Il diario del secondo lockdown. 3-8 dicembre

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Giovedì 3 dicembre

Il nuovo decreto blinda il Natale (non saranno permessi spostamenti tra regioni, anche di colore giallo, dal 21 dicembre al 6 gennaio, e tra comuni nei giorni delle festività; coprifuoco alle 22), mentre l’Italia registra il più alto numero di morti – 1000 – dall’inizio della pandemia.

Francis Ford Coppola annuncia l’uscita il 10 dicembre in home video del director’s cut del Padrino parte III con il nuovo titolo Il padrino Coda – La morte di Michael Corleone.

Riguardo U.S.S. Callister, primo episodio (scritto da William Bridges e Charlie Brooker, che è anche lo showrunner, e diretto da Toby Haynes) della quarta stagione della serie Black Mirror, tra le più visionarie e profetiche del nostro tempo. Per vendicarsi delle frustrazioni quotidiane (nella società di cui è co-fondatore nessuno lo rispetta, a partire dal suo socio), il geniale programmatore Robert Daly (Jesse Plemons) usa il Dna dei suoi colleghi per trasportarli come alias digitali nella dimensione parallela di un’avventura spaziale, parodia di Star Trek, infliggendo loro una serie di umiliazioni. La nuova arrivata, Nanette Cole (Cristin Milioti), guiderà la rivolta. Tra Ai confini della realtà, Starship Troopers e Inception, è uno degli episodi più vertiginosi e inquietanti dell’intera serie.

Il Saussignac 2004 di Château Le Payral è una chicca assoluta (in Italia lo distribuisce Bellenda). Pressoché sconosciuta, dislocata in un angolo laterale del sud-ovest francese, in Dordogna, la piccola appellation Saussignac produce esclusivamente vini dolci da uve botritizzate ed è meno nota del limitrofo Monbazillac come del più lontano Jurançon. Sono solo quattro i comuni di riferimento: Saussignac, Razac-de-Saussignac, dove risiede il domaine, Monestier e Gageac-Rouillac.

Thierry e Isabelle Daulhiac ne producono una versione territoriale, esemplare, da uve sémillon (60%), muscadelle (25%), sauvignon blanc (15%) con tre passaggi in pianta tra metà ottobre e metà novembre, e fermentazione in barrique, dove il vino matura per un anno. Luminoso colore arancio vespertino. Sentori di muffa nobile stemperati in un letto di confettura d’arancia amara, mele cotogne, caramelle d’orzo, miele. Palato denso ma non troppo, di moderata alcolicità e temperata dolcezza, con sensazioni di albicocca e scorza d’arancia. Si allunga lentamente nel finale con il tatto felpato di un macaron.

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Venerdì 4 dicembre

Pioggia battente.

«Diego Maradona era circondato da sciacalli, in vita e in morte. Gravemente depresso e con un disturbo bipolare, iperteso, cardiopatico e vittima di sostanze e alcol, Maradona non aveva neppure il libero uso del cellulare: ne possedeva soltanto uno a schede e gli dovevano fare la ricarica, come a un ragazzino. Non si curava, non mangiava più, dormiva su un materasso gettato a terra, accanto al wc chimico portatile chiuso da un pezzo di cartone: Maradona riposava così e così è morto, a pochi centimetri dai suoi bisogni» (Maurizio Crosetti, la Repubblica). Leopoldo Luque, il “dottor morte”, e Matia Morla, che gestiva il patrimonio di Maradona, rischiano l’arresto. Nel frattempo è stato prelevato il Dna dell’ex campione per le cause di paternità.

La ventiquattrenne calciatrice spagnola Paula Dapena, che milita nel Viajes InterRías, è stata minacciata da ogni parte del mondo (soprattutto dall’Argentina e dall’Italia) per essersi rifiutata di omaggiare la memoria di Diego Maradona, sedendosi di spalle invece di rimanere in piedi durante il minuto di silenzio. «Mi hanno scritto che se vivessi in Argentina sarei già morta. Alcuni comportamenti di Maradona sono imperdonabili e credo che non dovrebbe essere considerato un idolo dai bambini».

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Sabato 5 dicembre

Ancora pioggia.

Piovono tegole sul capo della Juventus. In merito all’esame di italiano sostenuto lo scorso 17 settembre presso l’Università per Stranieri di Perugia dal giocatore Luis Suarez, in predicato di passare alla Juventus con passaporto italiano (poi l’affare saltò), e rivelatosi una farsa, il Procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha rilasciato un comunicato in cui dichiara che la dirigenza juventina avrebbe fatto pressione per accelerare il riconoscimento della cittadinanza italiana del giocatore.

È inoltre emersa la notizia che Fabio Paratici è iscritto nel registro degli indagati per aver chiesto aiuto alla ministra e sua amica Paola De Micheli, la quale avrebbe fornito al dirigente del club bianconero il contatto di una persona al Ministero dell’Interno. Sono indagati anche i legali della Juventus Luigi Chiappero e Maria Turco. Nel frattempo sono stati sospesi dal pubblico ufficio la Rettrice Giuliana Grego Bolli, il direttore Simone Olivieri e due professori dell’Università per Stranieri.

Nell’ultima versione del 2016, Maradona ha escluso dal testamento l’ex moglie Claudia e le figlie Dalma e Giannina.

Nel Barolo Vigna Enrico VI 1997 di Cordero di Montezemolo il tempo ha attenuato le lusinghe laccate del rovere piccolo in una dimensione più modulata. È ancora speziato e spiccatamente balsamico.

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Domenica 6 dicembre

Giornata grigia, piovosa, umidiccia.

«Il Viminale mobilita settantamila tra agenti e militari per i controlli durante le festività natalizie. È questo il piano del ministro Luciana Lamorgese per il rispetto delle norme anti assembramento: “Ma serve che tutti siano responsabili”, dice» (Corriere della Sera).

Il Milan sbanca anche Genova vincendo con la Sampdoria per 2-1 e si candida ufficialmente per il titolo.

L’Essenzia 2013 di Pojer e Sandri è come una lampada aromatica di Aladino: escono tutti i profumi del mondo, o quantomeno del mondo della vendemmia tardiva e della muffa nobile di montagna. Il colore è dorato-brillante, i profumi spaziano dalla botrite agli agrumi canditi, dalla frutta esotica alla scorza d’arancia. Il palato è succoso, rinfrescante, cristallino, con finale di pompelmo e litchi.

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Lunedì 7 dicembre

Giornata uggiosa.

Assaggio a casa i vini della cantina Le Barbaterre, che si trova a Bergonzano di Quattro Castella, sulle colline reggiane. Fondata dal pubblicitario Massimiliano Bedogni nel 1998, è oggi di proprietà di Maria Grazia Lugo e Franco Garzotti. I vigneti, a conduzione biologica, sono esposti a sud tra i calanchi calcarei di una vallata aperta che riceve i freddi venti dell’Appennino. L’incidenza del microclima è determinante, soprattutto nei frizzanti della casa, rifermentati in bottiglia e sferzanti come il vento.

Il Palê ‘D Ôr 2018 è un originale sauvignon delicatamente fragrante, limonoso, tagliente e croccante, quasi irriconoscibile nel suo lato varietale più conosciuto e talvolta banale.

Il Besméin Capolegh 2018, marzemino in purezza, ha un colore buccia di cipolla-cipria, il profumo delle rose, delle peonie, delle fragoline di bosco, e un sorso succoso, selvatico, fresco, piacevole, dalla carbonica sottile.

L’Arsân 2017, uvaggio di lambrusco grasparossa, lambrusco salamino e malbo gentile, ha veste rubino leggero, olfatto di lampone e rabarbaro, un palato agile, pimpante, dai toni di frutti di bosco acidi, di bella effervescenza, dal fondo aspro, selvatico, saporito.

Il Lambruscante Metodo Classico Brut Nature Millesimato 2016 ha lo stesso uvaggio dell’Arsân (“reggiano” nel dialetto locale, questo tipo di taglio è tipico della provincia), un colore rosa confetto, un naso di fermenti selvatici, di frutti di bosco e bergamotto, un palato asciutto e contrastato, secco e arioso, fresco e ficcante, dal finale di tamarindo.

Di colore paglierino limpido, il Blanc de Noirs Metodo Classico Brut Nature 2012 ha un originale naso di foglia di limone e nepitella, di erbe fresche e aromatiche, una carbonica viva e avvolgente, e un carattere di menta fresca e balsamica che lo rendono un pinot nero in versione inedita, quasi trasfigurata.

Il colpo di scena arriva però dal Pèder 2018, un pinot nero in rosso che invece esprime le caratteristiche più tipiche di questo vitigno, inaspettate a queste latitudini: colore granato, profumi di piccoli frutti rossi, umori di terra, di spezie, palato modulato e succoso, dalle note di lampone e ribes rosso.

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Martedì 8 dicembre

Pioggerellina insistente nell’aria.

È difficile non tornare a parlare di Maradona.

In Un diez de cuero blanco Federico Buffa racconta la giovinezza di El Diego. Gregorio Carrizo, detto El Goyo, il suo gemello ai tempi de Los Cebollitas, “Le Cipolline” allenate da Francisco Cornejo (136 partite consecutive senza sconfitte), aveva definito il suo amico del cuore come «un marziano» (sulle sfortune di El Goyo si può recuperare El otro Maradona di Ezequiel Luka e Gabriel Amiel del 2016).

A quel tempo, siamo nel 1973, Maradona ha tredici anni e nella baraccopoli di Villa Fiorito, quartiere disperato di Buenos Aires, dice palleggiando: «Ho due sogni. Il primo è giocare la coppa del mondo. Il secondo è vincerla». È una sequenza presente in tutti i documentari su El Diez e come tale compare anche in Maradona by Kusturica di Emir Kusturica (2008), uno dei più personali e riusciti sul Pibe de Oro. Maradona che apostrofa come “mafiosi” Antonio Matarrese, João Havelange e Joseph Blatter. Maradona che dice a Kusturica: «Emir, sai che giocatore sarei stato se non avessi tirato cocaina? Che giocatore ci siamo persi!». Maradona che si commuove mentre, di fronte a lui, Manu Chao gli dedica alla chitarra “La vida tombola”: https://www.youtube.com/watch?v=AF8Vo6GfuSg&list=RDAF8Vo6GfuSg&start_radio=1&t=9. «Si yo fuera Maradona...»

L’aquilone cosmico, come lo definì Victor Hugo Morales, che era uruguaiano, nella celebre telecronaca di Argentina-Inghilterra ai mondiali messicani del 1986, davanti al gol del secolo («Una corsa memorabile, la miglior giocata di tutti i tempi! Aquilone cosmico, da che pianeta sei venuto per lasciare lungo la via così tanti inglesi, perché il Paese sia un pugno chiuso che grida per l’Argentina? Grazie, Dio. Per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2, Inghilterra 0»), è stato, a differenza di Pelé, un personaggio scomodo e provocatorio, ribelle e contestatore, perennemente contro il sistema. «Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono com’ero io quando giocavo a Buenos Aires».

Non è stato solo il calciatore più grande che abbia mai visto giocare – in un periodo dove in Italia giocavano Falcao, Platini, Van Basten –, ma anche il più decisivo: regalò al Napoli (non alla Juve, al Milan o all’Inter, le squadre più ricche e organizzate del nord contro il cui strapotere, anche politico, si schierò il Napoli di Maradona, che rappresentò la rivincita dei più poveri, dei discriminati, dei “terroni”) la gloria con due scudetti e una Coppa Uefa, gli unici della sua storia, impossibili da immaginare senza il suo condottiero, il suo imperatore.

«La gente di Napoli si è sempre sentita unica ed esclusiva. Snob o popolare, furba o menomata, veloce o indolente, ma sempre attraversata da una ferrea, stravagante consapevolezza di essere un mondo a parte. Solo che questa consapevolezza non aveva da anni una cassa di risonanza adeguata, non travalicava il casello autostradale di Caserta. Quando arrivò Maradona, trovammo la nostra cassa di risonanza», scrive su «la Repubblica» Paolo Sorrentino, che durante il discorso nella notte dell’Oscar a La grande bellezza lo ha citato tra le fonti della sua ispirazione insieme a Fellini, Scorsese e i Talking Heads.

Il suo prossimo film, che uscirà nel 2021 su Netflix, s’intitolerà È stata la mano di Dio ed è, nelle parole del regista, che ha già cominciato le riprese, «un film intimo e personale, un romanzo di formazione allegro e doloroso», ambientato a Napoli, dove Sorrentino è tornato a girare a vent’anni di distanza dal suo esordio con L’uomo in più. A quanto pare Diego non sarà uno dei personaggi della storia, ma c’è quella scena indimenticabile di YouthLa giovinezza con Maradona in sovrappeso (interpretato dall’attore argentino Roly Serrano, uno dei suoi tanti sosia) che continua a colpire una pallina da tennis di esterno sinistro mandandola in cielo per poi farla ricadere sul suo piede. «Pioveva a dirotto. Arrivò dalle nuvole un pallone a campanile, intriso d’acqua, pesante come un tavolino da salotto. Maradona lo incollò sul piede come fosse una cosa di routine. Gli avversari non si mossero, rimasero tutti a guardare. Era meglio imparare che provare a contrastare» (ancora Sorrentino su «la Repubblica»).

La vita di Maradona come uomo e calciatore – un groviglio di arti magiche, cavalcate trionfali, rovinose cadute, scandali, sceneggiate, melodrammi, soap opera, kitsch – è il copione perfetto.

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Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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