La molecola del pisello

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Anche il semplice e banale pisello entrerà sicuramente nell’universo sconfinato della cucina molecolare, che sta inebriando il naso ed il palato dei raffinati amanti della gastronomia più avanzata e creativa.

Il suo nome tecnico era “pisumellina”. Una delle tante, numerosissime molecole che vivevano e lavoravano duramente in quel vegetale relativamente poco complicato. A dirla con parole semplici era soltanto una proteina idrolizzata, come ce ne sono tante, ed il suo compito era abbastanza noioso: doveva solo avvertire altre compagne più addestrate ed istruite ad attaccare le tossine degli acari che venivano sovente a rompere le scatole. Un lavoro monotono, ripetitivo, senza mai alcuna possibilità di diventare una vera eroina. Al massimo qualche timido cenno di ringraziamento en passant da parte degli ufficiali di grado più basso delle truppe d’assalto. Ah, quelle sì che erano molecole famose e rispettate da tutti.

Comunque quella era la sua vita ed il suo mestiere, sempre uguale da tempo immemorabile, lì, in quella struttura vegetale senza infamia e senza lode che portava il nome scientifico di “pisum sativum”, ma che altro non era che un normalissimo e banale pisello verde. Sebbene così piccola riusciva a farsi un’idea del mondo di giganti che la circondava. Sapeva benissimo che non faceva parte di una pianta cresciuta tra le erbacce, allo stato brado, sporca e selvatica. No, no, la sua nasceva da semi selezionati, veniva innaffiata regolarmente, accudita costantemente da quella enorme creatura sicuramente molto anziana che ogni giorno veniva ad ispezionarla ed a toglierle dattorno tutto ciò che poteva dare fastidio ad una crescita tranquilla e sicura. Ogni tanto le faceva fare anche il bagno con un liquido frizzante che giungeva come grosse gocce fino a lei e che le dava nuovo vigore ed energia. Qualcosa di nuovo in quella vita monotona e ripetitiva. Basta che non esagerasse però, perché dopo quella spruzzata non si vedevano più acari per un bel po’ e lei piombava nuovamente in una noia mortale. Vedeva anche benissimo che la vecchia non faceva mancare niente alla sua pianta ed alle compagne vicine. Le predisponeva anche una complicata palestra per poter fare ginnastica ed arrampicarsi facilmente fino a grandi altezze. In tal modo i frutti, di cui lei faceva parte integrante, crescevano liberi e carichi, senza paura di cadere e sporcarsi nel fango. Niente da dire: una vita da gran signora per tutta la piantagione e per lei, piccola ed anonima molecola idrolizzata. In fondo si sentiva abbastanza privilegiata, anche in una situazione di fastidiosa monotonia. Sapeva perfettamente che prima o poi l’avrebbero raccolta con il suo baccello di pisum sativum e sarebbe andata ad arricchire la schietta e semplice cena della famiglia dell’anziana persona che l’aveva coccolata per tanti mesi. Almeno così si tramandava da sempre. E tutte loro, dalle più importanti alle più comuni, aspettavano con ansia quel momento che le avrebbe immerse in un mondo del tutto nuovo e misterioso. Ma quella volta non andò così …

Non fu la vecchia a raccogliere i frutti della sua pianta, ma un giovane aitante e dalla parlantina sciolta. Sentì che discuteva con gli altri membri della famiglia e diceva parole strane, ma che sembrava gli dessero grande gioia e felicità: “diventeremo ricchi, cari miei. Sono riuscito a vendere i nostri piselli ad un famosissimo ristorante in cui lavora una specie di scienziato con il cappello da cuoco. Sa fare di tutto e dice che trasformerà i nostri vegetali in qualcosa di veramente eccezionale. Non chiedetemi in che cosa, non ho capito niente, ma l’importante è che ce li pagherà a prezzo altissimo. L’ho convinto che buoni come i nostri non ne avrebbe trovato da nessuna parte. Ma in fondo sembrava interessargli ben poco il prezzo: è sicuro di guadagnare cifre astronomiche. Contento lui e contenti tutti noi”.

E fu così che il baccello della piccola molecola finì insieme a tantissimi colleghi su un tavolo freddo e luccicante, come fosse in un ospedale o meglio in un laboratorio di chimica. Tuttavia non finirono in pentola, come ampiamente previsto, ma sotto un microscopio elettronico. Accidenti! la pisumellina si sentiva imbarazzata e piena di vergogna ad essere guardata e studiata così da vicino. Dov’era finita la privacy? Si accorse presto però che quella vita da “diva” era molto meglio che quella semplice e banale di campagna. E pensare che pochi giorni prima si sentiva una signora solo perché le stavano un po’ dietro. Che ingenua era stata. Ora sì che era al centro dell’attenzione, sotto le luci del successo, colpita dai flash e da decine di occhi che la scrutavano e la ammiravano. Era diventata una VIP! Ma, ancora più importante,  proprio lei, così snobbata in quel campo sconosciuto, era diventata la primadonna. Altro che tossine per gli acari!

Un giorno arrivò addirittura il capo di tutti, il grande cuoco, con lunghi guanti sterili ed uno sguardo tagliente come un rasoio. Intorno a lui si fece silenzio e le sue mani si mossero con una rapidità e sicurezza impressionanti. Per mezzo di strumenti mai visti precedentemente, stava sezionando il suo frutto con una maestria quasi irreale. Separò le varie molecole con sapienza e precisione e lei, e le sue sorelle, furono trasportate in un contenitore a parte. Guardò le truppe d’assalto e le altre compagne, una volta piene di boria e sussiego, con uno sguardo altezzoso e superbo: “chi è più importante adesso?” e si lasciò andare a quella sensazione di piacere infinito. Dopo parecchi minuti trascorsi in quella provetta trasparente, a momenti di pura estasi cominciarono però a sovrapporsi anche attimi di ansia e timore. Cosa sarebbe successo adesso? Non tardarono molto a saperlo. Nel giro di pochissimo si sentirono cadere addosso una folla di cose nere e ciarliere. Erano sicuramente straniere perché faceva fatica a capire la loro lingua. Il grande cuoco-scienziato cominciò a ruotare il contenuto della provetta e ad obbligarle a condividere il poco spazio a disposizione con le nuove venute. Lei non era razzista, ci mancherebbe, nel mondo vegetale quelle stupidaggini non esistono, ma la vicinanza con quelle intruse dal profumo forte ed intenso la mise un po’ a disagio. Venne a contatto stretto con una di esse e riuscì a capirne l’origine.

Era anch’essa una molecola (“trigonellina” probabilmente o qualcosa del genere), proteina del caffè, un seme che nasceva all’altro capo del mondo. Al pari della pisumellina era abbastanza frastornata e le disse che solitamente finiva in tazzine bianche per essere bevuta a temperature che la facevano vibrare tutta. Ma una cosa del genere non l’aveva mai vista e mai sentita prima. Si guardarono attentamente e si studiarono a lungo. Mah, malgrado la simpatia reciproca che era nata per essere entrambe in preda allo sgomento ed alla meraviglia, le sembrava che non avessero proprio niente in comune. Ma non solo lei la pensava così. Era infatti un’impressione generale e molte lo dissero apertamente: “questo miscuglio è ignobile! I profumi sono sgradevoli e mal assortiti, senza parlare del gusto.” Quello sfogo venne condiviso dalle straniere, anch’esse sicure di essere capitate in una mistura assurda. Tuttavia dovettero rassegnarsi al loro nuovo stato di prodotto innovativo e creativo.

Il grande cuoco-scienziato le manipolò in vari modi, con la consueta maestria, ma tutte loro cominciarono a vederlo come un personaggio bislacco e forse con qualche neurone (loro lontani parenti che vivevano nei cervelli umani) fuori posto. Non ci sarebbe stato niente di male, in fondo, tranne che quel tizio le obbligava a condividere un’esistenza altrettanto strampalata ed oltretutto sgradevole. Finirono in tavola sotto forma di ammasso gelatinoso, versato, con grande eleganza, sopra un pezzo di carne o qualcosa che la ricordava lontanamente. Tutt’attorno c’era un lusso sfrenato ed un silenzio da sala operatoria. Doveva essere un momento eccezionale per quelle persone che stavano per mangiarle. Sentiva i loro commenti appena sussurrati: “accidenti che prezzi! Sembra di avere l’oro nel tavolo. Però ne vale certamente la pena. Senti che profumi?” Lei era finita in un tavolino d’angolo, dove c’era una giovane coppietta sicuramente un po’ a disagio in quell’ambiente rarefatto. Accidenti! Ma lui lo conosceva. Si, si, era proprio il nipote della vecchia che l’aveva allevata tanto tempo prima (le sembrava un secolo). Non sembravano troppo convinti degli aromi che salivano al loro naso. Il maschio provò a mettere in bocca quello strano miscuglio e fece fatica a non sputarlo direttamente nel piatto costosissimo e gigantesco.

La ragazza lo redarguì severamente, ma non tentò nemmeno di imitare il fidanzato. Si guardarono negli occhi, quasi spaventati: “che facciamo adesso? Non possiamo certo avanzarla … che figura faremmo? Guarda gli altri come sembrano mangiare convinti ed assorti. Niente da fare. Rimaniamo proprio dei contadini, anche se vestiti da gran signori”. Poi adocchiò un cestino della spazzatura all’altro lato della stanza ovattata, vicino alla porta della toilette. Decise di tentare il tutto per tutto e si diresse in quella direzione, finse di andare in bagno, ed infine, con un abile gesto, si impossessò del contenitore e lo portò vicino al loro tavolo. Un signore serio e compassato purtroppo lo vide. Annusava, chiudeva gli occhi, sembrava fare un’analisi biochimica in diretta. Doveva essere sicuramente un grande intenditore ed infatti lo fulminò con uno sguardo fiammeggiante. Il giovane, benché imbarazzato, fece finta di niente e concluse la sua pericola missione. Pazienza, l’importante era che non parlasse. Prese il suo piatto e quello della ragazza e fece in fretta a svuotarli nel cestino. Accidenti! Era già pieno di altri avanzi … ma allora non erano i soli ad avere avuto quel senso di repulsione così rozzo e ignorante. Guardò di nuovo il grande assaggiatore e capì il suo disappunto: gli aveva portato via il cestino per la spazzatura, la sua unica salvezza!!

In quell’attimo, lo stesso pensiero attraversò sia i neuroni della coppia che la stessa pisumellina finita in quel lurido contenitore: “com’erano buoni i minestroni della nonna!”.

Il giorno dopo il grande intenditore scrisse un lungo articolo da premio letterario su quella meravigliosa cena, proponendo il sommo chef per il premio Nobel. Ma non tornò mai più in quel tempio della gastronomia creativa …

Vincenzo Zappalà

4 COMMENTS

  1. @ Cristina,
    in realtà no…. ma sono sicuro che da qualche parte sia capitato certamente….
    a presto

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