Come guidare il vino: nozioni di base

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Cominciamo con le informazioni ovvie: in Europa (con l’eccezione del Regno Unito) e in America il vino si guida a sinistra. Guidare a destra il vino dalle nostre parti è fortemente sconsigliato: i bevitori anglosassoni saranno d’accordo con voi, ma vi ritroverete contromano rispetto alla grande maggioranza degli enofili di casa nostra.
Controintuitivamente, i neofiti sono portati a guidare il vino in modo sportivo: stappano con grande velocità, tendono ad accelerare, prendono ogni curva della cena sgommando.
Il guidatore di vino esperto, al contrario, procede con calma, conduce il bianco o il rosso delicatamente, con un’andatura da strada di campagna.
Non bisogna forzare il vino mandandolo fuori giri. Assolutamente da evitare la catena di montaggio stappa A/versa/bevi, stappa B/versa/bevi, stappa C/versa/bevi. Così si danneggia il motore dei vini, spesso in modo irreparabile.

Agli incroci tra un piatto e l’altro dare sempre la precedenza ai vini più deboli, ai vini più corti, ai vini meno persistenti.
Infine, alcune norme di comportamento da tenere dentro la macchina del palato: seguire l’andamento del tracciato del vino senza fretta, scalando le marce a centro bocca nel caso di rossi molto tannici, frenando nel caso di vini pericolosamente facili da bere (i cosiddetti “vins de soif” dei cugini gallici). Se il vino sa di tappo, accostare, mettere le quattro frecce e piazzare il triangolo regolamentare alla giusta distanza.
Queste sono proprio le nozioni basilari.

I piloti professionisti come me hanno percorso tracciati anche difficilissimi. Nel decennio 1996/2006, per esempio, ho dovuto condurre vini quasi inguidabili, manco fossi Nuvolari: Barolo con il motore in mogano, Brunello turboalimentati, Chianti Classico con finto allestimento AMG. Oggi i colleghi più giovani, senza polemica eh, hanno la strada molto facilitata. I Barolo sono in media molto più facili da guidare, la loro power unit ha potenza controllata, docilità nell’erogazione, ottima coppia. Lo stesso vale per i rossi toscani. I supertuscan pericolosissimi con i quali si gareggiava negli anni 90 e 2000 sono quasi tutti nei musei. A guardarli oggi fanno tenerezza: nessuna struttura di sicurezza primaria, né tantomeno sistemi tipo l’Halo delle Formula1 attuali. Se non stavi attento ti buttavano fuori strada e quasi ti ammazzavi.
Giorni fa mi sono cimentato con un vino da guidare a destra, un Metodo Classico inglese (del Sussex) chiamato Rathfinny Classic Cuvée Brut 2017. Un buon vino, non di mostruosa complessità, dal carattere esilmente agrumato e dal finale un po’ amarognolo. Con la consueta boria, la stampa anglosassone sta cercando di alzare una cresta più alta di quella gallica, il che è obiettivamente un’impresa in sé. In una pagina dell’Indipendent si legge addirittura:

English and Welsh sparkling wine simply goes from strength to strength, scooping up awards and accolades. There can be few wine-lovers who are not aware that, in the UK, we now make sparklers that are equal to, and in many cases better than, those made in Champagne, while the majority of proseccos and cavas are left trailing in their wake.

Ovvero:

“Il vino spumante inglese e gallese va di bene in meglio, facendo incetta di premi e riconoscimenti. Sono pochi gli appassionati di vino che non sanno che nel Regno Unito si producono spumanti pari e in molti casi superiori a quelli prodotti nella Champagne, mentre la maggior parte dei prosecco e dei Cava restano nella loro scia.”

Capito? Producono quattro bottigliette acidule e già si sentono Commendatori dell’Impero Britannico.
Come si dice a Roma, nun t’allargà.

Fabio Rizzari

Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato, come redattore ed editorialista, presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen. Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, tra le quali Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS.

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Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato, come redattore ed editorialista, presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen. Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, tra le quali Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS.

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