Siccità e agricoltura: far finta di non vedere non risolverà il problema

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La drammatica situazione idrica di molte zone d’Italia, l’aumento del prezzo dei carburanti agricoli e l’anacronistica intensivizzazione delle colture stanno mettendo in ginocchio la produzione agricola, una situazione che da anni è stata preconizzata da studiosi del settore, e anche da molti agronomi che “battono le campagne” con un minimo di buon senso, ma che sembra non raggiungere nella sua gravità i decisori politici e gli amministratori, e purtroppo neanche molta della pubblica opinione, convinta che vi sia solo un tentativo di speculazione nell’innalzamento dei prezzi, cosa in parte vera ma che non rende visibile il problema nella sua interezza.

La risorsa acqua è stata considerata un fattore della produzione agricola per molti settori secondario, vista la discreta piovosità media del nostro paese e le riserve idriche molte volte disponibili naturalmente. Ma oggi due fattori stanno concorrendo alla drastica riduzione della risorsa e all’aumento dei prezzi della stessa: la bassa piovosità e il costo del gasolio. Sì perché purtroppo la maggior parte dei sistemi agricoli di pompaggio dell’acqua funzionano ancora con i motori a scoppio e con i prezzi odierni del gasolio agricolo che, seppur agevolato, ha subito aumenti medi del 40 per cento, unito alla assenza di piogge per tutta la seconda parte della primavera, ha indotto un aumento dei prezzi che non è possibile interrompere. Il problema maggiore pare essere l’assenza delle riserve idriche e le portate dei fiumi così come dei pozzi artesiani utilizzati che impedirà a breve, indipendentemente dal prezzo del gasolio, la corretta irrigazione delle colture.

Eppure, come già detto, la situazione era prevista da tempo. Nell’arco di poco più 10 anni abbiamo visto una serie di annate con una piovosità ( in Toscana) ampiamente sotto la media, che è fissata a 820 mm/anno. Il  2011, 2015, 2017, 2021 sono state annate con piovosità inferiore alla media anche del 30 per cento, e avrebbero dovuto far suonare più di un campanello di allarme. Così come lo scarso innevamento invernale delle zone montane della regione, dove oramai non si scia neanche con la neve artificiale, dato l’innalzamento dello zero termico. Ma al contrario si danno incentivi per impianti superintensivi di olivo che sono obbligatoriamente soggetti ad irrigazione, posizionati magari in zone dove già esiste una scarsità d’acqua!

Pnatelleria FOTO ANSA
Vigneti a Pantelleria (foto Ansa)

Ma tornando alla vite,  questa esasperata tendenza all’aumento dei ceppi per ettaro, uscita dalla porta con l’abbandono degli impianti di tipo bordolese, sta rientrando dalla finestra con l’espansione dell’alberello. Quest’ultimo sistema di allevamento, pur adatto a zone più siccitose, è un fattore di rischio, dato l’eccessivo numero di piante per ettaro che prevede. In realtà in zone veramente siccitose, dove la vite vive senza irrigazione, le distanze di impianto sono molto elevate per consentire all’apparato radicale della vite di poter esplorare un volume di suolo più grande, dove reperire umidità e sfruttare anche le poche piogge presenti.

Si invocano così interventi delle pubbliche amministrazioni per consentire invasi e depositi di acque piovane, molte volte anche ostacolate dalla tutela del paesaggio e dalle normative territoriali, che se adottate in maniera razionale e comprensoriale potrebbero lenire, in parte, il problema.

La verità però è diversa: se diminuiscono eccessivamente le piogge, anche gli invasi non si ricaricheranno a sufficienza e le elevate immobilizzazioni di acqua per tempi lunghi potrebbero ridurre le portate già scarse dei fiumi e le ricariche di acqua come sta già succedendo con i laghi di Nemi e di Albano, le cui immagini sono abbastanza inquietanti.

Per non parlare della irrigazione localizzata, che naturalmente concentra la disponibilità d’acqua in superfice rendendola indisponibile per l’alimentazione delle falde profonde. Sì perché se si creano invasi molto grandi, che captano acqua da comprensori vasti, la restituzione, se utilizzata per l’irrigazione localizzata, non ha effetti sulla ricarica della falda. Lo stesso effetto lo abbiamo con l’aumento dell’antropizzazione, come vediamo anche dalla seguente immagine tratta da ISPRA.

Dopo queste considerazioni non è che esiste una soluzione al problema se non nel risparmio di acqua e nella tendenza a rendere le nostre colture più efficienti nel suo uso, ma qualcosa si può e si deve fare. Lo stesso lavoro dell’ISPRA sui suoli ci dà una informazione che in parte ci consola ma che in parte ci rende ancora più consapevoli del rischio che stiamo correndo: il contenuto medio in sostanza organica è basso, ma non così come potremmo temere. Sicuramente questo è frutto dell’avanzare del bosco, che in Toscana in particolare è aumentato negli ultimi anni di migliaia di ettari, in media di 2500 ha/anno (dovuto purtroppo all’abbandono delle zone montane), ma anche delle politiche comunitarie con l’obbligo del  set aside che dal 1988 obbligava gli agricoltori a destinare a riposo una parte dell’azienda agricola.

Questa situazione è fotografata in questa mappa, dove si evidenzia la differenza percentuale dal 2 % di Sostanza organica, ritenuto un livello normale, per la zona mediterranea e per la fertilità delle colture.

Non ci stancheremo mai di ripetere l’importanza della presenza della sostanza organica nei suoli e del suo grande contributo nell’ aumentare la capacità idrica di campo e rendere quindi maggiori le riserve idriche. E di questo abbiamo le prove proprio in questo anno.

Le foto del vigneto di Andrea Picchioni in  quel di Stradella, nell’Oltrepò pavese, lo dimostrano. Con lungimiranza e sagacia Andrea ha concimato abbondantemente da anni la sua vigna con elevate quantità di letame (100 ton/anno) e qui vediamo messi a confronto i due appezzamenti con e senza l’apporto di letame. Andrea ha concimato a file alterne il vigneto in inverno: si nota visibilmente la differenza di struttura del terreno, che ha subito la stessa lavorazione.

Le foto secondo noi parlano da sole. In effetti, oltre al letame, vi sono in commercio altri prodotti naturali che possono contribuire ad aumentare la capacità idrica del terreno e che oggi stanno riscuotendo buoni risultati: ad esempio le zeoliti. Per maggiori informazioni, vi invito a visitare il sito ZEOwine , un progetto pubblico-privato sull’utilizzo di vinacce e zeolite per migliorare la fertilità e la capacità idrica dei suoli. Ma noi siamo più propensi all’utilizzo del letame per vari motivi, che avevamo già enunciato qui, in tempi non sospetti.  Non ci rimane che augurarci che la sensibilità su questi temi si concretizzi oltre i proclami, e ci si avvii in maniera spedita verso una agricoltura conservativa e rispettosa dell’ambiente capace di cogliere i veloci cambiamenti in atto, e di considerare il terreno e la sostanza organica un patrimonio da trasmettere alle generazioni future.

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Lamberto Tosi

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