Paride Chiovini, a Sizzano un’interessante verticale dedicata alla Vespolina Afrodite

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Era da tanto tempo che meditavo l’idea di raccontare le peculiarità di uno tra i vitigni autoctoni più interessanti delle colline novaresi, la vespolina, nota ai più perché assieme a sua maestà nebbiolo (da queste parti chiamato spanna) e in compagnia dell’uva rara – altresì detta bonarda novarese – sono parte integrante del Ghemme, unica DOCG della provincia di Novara.

L’occasione è arrivata più o meno un mese fa, quando Paride Chiovini, della cantina omonima situata a Sizzano (NO), ha deciso di invitarmi ad una verticale dedicata proprio al vitigno sopracitato. La Vespolina, nell’immaginario collettivo, è un vino da “pan e salam d’la duja”, come dicono dalle mie parti, tipica frase dialettale che tradotta significa “pane e salame della duja “, ovvero un vino di pronta beva che per via del medio corpo e della grande acidità risulta adatto a contrastare la grassezza del tipico insaccato altopiemontese preparato con carne di maiale e fatto stagionare nello strutto. Sono ormai diversi anni che, attraverso svariati articoli a riguardo, provo a far capire quanto questo adagio sia vero solo in parte: è innegabile che l’abbinamento gastronomico sopracitato sia quanto di più godurioso al mondo, ma è altresì vero che la Vespolina, allevata da mani esperte e vinificata in purezza, è un vino in grado di sorprendere per carattere, versatilità e capacità di affinamento.

La giornata di domenica 9 ottobre, in compagnia di Paride e di un bel gruppetto di persone appassionate del territorio, non ha fatto altro che confermare la tesi; non che avessi dubbi a riguardo, s’intende, ma in questo caso le aspettative sono andate ben oltre il previsto, perché l’ultimo campione degustato ha riposato in cantina per 22 anni (e nel migliore dei modi), ma non corriamo troppo. Che il nebbiolo sia capace di tali prodezze è cosa assai scontata,  tuttavia sono pronto a scommettere che – anche dalle mie parti – soltanto una persona su dieci punterebbe 50 euro sulla tenuta nel tempo della bottiglia sopracitata e sul fatto che la stessa sia in grado di mostrate un volto del tutto particolare e ricco di significato.

L’azienda nasce nel 1997 grazie alla passione di Paride e alla sua voglia di tradurre, attraverso un calice di vino, le sfaccettature e le peculiarità di quello che ad oggi considero personalmente uno tra i territori più promettenti dell’intero bel Paese, ovvero l’Alto Piemonte. Rispetto a 15 anni fa quest’area vitivinicola, suddivisa tra le province di Novara, Vercelli, Biella e Vco (Verbano Cusio Ossola), protetta dalle possenti braccia del Monte Rosa e divisa in due dal Fiume Sesia, ha conquistato sempre più l’attenzione del grande pubblico e degli appassionati; tutto ciò lo si deve al lavoro di promozione svolto dal Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte e alle tante aziende aderenti che hanno sempre più livellato verso l’alto la qualità dei vini prodotti.

Attualmente Paride, coadiuvato dall’enologo Maurizio Forgia, ha allargato la propria famiglia includendo nell’attività storica un altro socio e Maria Elena Randetti, giovane e motivata ragazza che ho avuto l’occasione di conoscere proprio durante l’evento. Quest’ultima si occupa di coltivare lo zafferano tra le colline di Sizzano, e ho avuto modo di apprezzare l’estrema qualità del prodotto mediante un piatto di risotto preparato durante il pranzo che ha concluso la giornata. Torniamo alla vespolina, anche chiamata ughetta o novarina – e in tanti altri modi –, vitigno noto soprattutto per un aspetto di carattere prettamente chimico, ovvero la presenza all’interno del suo DNA del rotundone, molecola responsabile dell’aroma tipicamente speziato, dove il pepe nero è protagonista.

Non è l’unica in Italia, troviamo la stessa molecola anche nel groppello, nel pelaverga, nello schioppettino; mentre in Francia nella syrah, ovviamente allevata anche da noi. Esiste inoltre una curiosa leggenda legata alla vespolina e sul perché di quel nome alquanto curioso: i grappoli di grandezza medio-piccola, mediamente allungati e compatti, data la loro dolcezza sono i preferiti dalle vespe.

Facciamo un passo indietro: già nel ‘700 questa cultivar veniva allevata in Oltrepò Pavese, oggigiorno oltre che in Alto Piemonte è piuttosto diffusa attorno alla zona di Voghera (PV) e nelle provincie di Como e Piacenza. Durante la fillossera, a causa della sua scarsa capacità di maturare su piede americano, fu pian piano soppiantata dalla barbera, cultivar ben più tollerante alle svariate malattie della vite. Per dare una quadro più completo della vespolina, restringendo il campo all’Alto Piemonte, è giusto asserire che la stessa è presente a livello di disciplinare in diverse denominazioni del territorio: Boca (ammessa per un 20-40%), Sizzano (30-50%), Bramaterra (10-20 %), Colline Novaresi (minimo 85% quando menzionata in etichetta assieme al nome della DOC),  Coste della Sesia (minimo 50% quando menzionata in etichetta assieme al nome della DOC), Fara (10-30%), Ghemme (0-25%).

Paride Chiovini da oltre vent’anni la alleva tra le colline moreniche di Sizzano, comune novarese che dà il nome all’omonima DOC istituita nel 1969. Non si può citare Paride Chiovini senza menzionare l’enorme lavoro che ha fatto durante tutti questi anni riguardo proprio al Sizzano DOC, denominazione che stava quasi scomparendo. Il suddetto vino, già apprezzato da Camillo Benso conte di Cavour, negli ultimi anni sta tornando in auge, e il merito va condiviso con nuove realtà del territorio che credono enormemente nelle potenzialità di questo piccolo fazzoletto di terra novarese.

Quest’ultimo è incastonato tra le colline del Fara DOC e Ghemme DOCG, gli altri due cavalli di razza della sponda destra dell’Alto Piemonte. I terreni da queste parti sono di derivazione morenica e composti da una matrice argillosa/sabbiosa acida. Una parte delle vigne vecchie di proprietà sono caratterizzate da una bassa densità d’impianto, le stesse ormai hanno raggiunto un buon equilibrio produttivo restituendo al varietale la tipicità del territorio. Le vigne nuove hanno invece una densità di oltre 4000 ceppi per ettaro e sono collocate in appezzamenti vocati e ben esposti del comune di Sizzano. Tutte le operazioni in vigna, dalla potatura invernale a quella verde, vengono effettuate manualmente cercando di intervenire il meno possibile o al solo scopo di tutelare il sano sviluppo della pianta, seguendo il regolamento europeo di lotta integrata nel rispetto ambientale.

Attualmente la produzione si attesta attorno alle 15.000 bottiglie, con una resa media per ettaro di 60 quintali; i recenti sviluppi dell’azienda porteranno ad aumentare la produzione fino ad arrivare alle 35-40 mila bottiglie. Prima di passare alla verticale vera e propria, di seguito le caratteristiche del Colline Novaresi Vespolina Afrodite. Le uve vengono allevate in un vigneto di 0,5 ettari denominato San Giuseppe, situato nel comune di Sizzano, regione Noche e San Giuseppe. Vespolina vinificata in purezza, resa pari a 60 quintali per ettaro; la vendemmia, svolta durante la terza decade di settembre, è manuale e in cassette. Si inizia con la diraspatura e poi vinificazione in rosso, macerazione in vasche di acciaio per 15-20 giorni a temperatura controllata con rimontaggi ogni 8 ore, malolattica tra dicembre e gennaio, affinamento nel medesimo materiale per una durata di 9 mesi, più altri 3/4 mesi in bottiglia prima della vendita.

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Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2021

Rubino di tonalità vibrante, buona consistenza. Naso incentrato ancora su profumi piuttosto vinosi, il pepe nero è appena accennato, il floreale intenso e sa di violetta e geranio; al momento poco altro, è un vino ancora in fasce. Il palato ha un’energia vitale grazie a tanto succo, un tannino piuttosto importante e una buona sapidità di fondo; attualmente richiama “obbligatoriamente” l’abbinamento gastronomico.

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2020

Rubino vivace, tonalità calda, buon estratto. Respiro intenso di ciliegia fresca, pepe nero e geranio selvatico; con lenta ossigenazione emerge un richiamo al terreno ma è ancora coperto dall’esuberanza del frutto. In bocca la freschezza è ai massimi, supportata da buon corpo e una sapidità che rimanda al territorio, incalzante, così come il tannino dolce ma incollato al palato; buon allungo finale.

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2017

Rubino caldo, centro bicchiere granato, bella luminosità e buona consistenza. L’annata calda ha caratterizzato lo stile di questo campione e il bello è proprio questo: il vino dev’essere sempre in grado di tradurre il millesimo nei suoi aspetti più tipici. Naso intenso di amarena matura, pepe nero, violetta, cannella e un finale giocato su toni di liquirizia e incenso. In bocca la sensazione di morbidezza ha la meglio rispetto al solito assetto legato alla vibrante acidità, tuttavia quest’ultima non latita affatto, corroborata da un buon ritorno salino e pura seta a livello tannico. Dal finale lungo e appagante, è un vino già molto equilibrato, tuttavia ancora lontano dal suo apice.

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2016

Ricordo di aver assaggiato quest’etichetta più o meno un anno e mezzo fa, già allora ero rimasto letteralmente sbalordito dalla qualità/evoluzione tanto da aver dedicato un approfondimento a riguardo. Ad oggi dimostra che il millesimo in questione è realmente un cavallo di razza, come ce ne sono stati pochi dal 2010 ad oggi. Veniamo al vino, che irradia il calice grazie a una tinta granata dai riflessi color mattone. Quintessenza della finezza grazie a pennellate floreali di violetta, un accenno di cipria, frutti di bosco rossi maturi (tra cui spicca il lampone) e pepe nero, molto fine, per nulla esuberante; il finale è a vantaggio di un ricordo di cereali tostati e ancora cosmesi, rossetto. Conquista subito il palato grazie a un perfetto equilibrio tra parti sapide e acide, e grazie a un tannino coeso eppur significativo; il suo lento incedere verso una lunghezza pressoché infinita è l’asso nella manica, così come il timbro, convincente, garbato. Grande vino, il migliore della batteria.

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2013

Granato caldo, cupo, colore non ai massimi riguarda la lucentezza, unghia color mattone e media consistenza. Avvicinando il vino al naso la confettura di frutti di bosco è protagonista, accompagnata da ricordi di canfora, smalto, e funghi secchi; anche a distanza di tempo non evolve e soprattutto non ingentilisce i toni. La coerenza lo contraddistingue perché anche in bocca i toni sono maturi, non esasperati, manca quella vitalità e slancio a cui siamo stati abituati fino ad ora. Il vino migliora molto in abbinamento ad un piatto gentilmente offerto da Paride, ovvero un carnaroli con zafferano e funghi porcini.

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2009

Ed eccoci giunti alla prima annata prodotta a 360° da Paride Chiovini, siamo a ben 13 anni dalla vendemmia. Il vino mantiene un bel colore granato caldo, profondo, ovviamente non limpido al 100% ed è piuttosto normale. Nonostante l’ossigenazione, in questo caso necessaria più che mai, conquista i recettori olfattivi con un timbro prettamente legato al terreno: tracce ematiche, toni ferrosi, terriccio umido e frutti neri sotto spirito; più prende aria e più diviene complesso aggiungendo sfumature di tipo empireumatico. In bocca al contrario l’acidità è ancor più che sferzante, il frutto è succoso reso ancor più fresco da una lieve percezione tannica che resiste nonostante gli anni trascorsi; ciò che convince maggiormente è la pulizia estrema e la progressione: chapeau bas!

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2006

In quest’annata le uve sono state allevate da Paride ma vinificate in un’altra cantina. Trama cromatica piuttosto cupa, il granato è ancora protagonista tuttavia accompagnato da riflessi intensi color mattone-arancio. Anche in questo caso il quadro olfattivo è dominato da sentori in parte dovuti dall’evoluzione e in parte dal terreno di Sizzano: terriccio umido, sottobosco, funghi secchi e tracce ematiche/ferrose. Trascorsi circa 20-25 minuti dalla mescita ingentilisce i toni mostrando un’altra faccia, il dolce/piccante della paprika e i frutti di bosco canditi e un finale lievemente balsamico. Sorso ancora incredibilmente fresco, arioso, slanciato – anche grazie a un corpo poco adombrante – convince per lunghezza e sapidità; la curiosità di assaggiarlo tra un paio d’anni è davvero tanta, speriamo che Paride non abbia offerto l’ultima bottiglia.

Colline Novaresi Vespolina Afrodite 2000

Siamo giunti all’ultima etichetta, un esperimento poco più che hobbistico da parte di Paride, che ai tempi muoveva i primi passi nel mondo del vino. Nonostante l’estrema artigianalità del prodotto, il vino mostra un bel colore luminoso tra il granato a l’arancio, di media consistenza. Inizialmente chiuso, dopo una buona mezz’ora dalla mescita emergono note leggermente fumé quasi a richiamare la legna arsa, lo zolfo e una spezia dolce accompagnata da frutti rossi canditi e una chiusura floreale piuttosto acre. Corpo medio, intensità non certo ai massimi, tuttavia è sempre la freschezza – marchio di fabbrica dei vini di Paride – un’altra volta a sorprendere e ad incantare: l’ennesima riprova del grande potenziale dei vini dell’Alto Piemonte.

Paride Chiovini
Via Giuseppe Garibaldi, 20 – Sizzano NO
Tel. 339 4304954
www.paridechiovini.it

Crediti fotografici dell’autore e di Paride Chiovini

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in Cantina, e serate dedicate all’enogastronomia, frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla usa compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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