Il sangiovese al Castello del Trebbio, dal 1971 al 2013. Verticale di Chianti Rùfina Riserva Lastricato

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img_4194Erano ormai lontani i gloriosi anche se turbolenti anni del Rinascimento, quando fra queste torri affacciate sull’Appennino era di casa la celebre famiglia dei Pazzi. Secoli dopo, fu in corrispondenza alla seconda guerra mondiale che il Castello del Trebbio visse il periodo forse più buio della sua storia. Anni di sbandamento, con passaggi di mano confusi e opachi fino all’ufficiale fallimento del 1968. Fu a questo punto che, paradossalmente, avvenne la sua rinascita grazie all’innamoramento del conte Giovanni Baj Macario e di sua moglie, la contessa Eugenia Spiegel, e alla loro decisione di rilevarlo e ristrutturarlo.

dscn6863Nel racconto appassionato anche se condito da una giusta (auto)ironia di Stefano Casadei, marito della loro figlia Anna, c’è la storia di una famiglia che sceglie di mettere in gioco le proprie energie in un’impresa non facile, quella del vino di qualità. Una storia di successo fatta di scelte, di discussioni, di insicurezze, di caparbietà. Una storia di lavoro e di investimenti, di curiosità e di voglia di portare a casa esperienze lontane, apprese viaggiando dal Caucaso alla Francia.

img_4207Una storia, quella del Trebbio, che lascia una traccia profonda nella storia del vino toscano e che oggi può essere raccontata partendo dagli anni ’70, quando i contadini-mezzadri gestivano in regime di mezzadria le vigne di canaiolo, sangiovese, ciliegiolo, trebbiano, colorino, ma sentivano già i richiami ammaliatori della città. Sì, perché quelli furono anni di spopolamento delle campagne. Gli agricoltori erano appetiti dalle nuove fabbriche di Firenze perché considerati, a ragione, bravi a fare tutti i lavori. E la paga fissa e sicura attirava chi voleva liberarsi delle fatiche e delle incertezze della terra.

annabajAllo stesso tempo, la Comunità europea incentivava l’impianto dei vigneti con il cosiddetto piano Feoga e fu così che i Baj Macario iniziarono coraggiosamente la loro storia di imprenditori agricoli, con la figura di Stefano Casadei sempre più centrale. Un esempio di imprenditore concreto ma curioso, accorto ma intraprendente, attento alle evoluzioni della viticoltura e pronto ad abbandonare le mode quando si sono dimostrate sterili. Oggi le aziende di famiglia formano un gruppo, il DCasadei, che opera in Toscana e Sardegna con tre aziende che permettono di esprimersi sui versanti della viticoltura sostenibile, dei vitigni autoctoni e internazionali, sulle sfide dei lieviti indigeni e delle anfore.

Ma eccolo, il racconto di Stefano Casadei, che si snoda parallalo all’assaggio de vini. Ripercorriamo qui, dunque, la storia del sangiovese del Trebbio.

trebbio71Chianti Riserva 1971
Le uve sono ancora “gestite” e scelte dai contadini in regime di mezzadria. Dopo una gelata a marzo e una primavera fresca, una estate calda ed un autunno regolare sanciscono un andamento climatico favorevole. Il colore qui è granato scarico e di bella limpidezza; il naso, ampio e vitale, esprime sensazioni persistenti e affascinanti di terra bagnata e fiori appassiti. Al palato è asprigno e agrumato, di discreta ampiezza e con un tannino delicato ma vivo.

trebbio79Chianti Riserva 1979
Metà dei vigneti nuovi entrano in produzione, ma le campagne sono sempre più vuote. L’inverno è freddo, la primavera fresca, l’autunno temperato. Ancora un colore granato, un pochino più fitto. I fiori e il frutto si avvertono più netti, al gusto meno larghezza, più solidità e sostanza. Il finale è in calando e asciuga un tantino.

Chianti Colli Fiorentini Riserva 1983
I nuovi vigneti sono ormai completi in questa caldissima annata che si riflette in sensazioni di frutta macerata e ciliegia sotto spirito. Morbidezza, velluto, note “acute” a contrastare, anche se non riesce veramente a spiccare il volo.

Chianti Riserva 1989
L’anno è segnato dalla morte del conte, e la stagione non vede acqua dal settembre ’88 al marzo ’89. Tanta pioggia, invece, in primavera ed estate. Naso ombroso, profondo, contratto, in cui si affacciano note di cacao, cioccolatino Mon Chéri, fiori appassiti, tabacco. Palato di grande impatto, percussivo, con un frutto (ciliegia) più nitido. Buon equilibrio, leggerezza, trama nervosa, sapidità e un tannino deciso che accende il finale.

Chianti Riserva 1995
Anno difficile, di svolta, tanto che questa vendemmia non arriva a vedere la luce del mercato. Nel 1991 muore anche la contessa Eugenia e dal 1995 sono Stefano e Anna a prendere le redini del Castello, con tutte le incertezze, le differenze di vedute, le difficoltà. Dopo una primavera climaticamente nella norma, una corrente fredda a giugno blocca la vegetazione delle viti; poi, settembre e ottobre pressoché perfetti. Il colore è rubino cupo e fitto, il naso è suadente, levigato, di una frutta nera matura anche “piaciona”. Bella trama impalpabile in una bocca che tiene bene fino ad un rilancio finale siglato da un tannino molto fine.

img_4209Chianti Rufina Riserva 1999
Entra finalmente in scena il vigneto “Lastricato”, vendemmiato quest’anno per la prima volta. In cantina vengono rinnovate (“asciate”) le botti, l’apprendistato sembra essere finito, e lo stile trovato. La stagione aiuta: inverno nevoso, primavera ed estate fresche che favoriscono una vegetazione regolare fino ad una vendemmia ottimale. Colore porpora fitto e olfatto elegante e persistente, con punte floreali, silvestri e di frutta nera. Beva fresca e reattiva, finale con qualche rugosità e un tannino marcato e tagliente.

Chianti Rufina Riserva Lastricato 2004
Il buon respiro economico di cui beneficia l’azienda consente di guardare più in là. Ecco che la passione per i vitigni internazionali (cabernet, merlot, syrah), ritenuta impossibile da coltivare nella Rùfina, viene assecondata con l’acquisizione della Tenuta Casadei a Suvereto (Val di Cornia). E quella per gli autoctoni in Sardegna, con Olianas. Annata fresca e fastidiosamente piovosa all’epoca della vendemmia, tanto che i ricordi vanno alle ventole usate per asciugare le uve. Alle botti “asciate” si affiancano i tonneaux. Buona eleganza al naso, intenso e persistente. Compatto al palato, si avvertono spessore, calore alcolico, acidità limitata, tannino dolce e un po’ di rovere in chiusura.

trebbio07Chianti Rufina Riserva Lastricato 2007
Le barrique entrano nella cantina del Trebbio, e ne usciranno nel 2010. L’andamento climatico della stagione è piuttosto disordinato: temperature inizialmente sopra la media, poi un’estate fresca e un autunno piovoso. Al naso si avvertono caramella di frutta rossa, tabacco e rovere. Palato rotondo, compatto e carnoso; alcol, potenza, tannino fine, ma il finale è un po’ stanco.

Chianti Rufina Riserva Lastricato 2011
Via le barrique, rimangono botti grandi nuove e qualche tonneau. E arrivano le anfore, a seguito di un’esperienza nel Caucaso. Giungono i riconoscimenti della critica, il Trebbio è fra i leader del suo territorio. L’estate calda determina una vendemmia anticipata. Naso da sangiovese elegante, leggero e “sorridente”,  con un tocco di cioccolato bianco. Fresco, acido e succoso, è bevibile e sfoggia un tannino fine in un finale bello anche se non particolarmente espansivo.

dscn6859Chianti Rufina Riserva Lastricato 2013
Oltre che in un Toscana Igt Sangiovese, l’anfora entra ufficialmente in scena anche nel Lastricato, fornendo un ambiente per la macerazione delle uve che si affianca all’acciaio. L’affinamento prosegue in botti da 20 ettolitri per l’80 per cento, in tonneau per il restante 20 per cento. L’annata è caratterizzata da una estate calda e da scarsa piovosità. Naso un pochino bloccato, lento ad aprirsi, enigmatico. Il vino è più leggibile al palato dove appare compatto, saporito, ancora giovane e in attesa di armonizzazioni.

Castello del Trebbio
Via Santa Brigida, 9 Loc. Santa Brigida
Pontassieve (Fi)
Tel 055 8304900
info@castellodeltrebbio.eu
www.castellodeltrebbio.it

altre immagini: le vigne d’inverno e un momento della degustazione

 

Riccardo Farchioni

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