Schizzi parigini

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Su (almeno) una cosa non possiamo che concordare con il rapido ritratto parigino di Fabio Rizzari: in quella meravigliosa città si guida in modo disinvolto, per usare un eufemismo. Ce ne rendiamo conto grazie al conducente della macchina gentilmente offerta da Booking.com per portarci dall’aeroporto di Beauvais al nostro albergo. Dall’entrata nelle estreme propaggini della città è tutto un infilarsi a destra e a sinistra, violando ogni regola stradale e di umana correttezza. E uno non finisce di indicare a sua figlia l’Arco di trionfo che si rende conto di essere stretto in un vortice di auto, di averne una a 3 centimetri a destra e un’altra a 2 centimetri a sinistra con guidatori inferociti dentro. Ma niente paura, anzi Inshallah, come ci sembra di scorgere nel telefonino dell’autista: siamo arrivati in rue Gay Lussac, nel lindo alberghino André Latin, che era un signore di fine ottocento dal look vagamente proustiano.

Rue Gay Lussac sta nel quartiere latino, quindi diciamo “in centro” ma nella sua parte più seriosa, vicino alla Sorbona, al Pantheon dove è impresso il ringraziamento ai grandi uomini dalla Patria riconoscente, e se girate da quelle parti vi imbattete in laboratori scientifici, nei ritratti di premi Nobel francesi per la fisica, ecc. Insomma, se cercate il casino, la movida, meglio allora ossigenarsi un attimo nei Jardin du Luxembourg, prendere il Boulevard Saint Michel e andar giù verso la Senna. (Giù nel senso che andate in discesa, ma in realtà la direzione è Nord.) Se rimanete qui, la sera vivrete un’atmosfera rarefatta e silenziosa, e rientrando sul tardi, nella notte rischiarata dalle fioche luci delle brasserie, spiccherà magari, isolata, l’illuminazione a giorno e la caciara della pizzeria Da Peppe, insignita nel 2020 del premio “miglior pizza d’Europa” da chissà quale giuria: potenza della pizza e/o dell’italica allegria!

Ma attenzione: da queste parti c’è anche Rue Mouffetard, isola allegra e divertente, gastronomicamente e non. È vero, percorrendola si avverte un tantino di globalizzazione, il classico bistrot qui manca, al massimo trovi la crêperie, e poi c’è tutto il resto: dal kebabbaro con la fila chilometrica (chissà perché, ma noi non capiamo neanche la fila da Tonnarello a Roma, quindi figuriamoci), al greco, al sushi a volonté. Ma la pescheria e le fromagerie sopravvivono gagliarde, compresa la mitica Androuet, che però incute un po’ di timore per il suo aspetto “museale”. Qui Rue Mouffetard è quasi finita, c’è la bella Fontaine Gay Lartigue circondata da fiori colorati dove si affaccia Le Café Saint Medard, con la miglior petit dejeuner di quelle provate: café au lait, croissant, tartin con burro e una marmellata assai buona, spremuta d’arancia a 10 euro (contro i 7-8 di media, va detto). Invece, all’inizio, c’è Place de La Contrescarpe dove la sera si canta e si balla e a un certo punto Bella Ciao risuona dalle note di un sassofono.

Ma insomma, come dicevamo, è avvicinandosi alla Senna che aumentano i ritmi. E se Boulevard Saint Germain riesce a mantenere un contegno elegantemente parigino, poi si rompono gli argini del turismo che sciama in tutte le direzioni. Anche se, se dovessimo proprio scegliere IL luogo dello struscio, indicheremmo la zona di Les Halles, soprattutto (ma non solo) fra il centro commerciale molto green sorto nei luoghi dei vecchi mercati e il Centre Pompidou. Qui il continuo sciamare dei turisti da tutto il mondo è osservato da altri turisti seduti ai tavolini dei café-brasserie, che possono scegliere da menu che di francese hanno poco. Perché, a proposito di cucina francese, se non si vuole puntare con decisione verso l’esperienza gastronomica programmandola a dovere o perlomeno verso la bistronomie, si deve cercare con il lanternino la confit de canard, o la soup a l’onions (in foto quella provata poco fuori le Galeries Lafayette) facendosi strada fra pizze, linguine e bavette (gli spaghetti fanno troppo little Italy), con un gran momento per la greca noussaka, mentre la paella spagnola è in netto ribasso. E magari ci si imbatte, come è successo a noi, in un pasticciato filetto di vitello sommerso da una abbondantissima salsa di cipolla. Ma anche in un’interessante Croque Madame vicino a Orsay, in una meravigliosa baguette croccante, fragrante e saporita subito fuori il Marché Aligre, in una gradevole Tarte Tatin a Place des Vosges…

Poi, più su, c’è il Marais. Ah, il Marais, che bello il Marais, io preferisco il Marais. Si, d’accordo, ma a patto di non farsi distrarre dalle sirene delle strade ormai arci-commerciali (Rue de Franc Burgeois, per non far nomi) e perdersi veramente nel bellissimo reticolo di viuzze. Insomma a patto di fare i flaneur, ma per davvero.

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Riccardo Farchioni

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