Valle Isarco focus – Profondo bianco. I vignaioli di Fié: Gumphof, Bessererhof, Wassererhof

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20171010_124424Cominciamo da qui, dalla Bassa Valle Isarco, ovvero dalla porzione di valle che incontriamo per prima provenendo da Bolzano, se diretti verso il Brennero. Un “posto di mezzo”, così definiresti il comune montano di Fié allo Sciliar da un punto di vista microclimatico e della vocazione viticola. I ripidi costoni sui quali si aggrappano i vigneti contornano i primi pendii e le prime curve ansimanti che conducono verso il massiccio dello Sciliar e l’Alpe di Siusi, ad altitudini comprese fra i 350 e i 550 metri (ma verso Fié, che rimane all’interno, si sale e di molto). Rappresentano la prima cesura, e la prima concessione alla luce, in grado di distoglierci dagli “obblighi” di un fondovalle che qui si fa ancora nervoso e stretto. Da quei vigneti, la sensazione di una vertigine. Giù in basso, il biscione infinito dell’AutoBrennero con il suo eterno ronzìo. Eppure quassù si compie il miracolo, da che ti sembra di respirare purezza.

waererhof_vigneLe esposizioni guardano perlopiù ad ovest, al sole del pomeriggio. Pur essendo relativamente prossimi a Bolzano, al mattino ci vuole il maglioncino anche se siamo a settembre. Perché le escursioni termiche non scherzano affatto, e giocano il loro bel ruolo da protagonista nel sancire l’unicità microclimatica di questa enclave a suo modo “frontaliera”, combattuta fra istanze mediterranee e tentazioni più alpine grazie all’incrocio dei venti- tiepidi e gardesani da un lato, freddi e dolomitici dall’altro – e delle temperature.

Eppure, se chiedi ai vignaioli di Fié quale sia, a loro modo di vedere, il fattore determinante in grado di riflettersi maggiormente sul carattere dei vini, non hanno dubbi: i suoli. Di origine morenica, come tutti i suoli della Valle, la roccia madre è costituita da porfidi quarziferi (con aggiunta di graniti nella zona di Novale di Fié), mentre gli strati più o meno profondi di terreno accolgono una tessitura sabbiosa, sporadicamente intervallata da innesti argillosi.

vigne-e-sciliarE’ da questi suoli che si pompa freschezza e salinità; è da lì che si origina nei vini una profilatura naturalmente più affusolata che ampia. Anche se mai si raggiungerà la rarefazione, la “verticalità” e la leggerezza dei bianchi prodotti nella parte settentrionale della Valle, perché nei vini di Fié vi resterà impressa una marca più fibrosa, calda, incisiva, fra le cui concause vanno annoverate l’insoleggiamento e la scarsa piovosità dei luoghi.

Non sorprenda perciò se in questa enclave vocata e world apart vi si coltivino vitigni sostanzialmente differenti rispetto a quelli che incontreremo più a nord, nella zona classica della Valle Isarco, a decisa dominante teutonica e austriaca. E’ terra di Pinot Bianco e di Sauvignon, questa, ma non solo. E’ dove permangono più vive le tracce di un passato “in rosso” per i vini della Valle, qui rappresentate dall’uva schiava, ancora oggi portavoce accreditata di una antica tradizione fortunatamente mai andata del tutto disperdendosi.

GUMP HOF, NEL PAESE DELLE FARFALLE

Markus Prackwieser (Gump Hof) - foto di Hannes Niederkofler
Markus Prackwieser (Gump Hof) – foto di Hannes Niederkofler

Markus Prackwieser è un tipo sveglio, curioso, comunicativo, solare; ed è nato e cresciuto lì, al maso Gump di Novale di Présule, terra di farfalle e di vigneti. Nei gesti, nei modi, non vi scorgi quel carattere riflessivo ed introverso che è solito accompagnare le movenze dei produttori isarcensi. Che sia poi realmente appassionato del proprio lavoro te lo fa capire fin dai primi giri di parole, senza ostentare alcunché. Indubbia la simpatia del personaggio, forse ereditata dal padre Hans, pimpante, ironico e scherzoso ultranovantenne, figura carismatica a cui Markus deve molto, perché fu grazie alle sue intuizioni – Hans era un frutticoltore e un conferitore di uve presso la cantina sociale di Gries –  se alcune vecchie pergole di schiava vennero reinnestate a pinot bianco negli anni Ottanta del secolo scorso. Mai intuizione fu più “galeotta”.

20171010_125102 Il passaggio epocale dal conferimento di uve all’affrancamento produttivo avviene sotto l’impulso del giovane Markus, il quale, fresco di studi enologici, non vedeva l’ora di tramutare le proprie idee nei vini figli suoi, e così ha fatto a partire dalla fine degli anni Novanta, da quando gli venne intestata l’azienda da parte dei suoi familiari. Eh già, le idee, poche ma buone, così come pochi ma buoni sono i vitigni su cui sono andate focalizzandosi le attenzioni: pinot bianco, sauvignon, gewürztraminer, schiava e pinot nero.

I risultati eclatanti ottenuti grazie soprattutto ad emblematici Pinot Bianco, hanno sancito fin da subito un talento e una vocazione, affermando questa piccola cantina nel novero di quelle più “in vista” dell’intera regione.

20171010_110916Nei bianchi di Gumphof colpisce l’implacabile nettezza del disegno, la messa a fuoco stilistica, il grado di definizione. E la maniera con cui quella nettezza resta al servizio del sapore, impreziosendo le trame di dettagli sottili senza mai far pendere troppo la bilancia dal lato della tecnica e della cura formale, pure evidenti.

Di quei vini ne apprezzerai la droiture, l’assenza di fronzoli, la limpidezza gustativa, la precisa connotazione varietale. Così come la profondità, racchiusa in profili sinuosi e sfumati, ricchi e interiorizzati al contempo, lì dove persino l’inflazionatissimo Gewurz riesce a sterzare dalla fisionomia opulenta e primattrice che siamo soliti riconoscergli per incanalarsi in un registro espressivo maggiormente incline alla flessuosità e alla freschezza, acquisendo in tal modo un temperamento più nordico, versatile e “verticale”.

I VINI DI UN GIORNO

20171010_120201Alto Adige Pinot Bianco Mediaevum 2016

Fra i Pinot Bianco della casa, il vino entry level. Il fatto che non di rado gli capiti di essere un bel vino la dice lunga circa le reali potenzialità. Il 2016 sfrutta appieno l’annata propizia: elegantissimo, succosissimo, purissimo, gioca in filigrana la sua partita alimentandosi di vibrazioni acido-saline, corredate da una delicata florealità e da un frutto maturo al punto giusto. Concessivo quanto vuoi, ma irresistibile.

Alto Adige Pinot Bianco Praesulis 2016

Ecco la selezione più conosciuta, frutto della cernita delle uve migliori ricavate dalle vecchie pergole di pinot bianco. E il respiro si fa più ampio, più signorile e più riflessivo rispetto al vino precedente. Fiori bianchi, menta e spezie concorrono a delineare un quadro quintessenziale, esatto, senza sbrodolature. Il sorso è saldo, lunghissimo, di esaltante compiutezza. Senti l’importanza, e il peso, di un corpo che Mediaevum non possiede.

Alto Adige Pinot Bianco Riserva Rénaissance 2014

Ultima arrivata in casa Gumphof, la linea più ambiziosa, quella che intende mettere alla prova le potenzialità del vitigno con affinamenti più lunghi e l’uso del rovere (grande). Splendida l’articolazione, elegante il passo, sapido, lungo e ancora incisivo nei contrasti, a sottolineare razza e gioventù. Ah, dimenticavo, uscita in commercio ottobre 2017.

Alto Adige Sauvignon Praesulis 2016

E se ai Pinot Bianco si lega gran parte del mio coinvolgimento emotivo, devo parzialmente ricredermi al cospetto dei due Sauvignon di oggi, per convenire che di protagonisti, qui, ve n’è più di uno. Praesulis è davvero composto, fine, maturo, continuo nello sviluppo, non molla la presa e lo fa con garbo e dedizione, quale ispirato mélange di fiori bianchi e sambuco.

Alto Adige Sauvignon Riserva Rénaissance 2014

Come se non bastasse, la selezione “alta” di Sauvignon ribadisce tutte le ragioni di una annata ispirata grazie ad una forza espressiva, ad una pienezza di succo e ad una giustezza che non lasciano adito a dubbi. Luminoso e varietale, il suo è un gusto scolpito nel sale e nella balsamicità. Mantiene grip, è giovane, è succoso, e odora di futuro.

Alto Adige Gewürztraminer Praesulis 2016

Ecco un Gewurz che apre la strada ad un nuovo refrain, non così tipico se stai alle espressioni più classiche e risapute della categoria, ma in grado di introiettare il territorio, il suo territorio, come pochi. Ulteriori declinazioni sul tema le incontreremo più a Nord, in piena Valle Isarco, ma intanto questo Gewurz “frontaliero” ti vien proprio da berlo, grazie al contrasto, alla sinuosità e alla freschezza, senza bisogno di ricorrere a “sdolcinate dolcezze”.

Alto Adige Schiava Mediaevum 2016

Eccola qua, ineccepibile e gustosa, di piccoli frutti rossi e leggero cuoio, la Schiava che sempre vorresti al tuo fianco sulle tavole imbandite. Oltre la spigliatezza c’è un di più però, che ha a che vedere con l’eleganza. Ed è un bel vedere.

Alto Adige Pinot Nero Praesulis 2015

Se ti affacci dalla terrazza del maso riesci a scorgerlo, quello sperone roccioso sui 550 metri di altitudine dove Markus ha inteso piantare pinot nero. Perché lui ama il vino Pinot Nero. E perché pensa che la matrice argillosa di quella parcella possa giocare a favore di profondità e di compiutezza. Ha un bel coraggio, da che le tentazioni alcoliche a queste latitudini potrebbero giocare brutti scherzi all’esigente vitigno borgognotto. E mentre il 2015 non è stata una annata ideale per i bianchi, così non direi per questa accordata versione di Pinot Nero. L’aspetto che risalta di più? L’assenza di cadenze amarognole o astringenti, un leit motiv più che conclamato fra la genia dei Pinot Neri altoatesini. Ecco, qui il vino assume il suo bel respiro di gradevolezza; se vogliamo, un alito fin troppo dolce al gusto, probabile lascito dei legni piccoli, ma l’equilibrio di fondo è apprezzabile e lascia ben sperare.

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BESSERERHOF: VOCAZIONI E SPERIMENTAZIONI IN CASA MAIR

Rosmarie e Hannes Mair (Bessererhof)
Rosmarie e Hannes Mair (Bessererhof)

Dal maso Gump al maso Besserer saranno sì e no cento metri di strada. Ci troviamo sullo stesso versante, praticamente in contiguità. Eppure qui le cose cambiano, e con le cose gli intendimenti e le visioni. Te ne accorgi fin da subito per via della gamma affollata di etichette con cui ti si presenta il conto, sia pur a fronte di 5 ettari complessivi di vigna. Così come dal fatto che non si parla di un solo sito produttivo, quello in cui ci troviamo, bensì di tre. Gli altri due si trovano rispettivamente a Fié, a 800 metri slm, e addirittura a Tiso, in Val di Funes, un luogo via dalla pazza folla al quale abbiamo già accennato nella introduzione alla Valle Isarco, caratterizzato da esposizioni a mezzogiorno e da altitudini mirabolanti (900 metri).

Al maso Besserer l’affrancamento produttivo, dopo anni e anni di conferimenti, ha preso piede a partire dal 1998, quando Otmar e Rosmarie Mair decidono di imbottigliare i loro primi vini. Oggi siamo alla quarta generazione di vignaioli. Quel giorno d’ottobre Otmar non c’era, stava poco bene, una cosa noiosa. Mi spiace non averlo potuto conoscere, anche se ho intuito essere la moglie Rosmarie la figura iconica e carismatica della famiglia.

20171010_103335Eppoi c’è una novità, già inserita a tutti gli effetti nell’ambaradan produttivo: Hannes Mair, figlio di Otmar e Rosmarie. Su di lui, fresco dei suoi ventuno anni (ma già in attesa di diventare papà), poggerà il futuro aziendale, lo sento. In lui c’è un’ombra di timidezza, ma la volontà ferrea di imparare un mestiere.

Cosa conservare nei ricordi, dall’incontro con quei vini? Beh, ovviamente la polivalenza espressiva, declinata nel nome dei diversi terroir e dei diversi vitigni in gioco, dove a fronte di una sicura perizia tecnica emerge una consistenza fibrosa e un’indole schietta, magari non cesellata né finissima come in altri casi ma in grado di far lampeggiare calor buono e temperamento artigiano.

E poi due evidenze che chiamano alla mente potenzialità e vocazioni: la prima viene da Tiso (e in parte da Fié), un Kerner che conferma come da quelle giaciture puoi tirar fuori personalità, lì dove i concetti di dinamica e di leggerezza si esaltano.

La seconda non te l’aspetti, perché raramente lo Chardonnay italico smuove passioni nell’enofilo più smaliziato. Bene, in barba ai pregiudizi, qui è piuttosto frequente imbattersi in uno degli Chardonnay affinati in rovere più articolati dell’affollata compagine. Mai dire mai, quindi.

I VINI DI UN GIORNO

imgAlto Adige Pinot Bianco 2016 (uve ricavate da vigneti del maso Besserer e di Fié)

Fibroso, caldo e consistente, è vino “saporoso”, di fibra e materia. E se non c’è la distensione attesa, c’è sicuramente schiettezza.

Alto Adige Sauvignon 2016

Ben scandito da note di erba sfalciata, menta e pompelmo, l’anima semiaromatica del vitigno pone in evidenza intensità e nitore. Incisivo all’attacco, più svagato negli allunghi.

Valle Isarco Kerner 2016 ( da vigneti in Fié e Tiso)

Elegante, succoso, pervasivo, dagli invitanti profumi floreali, dalle suggestioni di uva moscato e dalle nuance di pesca matura, è una imponente corrente d’acidità a spingere le trame sulla verticalità e sullo slancio gustativo. Il residuo zuccherino contrasta e rimpolpa da par suo, garantendo equilibrio e gradevolezza. Senza dubbio il vino più fine di oggi.

Alto Adige Moscato Giallo 2016 (vendemmia fine ottobre/novembre)

Buona definizione aromatica e buona chiarezza espositiva, ad annunciare un vino impettito, pulito, fresco, beverino, senza mai risultare tagliente.

Alto Adige Gewürztraminer 2016

Anche in questo caso, come già fu per il vino di Gumphof, mi convince l’originalità espressiva, che si muove sul piano del contrasto e del chiaroscuro, lasciando affiorare la sapidità. E’ fibroso, rugoso, scattante, profumato, e in sua compagnia starai bene.

img1Alto Adige Chardonnay Riserva 2015 (affinato in tonneaux)

Davvero elegante ‘sto Chardo, in cui la timbrica del rovere si risolve in un delicato commento fumé, in accenti “cerealicoli” e in un tatto carnoso. Scortato da note di agrume e fiori, è in grado di spingere confortato da una struttura adeguata e da un adeguato anelito di purezza.

Alto Adige Schiava 2016

Assume la dimensione del vino semplice e compagnone. Ma la Schiava è anche questo, e quella parte gli viene proprio bene.

Zweigelt “Roan” 2013

La manifattura e l’affinamento ne hanno smussato l’ardore giovanile: il tratto appare civilizzato, la tattilità levigata, il tannino assai morbido. Insieme concorrono ad ammansire la sanguigna selvatichezza della prim’ora, per restituirgli un respiro ordinato, accogliente, disciplinato, screziato dai sentori del cuoio e delle erbe officinali.

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LA MAGIA CONTADINA DEL MASO WASSERER

20171010_131137Per arrivare al maso Wasserer dobbiamo spostarci più a nord, dalle parti di Campodazzo. Precisamente, a Novale di Fié. Ecco, da lì alla piena fascinazione verso quel luogo in cui il tempo tende a confondersi, e a confonderci, è un attimo. I fratelli Christoph e Andreas Mock lo acquistarono una ventina di anni fa. Veniva da periodi movimentati che avevano lasciato tracce di incuria in questo stupendo esempio di architettura rurale del tredicesimo secolo. Nella accurata e minuziosa ristrutturazione di cui è stato fatto oggetto c’è un di più che lo rende oggi maledettamente affascinante, caldo e affettuoso. Perché in quegli interni si è deciso di dare spazio all’ospitalità e all’arte della condivisione, ricreandovi un’osteria contadina.

20171010_143919Intendiamoci, per come è fatto, per come è arredato, per come è stato concepito, è un posto in cui invariabilmente potrebbe starci un tre stelle Michelin o una osteria. Nel frattempo l’attività di ristorazione è stata affiancata dalla produzione enoica, attività di cui si prende cura Christoph, che gestisce i pochi ettari di vigna disposti dirimpetto al maso su un ripido costone che guarda ad ovest e nei quali coltiva con spirito artigianale pinot bianco, pinot grigio e sauvignon.

fratelli-mockE’ l’appendice isarcense che va a completare i possedimenti familiari di Coste, nei pressi di Bolzano, quelli del maso Mumelther per intenderci, un nome sicuramente in grado di scuotere papille e curiosità degli appassionati più attenti alle vicende enoiche riguardanti l’Alto Adige. E’ lì che Christoph produce un goloso Santa Maddalena a dominante schiava e un ambizioso Cabernet concepito secondo i dettami della “moderna” enologia.

Cristoph Mock (Wassererhof)
Cristoph Mock (Wassererhof)

A Novale i Mock producono invece due vini bianchi a partire dal 2013, le cui uve traggono vantaggio dai substrati porfirici e dai terreni ferruginosi e parzialmente argillosi di quel versante, nonché da uno stile interpretativo che vede di buon occhio l’affinamento in rovere e l'”ingrassaggio” delle masse dovuto ad un prolungato contatto con le fecce fini.

La fisionomia che se ne esce di lì si fa garante di vini riflessivi, lenti, a lunga gittata, dove la cremosità del tratto e la densità concorrono a delineare profili complessi e mai scontati, adeguatamente sferzati dalla corrente acida e da una leggibile scorta salina, dote quest’ultima a cui la maturità del vigneto saprà apportare maggiore evidenza.

img1I VINI DI UN GIORNO

Alto Adige Sauvignon 2016

Profumi silenti, linfatici, di delicata introversione. In bocca è succoso, vivo, ha un bel tatto. Senti che è un vino lento, progressivo, che ancora abbisogna di bottiglia, eppure la sua ritrosia ti intriga perché non dà niente per scontato e non si adagia su facili cliché. Il brivido salino, nel frattempo, annuncia futuro.

Alto Adige Pinot Bianco 2016

wasserer-etiBella ampiezza, incisivo, diffusivo, decisamente linfatico-mentolato, con ritorno di resine dolci e vaniglia legate all’élevage in tonneau. E’ fresco, caldo di alcol, adeguatamente arioso, sia pur non molto profondo. Ma all’aria, se lo attendi, troverà un afflato di signorilità, con l’umore dei cereali e con un incedere terragno che non si dimentica dell’eleganza, tanto da richiamare alla mente un affiatato Chardonnay in odor di Borgogna.

Visite in azienda effettuate nel mese di ottobre 2017. Assaggi effettuati da ottobre a dicembre 2017.

Contributi fotografici, in ordine di apparizione: vigneti del maso Gump; vigneti Wassererhof a Novale di Fié, vigneti di Fié con sullo sfondo lo Sciliar

FERNANDO PARDINI

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