Il Piccolo Forno Marziali a Saludecio (Rimini). Il tempo, le mani e l’anarchia

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04-032017-336-small “Mi piace tornare ai ricordi di bambino e rivederli adesso, da grande. Mi piace raccontarli, rifletterci su e a volte commuovermi. Sono i miei ricordi e ci sono affezionato. Ché poi io volevo proprio fare il fornaio. Volevo fare il fornaio e il musicista, per la felicità di mia madre (si fa per dire). Volevo usare le mani, volevo sporcarmi; sporcare me e tutto quello che c’era intorno. Che bello sporcarsi!”. Così mi dice Daniele Marziali.

–  “ No. No. Io da grande voglio fare il fornaio come il babbo. Voglio fare il fornaio e anche il musicista.”

– “ Forse è meglio che ci pensi bene, Daniele. Il fornaio non è una bella vita, il musicista poi men che meno.”

– “ Perché no? Cos’è una bella vita? “

– “ Mah, un lavoro dove non ci si debba alzare a mezzanotte.”

– “ Come fa il babbo di Paolo? “

– “ Sì.”

– “ Ma il babbo di Paolo non sorride mai! E’ grasso e non ha i capelli. Quando vado a giocare a casa sua e torna a casa non parla mai. Neanche sua mamma parla mai. Il babbo e lo zio sono magri e hanno un sacco di capelli. Al forno c’è sempre un’aria speciale, un’aria che cambia e diventa a volte piena di confusione e a volte calma. E poi dicono un sacco di parolacce che mi fanno ridere. Ma il babbo mi dice di non ripeterle”.

– “ Io da grande voglio fare il fornaio. E il musicista”.

– “ Va bene Daniele.”

– “ Voglio suonare la chitarra.”

– “ Si, vedremo.”

04-032017-366-smallQuesto breve racconto di Daniele Marziali mi ricorda come i bambini sanno essere essenziali, diretti e spiazzanti. Perché non fare quello che ci piace? Chiedi ad un bambino cosa vorrebbe fare da grande e scoprirai lavori mai esistiti e che si potrebbero fare.  Cosa volevo diventare da grande io? Un pirata, un astronauta, un soldato. E anche un cowboy. No, Zorro, da grande volevo diventare Zorro. E poi c’era anche quell’altro, quell’altro che non mi viene: ah ecco, il guidatore dei carri armati. Avrei voluto guidare un carro armato, un carro armato da portare su e giù per i fossi, da far vedere agli amici che però non ci possono salire perché è mio.

“ E poi ho lavorato nel forno di mio padre. Ci ho lavorato con amore e odio. Amavo usare le mani e l’impasto della ciambella lo facevo così, a mano, anche se c’era già una certa tecnologia. Avevo una profonda avversione per l’impastatrice, avversione che ho tuttora, e a mio padre non andava giù perché con quella facevi più prodotto ed abbattevi i costi. Ho anche suonato. Ho studiato musica al liceo musicale e ho portato avanti tutte e due le cose. Il forno ha avuto sempre la precedenza. Forse perché ai tempi era uno di quei lavori che si tramandavano, però ricordo che volevo fare quello, da grande”.

04-032017-372-smallUn’anima irrequieta ed energica Daniele, legato alla sua terra e al suo forno. Piccolo forno Marziali, c’è scritto in calce fuori della porta. Non è un aggettivo buttato lì a caso: è veramente molto piccolo. Il banco in marmo del negozio paterno, uno spazio per l’amplificatore e il forno. Tutto qui.

“ Anche il commercio mi è un po’ sempre appartenuto. Mi ricordo che già alle medie avevo creato il mio giro di clienti sulla corriera che prendevo per andare a scuola. Mi alzavo prima del tempo, andavo alla forneria e preparavo tutti i pacchettini che gli amici mi avevano chiesto il giorno prima. Alla mattina, salito sull’autobus, distribuivo. A chi un pezzo da cento lire, a chi da cinquanta, e poi li portavo al babbo. Era un divertimento”.

Daniele fa parte di quella categoria di persone il cui talento commerciale ce lo hanno dentro. Lo esprime in maniera semplice e “folcloristica” ma potrebbe tenere tranquillamente corsi a manager navigati. La forza della sua idea di commercio sta nella sincerità dei prodotti e nella inesauribile vena creativa/istrionica tipica della commedia dell’arte. Una commedia dell’arte che va in scena ogni volta che propone e si racconta. E poi ci sono le sue mani. Mani che si muovono fra farina, cioccolato e sangiovese. Sanno cosa fare, come un archetto sulle corde. A volte sembra che nessun’idea gli abbia comandato il movimento. Cominciano a sporcarsi, si intingono di spezie e di colori. Di profumi.

04-032017-369-small“ Era una cosa indescrivibile per un bambino potersi sporcare e pasticciare senza essere rimproverato. Pensandoci bene, per mio babbo, vedermi all’opera era un’iniziazione. Mi sentivo un privilegiato. A volte ero conciato talmente male che non mi si riconosceva il davanti dal di dietro. Da padre propongo spesso ai miei figli di fare quello che vogliono. A volte apro la porta e gli dico: forza bambini, andate fuori e sporcatevi. Per me quella possibilità si ammanta ancora di un senso di liberazione, di liberazione dell’anima”.

C’è una profonda voglia di vivere dentro quest’uomo, un grande attaccamento alla vita con tutte le sue sfumature ed i suoi piaceri. Ma non in forma esoterica, in forma concreta. Le mani sono forse lo strumento con cui Daniele si tiene ancorato alla vita ed il tatto è il primo collegamento con cui tutto questo avviene.

“Mi sento un privilegiato. Ho il conto quasi sempre in rosso, ma faccio quello che mi piace.”

04-032017-352-smallUna battaglia d’amore per la semplicità e la condivisione. In un’epoca dove la ricerca gastronomica si sta muovendo verso la complessità, la sua controrivoluzione va verso il riconoscimento dei sapori veri, netti, arcaici. Un risultato di ricerca di materia prima, senza dubbio, ma soprattutto di alchimia nelle proporzioni.

Io non voglio fare il biscotto perfetto. Io non voglio vendere ai quattro angoli della terra. Io voglio riuscire a fare il biscotto che si faceva nelle nostre campagne tanti anni fa. Mi ricordo ancora i sapori ed i profumi che da bambino si fondevano in quelle cucine campagnole. E’ impossibile, lo so, ma credo nella magia. Tu credi alla magia? “

“ Si, ci credo. Ma mi vergogno ad ammetterlo, forse alla soglia dei cinquanta è meglio essere pragmatici“.

04-032017-354-small“Male, Marco, male. Se non crediamo ancora nelle magie, che tra l’altro esistono e di cui ne abbiamo tutti i giorni le prove, cosa stiamo qui a fare? Io voglio riuscire a catturare quel tempo di allora. Tenerlo fra le mie mani e, ingrediente dopo ingrediente, farlo diventare un biscotto che quando lo mangi ti porti là, a respirare quelle campagne e quelle case di contadini. Quel tempo aveva profumi indescrivibili che uscivano dalle finestre, era poesia rurale. II dolce casereccio era tutto giocato sui colori di una farina mai bianca e su un tuorlo d’uovo così ocra cupo che soltanto il sole all’alba e al tramonto ne possedeva uno altrettanto bello. Ti rendi conto cosa stiamo perdendo? Cavolo, stiamo perdendo il sapore vero e tutto il bello che c’era. E io un giorno ci riuscirò. Marco, ma mi stai ascoltando? “

Sorrido e annuisco silenzioso. Mentalmente sto viaggiando anch’io verso quei sapori, mi sono inebriato di quei profumi che uscivano dal forno a legna. E mia nonna ne era maestra. Perché stiamo diventando così romantici? Mah, un’ incrinatura nella “corazza” forse? Se è così, sarà il caso prontamente di richiuderla. Comunque, c’è chi ancora crede nella magia e prova a farla. A volte con in mano della farina, a volte con una chitarra e un distorsore.

“ Babbo, mi porti tu a karate o la mamma? “

-“Ostia è vero. No dai, ti porto io”.

04-032017-348-smallCi stringiamo la mano e ci guardiamo negli occhi come si faceva un tempo fra galantuomini. La stretta è sincera, accogliente, leale. Forse inizio a capire che anche le mani posseggono un loro linguaggio: vanno solo ascoltate e lasciate libere di fare.

“At salut, e sta atenti che ad fura u jè la nèbia” (Ti saluto, e stai attento che di fuori c’è la nebbia). Ciao Marziali. Ciao elfo gaudente.

Piccolo Forno Marziali – Via Santa Maria del Monte 559c – Saludecio (RN) – Telefono: 0541. 857293 www.ilpiccoloforno.com

 

Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

1 COMMENT

  1. Come sempre la scrittura leggera, e profonda allo stesso tempo di Marco Bonanni porta a leggere l’articolo tutto d’un fiato.
    Riesco ogni volta a sentirmi lì con lui e ad assaporare l’anima delle persone e dei luoghi.
    Complimenti Marco

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