Pianeta Barolo. Le nuove annate: Castiglion Falletto

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Seconda puntata di una panoramica fortemente desiderata, dalla gestazione lunga ma dai propositi bellicosi: il punto sulle nuove annate in commercio di Barolo. All’ambizioso obiettivo hanno contribuito immancabilmente gli assaggi effettuati a Nebbiolo Prima nel maggio scorso ad Alba (ai cui organizzatori non faccio mancare un caloroso ringraziamento per le attenzioni riservateci) e i reiterati assaggi estivi (periodo giugno-luglio), attenti e minuziosi, che mi hanno consentito non soltanto di “ripassare” i vini già  incontrati ad Alba, ma di integrare opportunamente le mancanze sia nell’ambito delle proposte dei produttori già presenti a Nebbiolo Prima, sia nell’ambito di quelle dei produttori mancanti.

Così, dopo i Barolo di Barolo e Novello (leggi qui) oggi vi racconto i Barolo di Castiglione Falletto, non prima di aver sottolineato che, nonostante la “ristrettezza” geografica di questa sottozona e nonostante la migliore espressività dei vini di Castiglione resti sostanzialmente “aggrappata” ai privilegi e alle potenzialità di pochi cru elettivi (ma non mancano brillanti conseguimenti meno ovvi), è da questo piccolo terroir che mi arrivano le proposte più stimolanti dell’anno, a cui riesco ad appaiare soltanto Serralunga e Monforte di cui, ovviamente, parleremo.

Qui l’annata di riferimento, 2006, ha incontrato da un lato la naturale predisposizione alla bellezza di certi vigneti importanti (leggi Rocche, Bricco Boschis e in parte Villero), dall’altro una diffusa sensibilità interpretaviva, ciò che ha portato ad emergere anche cantine outsider con vini ad alta dignità territoriale. Non mancheranno poi (rari) esempi tratti da altre annate, anche profondamente diverse dal 2006 (2005 e 2003, tanto per citarne due), che ne faranno vedere delle belle.

Quello che segue è il quadro delle etichette a mio modesto avviso più significative del fitto parterre. Al solito, la sequenza con cui si succederanno queste notucole, lo comprenderete presto, è legata alla ferrea logica dell’anagrafica e non al grado di compiacimento o di immedesimazione dell’autore. Per questi ultimi, come sempre, mi affiderò alle parole (oltre che ai silenzi). Last, raccogliendo utili suggerimenti, ho deciso di riportare il prezzo medio al dettaglio (sugli scaffali) delle bottiglie.

BOROLI

Realtà solo di recente affacciatasi sulla ribalta di Langa, la cantina della famiglia Boroli, guidata dal giovane Achille, complici gli importanti investimenti in vigna (Villero, Bussìa, Cerequio..) e in caparbietà, si propone obiettivi ambiziosi. Nel frattempo, va producendo vini formalmente ineccepibili sotto l’egida di una elaborazione moderna, che nelle edizioni migliori non mancano mai di far parlare di sé.

Quest’anno ecco una versione di Barolo Villero 2006 (€ 43/50) “disciplinata”, lineare ed equilibrata. Un vino dal tratto aromatico leggermente evoluto ma capace di recuperare in vivacità e freschezza al gusto, per fornire di sé una immagine forse fin troppo compassata, quasi a non voler affondare il colpo sul fronte della caratterizzazione e della “forza di penetrazione”. Eppure senti non mancargli niente.

BROVIA

Interprete sensibile di Barolo dall’aura tradizionale, la famiglia Brovia vanta una storia lunga alle spalle, fatta di momenti drammatici (l’interruzione forzata dell’attività per vent’anni, fino al 1953), amore incondizionato per la terra di Langa e vini “parlanti”. Un pedigree di assoluto riguardo, grazie soprattutto agli splendidi vigneti di cui dispone.

Quest’anno le sorelle Brovia appongono la firma su una stagione incredibile. Perché incredibile è la batteria dei vini in uscita, fra i quali ovviamente brillano i tre cru di Castiglione, a cominciare dal sontuoso Barolo Rocche 2006 (€ 45/52), la cui complessità si trasfonde in un bicchiere irresistibile, irradiante, di “sferica” perfezione. In un vino cioè di indomita freschezza, lungo ed appagante, avvolgente e generoso, in cui convivono armoniosamente garbo espositivo e granitica tannicità.

Gli risponde da par suo lo splendido Barolo Garblet Sué 2006 (€40/46), le cui uve provengono dal cru Altenasso, vino dalla fisionomia tanto scarna quanto evocativa, di sobria compostezza ed aristocratico portamento. Infiltrante e caratteriale, non indulge nelle “lusinghe” del frutto ma fila dritto, teso e affilato, in odor di ruggine e terra. Per finire, prova d’autore anche per il celebre Barolo Villero 2006 (€45/52), davvero affascinante ai profumi, per un naso da odorare ancora e ancora. Incisivo e tenace, un pelo d’alcol di troppo non lede poi tanto la personalità del sorso, che si fa saporito e vibrante nel finale, dai tratti profondamente balsamici.

CAVALIER BARTOLOMEO di BORGOGNO DARIO

Appendice naturale del cru Vignolo, il tondeggiante Solanotto è uno dei vigneti storici di Langa che a ben vedere non hanno mai originato Barolo “single vineyard” ma che Dario Borgogno, per esempio, non esita a dichiarare orgogliosamente nelle sue bottiglie di Barolo. Assieme al Solanotto compare in etichetta Altenasso (le uve del Garblet Sué di Brovia, ne ho già accennato, provengono da questo vigneto),  cru prossimo al precedente (stesse altimetrie e stesse esposizioni) e fors’anche più rinomato.

Se stiamo a ciò che il produttore è solito confermare diciamo: profumi dal Solanotto, struttura dall’Altenasso. In ogni modo, ammetto di non disprezzare affatto lo stile della casa (“casa” peraltro non proprio sulla bocca di tutti quanto a notorietà!), checchennedica la manifattura più attualizzata (leggi uso dei legni piccoli) delle ultime edizioni.  Non sento infatti sminuite quelle sensazioni di franchezza e schiettezza che da sempre questi vini riescono a trasmettermi; semmai mi vien da annotare un recupero in termini di integrità e pulizia esecutiva rispetto alle non sempre ineccepibili sbavature “grammaticali” di un tempo. Il Barolo Solanotto Altenasso 2006 (€ 29/33) unisce toni più sfumati e rarefatti ad altri più decisi e caratteriali, come il tannino per esempio, un tannino incisivo e “legante”, che se da un lato frena parzialmente gli allunghi, dall’altro contribuisce a mantenere la barra dritta sulla caratterizzazione, senza che vi si disperdano le doti dell’equilibrio e della naturalezza espressiva.

CAVALLOTTO BRICCO BOSCHIS

Fra i primi in zona a vinificare uve di proprietà e a fare il salto nella benemerita categoria dei vitivinicoltori, i Cavallotto posseggono la cascina Bricco Boschis da cinque generazioni e sono parte attiva della storia nobile di Langa. I loro Barolo, dal ferreo imprinting tradizionale, non di rado li ritroviamo ai vertici della denominazione per complessità, completezza e longevità. Due i vigneti che concorrono all’unicità: Bricco Boschis (di cui la Vigna San Giuseppe ne rappresenta la parcella più preziosa) e Vignolo (vigneto più piccolo e situato più in basso del Boschis, con tessitura del terreno diversa).

I millesimi in uscita, nel frattempo, non fanno sconti a nessuno: mai così brillante (quantomeno nei ricordi miei) il Barolo Bricco Boschis 2006 (€ 37/42), un vino di grande respiro, carnoso, articolato, stimolante nel corredo aromatico (erbe, spezie, ruggine e terriccio) quanto incalzante per dinamica gustativa. E mai così imperdibile il Barolo Bricco Boschis Riserva San Giuseppe 2004 (€ 50/58), un vino di pura razza “nebbiolesca”: raffinato, avvolgente, seducente, complesso, di elettiva freschezza e dal futuro assicurato. Molto promettente infine il Barolo Riserva Vignolo 2004(€ 50/58), come sempre più remissivo e introverso nei primi anni di vita rispetto al San Giuseppe. Qui l’importante materia di base deve ancora trovare gli sbocchi verso una articolazione più “flessuosa”, e i sontuosi tannini dovranno “distendersi” ulteriormente per rendere più armonioso il tratto gustativo. Le fondamenta però sono solide, il “tono” baldanzoso. Tempo e bottiglia giocheranno a suo favore.

CERETTO

Settanta anni di storia “ consapevole”, nei quali i Ceretto hanno (di)segnato le rotte dell’enologia d’autore in Langa. Parco vigneti vasto e composito, tecnologia sempre aggiornata, una produzione che spazia pressoché in tutte le tipologie tipiche dell’albese, etichette non di rado emblematiche, sicuramente molto famose…. Capita, se hai a che fare con certi cru.

Da qualche tempo lo stile della casa è andato rimodulandosi su una impostazione più “moderna” sicuramente apprezzata dai mercati internazionali, in cui l’indiscutibile rigore formale rischia a volte di sconfinare però nella leziosità e nella confezione, alle quali il rovere offre il suo bel contributo. Proprio per questa ragione, non coinvolgendomi come un tempo, sono rimasto piacevolmente colpito dalla personalità finalmente “liberata” del Barolo Bricco Rocche 2006 (€ 125/140). Colpito sì, per l’intrigante freschezza agrumata, per il calibro tannico (non troppo estrattivo), per il crescendo di intensità e per il sapore dai riflessi balsamici. Colpito da un vino finalmente riuscito, sapido e complesso, oltre che “preciso”. Il rovere, nel frattempo, sta in fase digestiva, e tenta di comprimere e veicolare. La materia e il disegno però hanno la meglio. Il futuro sarà dalla loro parte, e il tutto si illimpidirà.

CORDERO DI MONTEZEMOLO – MONFALLETTO

Dalla storica tenuta dei conti Falletto, vera e propria icona del vino di Langa, la famiglia Cordero di Montezemolo produce da sessant’anni Barolo ambiziosi e celebrati. Oltre al cru Gattera (zona La Morra), qui si può contare anche sulla mitica parcella del Villero di Castiglione denominata Enrico VI. Ed ecco che, nel bel mezzo di una produzione che da tempo strizza l’occhio ad uno stile “contemporaneo” più ammiccante e fruttato, proprio il Barolo Enrico VI 2006 (€ 50/57) si smarca brillantemente dalle connotazioni più esotiche ed estrattive delle ultime edizioni facendo affidamento su affascinanti chiaroscuro. Stilizzato, minerale, sottile e ben sfumato, è vino solido, lungo e teso, dalla proverbiale timbrica mentolata: un vino che sa come conquistare.

FENOCCHIO GIACOMO

Se il cuore aziendale resta la Bussìa di Monforte (da lì Claudio e Albino Fenocchio ricavano i loro vini migliori), le parcelle a nebbiolo acquisite negli altri comuni albesi non sono da meno quanto ad importanza e blasone. Così il Cannubi di Barolo, così il Villero di Castiglione. Il tutto sotto l’egida di una manifattura di stampo artigianale e dal rigoroso appeal tradizionale, che non manca di affascinare un numero sempre crescente di estimatori.

Intanto, il Barolo Villero 2006 (€ 27/31) è un vino fine, diffusivo e generoso. Non badate più di tanto se in questa fase la focalizzazione dei profumi non sarà al massimo o se la profondità del tannino non appaierà le migliori versioni di questo cru. Godetevi la naturalezza espressiva, la scorrevolezza, l’assenza di forzature di questo bicchiere. Il sorso se ne uscirà godibilissimo, quasi istintuale. E tutto questo, a ben vedere, basta.

LIVIA FONTANA

Un anno da ricordare per la produzione di Livia Fontana e della sua Cascina Fontanin, mai così efficace nella esposizione delle proprie ragioni. Il Barolo 2006 (le cui uve provengono in prevalenza da vigneti di Castiglione, con un saldo dalla Bussìa di Monforte), sia pur soffrendo qualche incertezza sul piano aromatico recupera direzionalità e nitidezza al palato, un palato teso, continuo, di buone tonicità e droiture, con tannini incisivi da lasciare ben sperare per il  futuro.

Il Barolo Villero 2006 (€ 37/43) da par suo è dotato di un intrigante corredo aromatico, profondo ed articolato, in cui si incrociano note minerali, umori di sottobosco e di fiori essiccati. E se alcune “scorie” di erbe macerate, con un legno non propriamente “integerrimo”, rendono poca giustizia alla pulizia del tratto, è pur vero che non ledono poi tanto la “terragna” visceralità del sorso.

GIACOSA FRATELLI

La produzione di Paolo e Maurizio Giacosa si muove con disinvoltura toccando diverse direttrici del territorio albese (la centenaria storia aziendale insegna), proponendosi con apprezzabile continuità stilistica attraverso rigorose interpretazioni di zone e vitigni e, ciò che non guasta, senza indulgere affatto verso i toni più piacionici, le scorciatoie o le ovvietà.

E se il cuore aziendale resta saldamente a Neive, sponda Barbaresco (a proposito, quest’anno affermazioni più compiute che mai ci giungono dallo storico Basarin, per via di un ispiratissimo Barbaresco Vigna Gianmaté 2007), il suo “battito” si fa sentire anche dalle parti di Castiglione grazie a un Barolo Vigna Mandorlo 2006 (€ 28/32) in grado di tradurre filologicamente le qualità intrinseche del cru. Qui, dove austerità e carattere riservato stanno di casa, il nostro rivela aperture tutte nuove in un palato agile, dal profilo nitidamente agrumato e dal gusto intenso e determinato, prodigo di “tagli” espressivi tanto aspri quanto reattivi.

MASCARELLO GIUSEPPE e FIGLIO

Se il Barolo gode attualmente del “respiro” e della risonanza che ben si merita, non possiamo dimenticare il contributo alla causa apportato da questa caparbia famiglia di vignaioli, nel mestiere da appena 120 anni. Da casa Mascarello se ne escono vini “integerrimi”, fedeli alla linea, paradigmatici, portatori sani della ortodossia barolesca, nei quali, più di altri, c’è un sapore che ti spinge invariabilmente ad identificarli. Io, esagerato più che mai, nella mia testa e nei miei sensi l’ho ben chiaro, e continuo a chiamarlo “frutto mascarelliano”, un misto di candore e di tenerezza fruttata tratteggiato da una delicata vena eterea a sostenerne lo sviluppo e a farlo “librare”. Un “soffio” di aromaticità. E una tattilità così sensuale da sfiorare l’impalpabilità. E’ naturalezza allo stato puro. E’, appunto, “frutto mascarelliano”.

Certo il vigneto Monprivato, monopole aziendale, ci mette del suo per decretare l’unicità. Storicamente reputato uno dei grand cru di Langa, dal suo suolo lunare e calcareo prendono vita vini di  irradiante luminosità. Da una parcella speciale del Monprivato poi, Mauro Mascarello trae le uve per il suo Riserva Cà d’Morissio (Morissio è il nome dialettale del nonno Maurizio, colui che acquistò il vigneto cent’anni orsono), un vino che fin dalla sua prima edizione -1993-  è uscito solo 5 volte.

Intanto vi dico che il Barolo Monprivato in Castiglion Falletto 2005 (€ 67/78) offre un caleidoscopio di umori sottili: rosa, menta, catrame, mandarino e pietra, nel quale è facile perdersi. Al gusto è aggraziato, contrastato, di notevole spinta e altrettanto notevole equilibrio. Un incanto.

Poi arriva lui: Barolo Monprivato Cà d’ Morissio Riserva 2003 (€ 290/330) e ti chiedi: caspita, prodotto solo nelle annate ritenute migliori. E pensi al 2003. E al calore infinito di quell’estate. Poi pensi al coraggio e alla sfida, ma soprattutto in che modo questo vino si sarà potuto smarcare dalle insidie di quel millesimo. Lo assaggi, e subito realizzi: toccante, elegiaco, freschissimo, dai profumi leggiadri e “sollevati” (fiori appassiti, geranio, scorza d’arancio, erbe aromatiche, terra umida, elicriso, minerale). Ne apprezzi poi la naturale scorrevolezza, senza ostruzioni, senza costruzioni; una profilatura garbata e melodiosa da non sentire “lo scalino tannico” di soldatiana memoria. Abissale la profondità, incessante il suo finale. Misteri della vita, o della vigna, un 2003 di tale lirica grazia: chi l’avrebbe mai detto? Intanto, per non sbagliarmi, lo annovero fra i migliori vini di sempre.

MONCHIERO FRATELLI

Anche Vittorio Monchiero, anima guida di questa piccola cantina (non propriamente à la page) che vinifica in proprio dagli anni ’70 i suoi 10 ettari di vigneto sparsi in vari comuni albesi, firma un Rocche di cui ricordarsi. Insomma, l’impronta del cru, in questo millesimo, ha davvero lasciato il segno. Il suo Barolo Rocche 2006 (€ 22/26) è certamente un vino avvolgente e aggraziato, riuscita commistione di sentori terrosi e mineralità, in puro stile Castiglione. Lo sviluppo è spedito, dinamico, di buon fraseggio e buona freschezza agrumata. E se anche non assume il passo del vino superiore resta comunque un sorso ispirato, godibilissimo, orgogliosamente rispettoso delle intimità del Rocche (leggi profumi e sottigliezze), con il quale è facile stringere amicizia.

ODDERO PODERI E CANTINE

Hai un bel dire “storico”! Eppure, quando parli dei Poderi Oddero, non ci vuole tanto a capire che mai aggettivo fu più calzante. Qui si imbottigliano, da vigneti di proprietà, vini tipici di Langa a partire dal 1878. Nientepopodimeno che. Dopo la generazione dei fratelli Giacomo e Luigi (quest’ultimo recentemente scomparso), veri e propri “uomini di Langa”, tocca oggi a Mariacristina e a Mariavittoria, figlie di Giacomo, accompagnare la prestigiosa firma nella contemporaneità. Il parco vigneti è assai composito e contempla sorì rappresentativi sparsi nei comuni baroleschi (e “barbareschiani”) più accreditati, fra i quali Castiglione recita un ruolo da protagonista. I Barolo, da sempre portabandiera dello stile classico (solitamente vini da attendere, sia in bottiglia che nel bicchiere, in quanto non privi di passeggere riduzioni), da qualche stagione a questa parte, pur non disperdendo le nobili connotazioni dei terroir d’origine, paiono risentire in maggiore misura degli influssi del rovere d’elevazione e di una elaborazione più accurata ma anche più tecnica, risultando così meno  viscerali di un tempo.

Così  è per il Barolo Rocche di Castiglione 2006 (€38/44), una delle etichette più prestigiose di casa Oddero (e uno dei cru più prestigiosi della denominazione), dove ad una bella rarefazione aromatica, nobilmente terrosa (uno dei punti di forza del Rocche) risponde un palato roccioso, volitivo, rigido ma caratteriale, in cui i tannini del rovere lasciano traccia di sè nell’insistito finale.  Il Barolo Villero 2006 (€ 31/36) assume un portamento compassato, quantomeno ai profumi, svelando nella progressione uno stimolante “sottofondo” minerale. Di nerbo, continuità e freschezza, conserva i suoi bravi accenti veraci; solo il legno tende a comprimerne il finale, marcandolo tannicamente e rendendogli un tratto più severo delle attese. Sì, un affinamento ulteriore in bottiglia è proprio quello che ci vuole.

ROCCHEVIBERTI

Da qualche anno mancavo gli assaggi dei Barolo di Claudio Viberti, e devo ammettere che è stato bello recuperare la lezione.  Il Barolo Rocche di Castiglione 2006 per esempio onora da par suo la preziosità del vigneto d’origine, racchiudendo in se le trame più intime e affascinanti che fanno grande il Rocche nell’immaginario degli appassionati . Non una impuntatura, non una voce di troppo qui, non la bruta estrattività, non il “peso per il peso”. Raffinato nei fraseggi aromatici, di sana “costituzione” minerale e dagli stimoli vagamente esotici nel frutto, mantiene un gusto teso, guizzante, fatto di “accensioni” mentolate, polpa d’agrume, sapidità tagliente e continuità di sapore. Insomma, un bel conseguimento.

SOBRERO FRANCESCO E FIGLI

Ecco qua una cantina la cui conoscenza ritengo sia un punto di partenza imprescindibile per fare un po’ più di luce sul panorama d’autore langarolo. E se ancora non gode della popolarità che meriterebbe (ma non mancano di certo i fans), i suoi Barolo parlano un linguaggio chiaro, riuscendo a incanalare mirabilmente, secondo un registro espressivo “classico tradizionale”, le caratteristiche migliori dell’areale castiglionese in un disegno elegante, “arioso” e ben tratteggiato.

Anche quest’anno le notizie più belle ci arrivano dal sorprendente Barolo Ciabot Tanasio 2006 (€ 24/28), elettiva cuvée di uve provenienti dai vigneti Valentino, Piantà e Ornato (trattasi di versanti generalmente più freschi rispetto ai cru più reputati di Castiglione). Un Barolo sottile e rinfrescante, felice compendio di carattere ed istintività. Limpido e puro nello sviluppo gustativo, porta in dote una stimolante intelaiatura mineral-agrumata. Di rare armonia ed equilibrio, resistere alla tentazione di berlo potrebbe sembrare una forzatura dello spirito.

Più lento a carburare, ma meno concessivo del solito, il Barolo Riserva Pernanno 2004 (€ 38/44), le cui uve provengono da uno dei cru più freschi di Castiglione, chiede tempo per schiarire la voce dei profumi pur non difettando di grinta e temperamento. Austero e senza orpelli, è quel che si dice un vino volitivo e sicuro di sé, a cui magari non guasterebbe una comunicativa più rilassata, obiettivo a cui potrà ben contribuire un congruo affinamento in bottiglia.

TENUTA MONTANELLO

Di proprietà della famiglia Racca da quasi 150 anni, la vigna Montanello da qualche tempo viene finalmente “esplorata” con continuità grazie agli imbottigliamenti che le generazioni nuove hanno deciso per lei a partire dal 2001. Lo stile dei vini è calibratamente moderno; l’abbraccio generoso dell’alcol, la dolcezza del frutto e la suadenza tannica ne sono i tratti distintivi. Il Barolo Montanello 2006 (€ 22/26) ha polpa e sapore, questo è certo. E una naturale predisposizione a ben sfumare. Lo sviluppo è modulato e armonioso, con il calor’alcolico che avvolge (e addolcisce) stemperandosi ben bene in un finale di significativa freschezza, dal sentore di rose.

VIETTI

Cantina faro di Langa, impegnata da sempre sul doppio binario produttivo nebbiolo-barbera, con risultati importanti su ambo i fronti (leggi Barolo, Barbaresco, Barbera d’Alba e d’Asti), Vietti è capitanata oggi da Luca Currado e Marco Cordero, che insieme firmano vini ineccepibili sia sul piano tecnico che strutturale, secondo una manifattura calibratamente moderna. Ne sono esempi brillanti sia il Barolo Castiglione 2006 (€ 34/40), severo, volitivo, “scuro”, catramoso, lungo e tenace (solo qualche “taglio” più crudo e vegetale al gusto, a contrastare l’umore geranioso del frutto), sia il celebre Barolo Rocche 2006 (€ 70/80), vino profondo (anche “colorato”), viscerale, granitico, estrattivo, terroso e minerale, che chiede solo tempo per “armonizzare” al meglio la melodia gustativa e per assorbire ben bene il rovere. Una fiducia da concedergli senza pentimento.

La foto iniziale è stata tratta dal sito mcduffwine.blogspot.com

La seconda foto mostra l’infilata prospettica del vigneto Rocche, sullo sfondo Castiglion Falletto

FERNANDO PARDINI

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