determinerà quanto posso chiedere. Negli ultimi venti anni, dal 2000 al 2021 solo in provincia di Piacenza siamo scesi da 6900 a 4900 ettari vitati; abbiamo perso 2000 ettari! Questo vuol dire che coltivare la vite non è redditizio. E in questo modo abbiamo perso biodiversità, perso comunità agricole di collina. E quando il contadino si sposta dalla montagna alla pianura, la montagna segue il contadino, perché rovina a valle! Ecco che così nasce il dissesto e l’economia emergenziale. È un circolo vizioso.

Quando i giovani vignaioli che segui ti chiedono consigli sul momento giusto per vendemmiare cosa rispondi?
-Di vendemmiare quando l’uva è matura! Solo quando l’uva è matura racconta un territorio.

Solata 2021 – Vigneti Montepascolo
Montepasscolo è una nuova realtà arquatese; dal febbraio 2020 Andrea Bruschi ha rilevato i vigneti dell’azienda Cardinali, che giacciono su terre rosse antiche della Val d’Arda.
Il Solata nasce da un blend di sauvignon, malvasia e moscato. Il colore è aranciato brillante, il naso ricorda l’albicocca fresca, è potente, tannico e caldo. Massimo mi spiega che i vini della sponda sinistra arquatese sono più strutturati proprio per la posizione e il tipo di terreni rispetto ai vini della sponda del Monterosso (destra della Valdarda) che hanno una maggiore verticalità.

Rosissima Vino Frizzante Rosato 2021- Montesissa Emilio
60% barbera-40% bonarda. Per vari problemi (tra cui la reperibilità delle bottiglie!) è stato imbottigliato tardi, il 20 maggio, e al momento la rifermentazione non è completamente svolta; se ne avverte traccia in una leggera riduzione al naso. Giovanissimo, ha una bocca molto fine saporita. Va atteso.

 

Galvano Vino rosso Frizzante 2019 – Croci
Sarebbe un gutturnio, ma Max lo ha ritirato dalla DOC anche perché ad oggi per un Gutturnio DOC non si può scrivere in etichetta “rifermentato in bottiglia”. Ossia non si può rimarcare che il vino è fatto alla maniera tradizionale emiliana, lasciando tutto il campo al vino fatto in autoclave. Il Consorzio sta lavorando a una modifica del disciplinare per sanare tra l’altro anche questo paradosso. Il Galvano profuma di frutta e di sottobosco, il sorso è lungo e sapido e dall’importante presenza tannica. Bel vino.

Cellino Rosso 2018 – Cantine Sparse
Barbera e bonarda. È un vino fermo dal rubino splendente, naso di ciliegia matura , in bocca è armonico, fruttato, ben strutturato, davvero una bella realizzazione per questa nuova cantina nata dal vignaiolo Marco Cella, e sviluppata nell”incubatore enologico’ di Max Croci.

Emozioni di ghiaccio 2010-2011 Vino Passito – Croci
È l’eiswein, il vino di ghiaccio della Val D’arda che ha contribuito a far conoscere Croci al di fuori del commercio locale. In novembre sugli acini di malvasia e moscato lasciati in vigna si formano le muffe nere nobili, da distinguere da quelle grigie, invece da evitare. La raccolta e pressatura con temperature sottozero consente di estrarre dagli acini un concentrato di dolcezza e aromaticità lasciando fuori l’acqua. Si tratta dell’ultima annata prodotta, proprio perché gli ultimi inverni non consente più all’uva di gelare. Raccoglie le vendemmie del 2010 e 2011 perché le quantità risicatissime non hanno consentito due imbottigliamenti separati.
Il naso è fruttato di albicocche e frutta secca, con note di amaretto, di grande complessità. In bocca è morbidissimo e succoso, dolce e sapido, grazie all’ottima acidità si mantiene fresco all’assaggio, di lunghezza gustativa straordinaria.

È arrivato il momento di salutarci. Massimiliano deve scappare per un appuntamento.
Grazie di cuore di tutte queste esperienze Max!
-Spero che con questo viaggio attraverso le valli dei Colli Piacentini ti sia fatto un’idea del lavoro che stiamo facendo per comunicare il territorio: stesse uve, terreni diversi, tanta biodiversità; non c’è concorrenza perché i vini hanno una riconoscibilità spiccata: merito del suolo!

L’ultima passeggiata in vigna la faccio col fratello Giuseppe; è lui che segue le operazioni in cantina, e assiste i vignaioli nelle prime fasi. Mi accompagna in mezzo ai mille nuovi progetti elaborati con Max, tutti legati alla terra:

Ma non vi fermate un attimo! – mi viene da dire.
-Sai, noi nasciamo come agricoltori. Noi siamo protettori della terra.

Ecco, mi sembra tutto racchiuso in questa frase. Per questa lunga giornata non mi resta che riprendere la bici e tornare al B&B Villa Dircea, poco fuori Castell’Arquato, dove mi aspetta un lungo sonno. La bici starà al sicuro nella cantina. È stata una lunghissima giornata. Domani il gran finale.

 

La Stoppa
Loc. Stoppa, 220, 29029 Rivergaro PC
Telefono: 0523 958159
info@lastoppa.it
www.instagram.com/agricolalastoppa
www.lastoppa.it

Azienda Agricola Denavolo
Loc. Gattavera – Denavolo 29020 Travo PC
denavolo@gmail.com
www.instagram.com/denavolo
www.denavolo.it
Tel. +39 335 6480766

Vini Croci
Loc. Monterosso, 8, 29014 Castell’Arquato PC
Tel: 0523 803321
croci@vinicroci.com
www.instagram.com/massicroci
www.vinicroci.com

Montesissa Emilio Azienda Agricola
Di Elisabetta Montesissa
Case Biasini, 189, Località Magnano, 29013 Carpaneto Piacentino (PC)
Telefono: 0523 850158
www.instagram.com/bettamontesissa
www.montesissaemilio.it

Lo Svinato
www.instagram.com/losvinato


Montepascolo

Località Montepascolo, 29014 Castell’Arquato (PC)
tel. +39 335 5443953
vigneto@montepascolo.it
www.instagram.com/vigneto_montepascolo
www.montepascolo.it

Cantine Sparse
di Marco Cella
Loc. Chioso 29014 Castell’Arquato (PC)
Tel. +39 3392256763
info@cantinesparse.it
www.instagram.com/cantinesparse
www.cantinesparse.it

Per il pernottamento:
Bed & Breakfast Villa Dircea
Str. Fiorenzuola, 2, 29014 Castell’Arquato PC
Telefono:0523 80415
info@villadircea.it
www.villadircea.it

La cartografia del tour completo è visibile su Komoot QUI
Il segmento Il Poggio-La stoppa è visibile QUI
Il segmento La Stoppa-Croci è visibile QUI

 

 

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

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