Massimo Clerico, oltre tre secoli di viticoltura tra le colline del Lessona

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Frequento le terre dell’Alto Piemonte vitivinicolo da oltre 20 anni. Sono nato a Novara, città nella quale tuttora vivo, dunque ho assistito ad un progressivo cambiamento. Negli ultimi dieci anni l’interesse mediatico è cresciuto esponenzialmente; oggi, infatti, trovare nella carta di un buon ristorante una bottiglia di Ghemme, Gattinara, Boca o Lessona non è più un’impresa eccezionale. Il merito è da attribuirsi ai tanti produttori che anno dopo anno sono riusciti a raggiungere apprezzabili quando non lodevoli livelli qualitativi, ivi comprese tutta una serie di realtà emergenti che vanno ad affiancarsi a quelle storiche – e dunque già affermate – che hanno raccontato sin dagli esordi la classe di questi vini.

Stupende queste colline, spesso nascoste all’interno di veri e propri boschi, e attorniate dalle possenti “braccia” del Monte Rosa, icona indiscussa del territorio. Da non sottovalutare l’impegno costante del Consorzio Tutela Nebbioli dell’Alto Piemonte, che attraverso una buona campagna di comunicazione è riuscito a sdoganare peculiarità di vini quali Ghemme, Sizzano, Fara, Boca, Gattinara, Bramaterra, Valli Ossolane, Colline Novaresi, Coste della Sesia e Lessona. E proprio Lessona è la DOC protagonista di questo articolo, assieme alla Massimo Clerico, cantina situata nel comune omonimo del biellese tra le più costanti e ricche di storia legate a questa piccola denominazione dove il nebbiolo regna incontrastato.

L’azienda porta il nome del suo proprietario. Massimo è una persona dal carattere poliedrico, la sua personalità va a braccetto con i vini che produce, un parallelismo impossibile da non citare. Come le genti dell’Alto Piemonte, pur mostrando il massimo rispetto e serietà, inizialmente l’atteggiamento risulta sempre un po’ schivo, introverso: occorre tempo per entrare in confidenza con l’interlocutore; la stessa cosa accade al nebbiolo, in relazione all’armonia e all’equilibrio gusto-olfattivo. L’occasione è capitata poco tempo fa, Massimo mi ha invitato all’inaugurazione della sua nuova cantina. La ristrutturazione è stata eseguita a mestiere, l’elegante sala degustazione ha ospitato una trentina di persone. Ho accettato volentieri l’invito, memore di un Lessona 2018 straordinario assaggiato a Taste Alto Piemonte, la rassegna novarese organizzata dal Consorzio ormai giunta alla sesta edizione.

Ho pensato fosse l’occasione giusta per (ri)approfondire l’intera gamma e ammirare il fascino delle colline e delle Prealpi Biellesi. Non mi sbagliavo. A Lessona la vite si è sempre allevata, sin dai tempi antichi, un po’ come in tutto l’Alto Piemonte. Alcune aree rappresentavano un vero e proprio mosaico di vigneti, tra i più grandi del Bel paese. Sto parlando di un’epoca antecedente lo sviluppo industriale, quando l’avvento delle fabbriche ha fatto sì che le aree vitate pian piano andassero a morire, e il bosco – da queste parti non manca mai – pian piano si è ripreso gran parte dei filari. Oggi stiamo assistendo a un lento recupero, e ciò non può che rallegrare l’animo di tutti gli appassionati di vino.

Da queste parti, grazie alle sabbie plioceniche rosse o giallastre di origine marina, il re dei vini piemontesi, pur scontando un corpo più moderato, raggiunge vette di eleganza difficilmente replicabili. Sto parlando di profumi ariosi, che talvolta contemplano sfumature legate più alla Borgogna, o alla Valtellina, che alla mia regione natia. Il tannino, pur essendo incisivo (soprattutto in giovane età), risulta parzialmente addomesticato, e ciò rende il Lessona un vino estremamente fresco, dinamico, dotato di grande bevibilità, dunque attuale.

Tutto ciò non va frainteso, perché la sapidità è tra le armi vincenti, e la capacità di evoluzione ragguardevole; ricordiamo che il terreno presenta fortissima acidità, con un pH compreso tra 4.8 e 5.8, dunque tra i più bassi del bel Paese. Per capire l’importanza storica del Lessona, basti pensare che fu proprio il vino che Quintino Sella, illustre statista e più volte ministro, scelse per brindare al primo governo dell’Italia unita. Oltre un secolo dopo, nel 1976, è arrivata l’assegnazione della DOC.

Da segnalare il fatto che risulta difficilissimo trovare un Lessona in commercio che non venga prodotto con uve nebbiolo in purezza, nonostante il disciplinare preveda l’utilizzo di altre cultivar locali (in percentuali minime, s’intende). Un caso piuttosto isolato in Alto Piemonte, mi sovviene soltanto il celebre Gattinara amato da Mario Soldati, e una nuova corrente enologica incentrata su alcuni Prünent (biotipo di nebbiolo) delle Valli Ossolane.

Ma torniamo alla azienda vitivinicola Massimo Clerico e al nostro protagonista, che oggi possiede 3 ettari di vigneti ubicati attorno alla cantina, tra cui la celebre vigna Gaja, che più avanti avremo modo di approfondire mediante un vino specifico. La produzione si attesta attorno alle 20.000 bottiglie annue, suddivise in 5 tipologie. La storia della cantina percorre quella della sua famiglia, la stessa che da oltre 3 secoli si dedica alla viticoltura. Papà Sandrino fu un personaggio iconico per il territorio e la viticoltura biellese, tra i primi a reclamare a gran voce la DOC Lessona. Massimo inizialmente prese un’altra strada, tuttavia agli inizi del Duemila sentì il richiamo dell’antica tradizione di famiglia: lasciò il settore dell’industria per dedicarsi anima e corpo alle proprie vigne, con l’intento di riportare il Lessona alle glorie di un tempo.

Ho passeggiato lungo i filari adiacenti il centro aziendale e ho ammirato il panorama circostante, oltre ai grappoli maturi di nebbiolo, croatina e vespolina che a breve verranno vendemmiati; poi ho avuto il piacere di degustare sei etichette disponibili sul mercato, più un’anteprima assoluta che uscirà tra un anno. Di seguito le mie impressioni, non prima di aver ringraziato Massimo per la bella esperienza e l’ottima accoglienza.

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Coste della Sesia Rosso Ca’ du Leria 2019

Nebbiolo 50%, croatina 50%, affina in barrique francese di 2° e 3° passaggio per 1 anno. Rubino-granato, trama cromatica calda, profonda. Amarena, liquirizia, frutto integro e spezia dolce, in chiusura grafite. Sapidità preponderante per un vino succoso, dotato di materia e buona progressione.

Coste della Sesia Nebbiolo Spanna 2019

Nebbiolo in purezza, con l’etichetta ad omaggiare il nome che identifica il celebre vitigno in Alto Piemonte. Affina in barrique di rovere francese per 2 anni. Granato, unghia arancio, luminoso e di medio estratto. Frutti di bosco dolci e ciliegia sotto spirito, arancia disidratata, grafite e sabbia umida, chiude su refoli balsamici. Buonissimo, succoso, ai limiti del “salato”. E se il legno non è ancora del tutto assorbito, sciorina un sorso lunghissimo che conquista.

Lessona 2018

Nebbiolo in purezza affinato in botte grande, così come gli altri vini che verranno (salvo il Riserva 2015, che ha una quota del 3% di vespolina), il Lessona 2018 ha trascorso 30 mesi in legno e un anno in bottiglia. Granato con unghia arancio, luminosità da vendere e buon estratto. Naso elegante, austero, di frutti rossi in caramella, liquirizia, cola, eucalipto, violetta, con il pepe nero che emerge delicatamente a circa 15 minuti dalla mescita. Il tannino è praticamente ricamato a mano, anche in questo caso grande sapidità derivata dalle sabbie rosse; il finale sfuma in modo esemplare lasciando un ricordo di estrema piacevolezza e tanto succo. Tra i migliori 2018 assaggiati in Piemonte a 360°.

Lessona Riserva 2014

Granato con unghia aranciata, trama cromatica elegante e luminosa. Media intensità al naso, un ricordo di pesca-albicocca matura, erbe officinali, menta peperita e lieve cosmesi. Il sorso piuttosto moderato sconta un’annata magra, pur tuttavia il tannino è ancora incisivo e la persistenza non latita, lasciando un ricordo piacevole e “dissetante”.

Lessona Riserva 2015

Nebbiolo con un 3% di vespolina. Granato-rame con unghia aranciata, il colore è vivo. Annata diametralmente opposta alla 2014, il respiro è intenso di frutti rossi in confettura, erbe officinali, pepe verde e rosa leggermente appassita; con lenta ossigenazione eucalipto e, in chiusura, caramella al rabarbaro. In bocca è appagante, succoso, “grasso” oserei dire, e sfuma leggermente in favore di un frutto maturo che racconta le caratteristiche di un millesimo caldo. Forse non ai livelli dei capolavori prodotti da Massimo nelle annate più classiche, tuttavia una gran bella bevuta, non c’è che dire.

Lessona Riserva Vigna Gaja 15

Le uve provengono da una singola vigna. Rubino, unghia mattone, estratto notevole. Intenso da subito di erbe officinali e sabbia umida, a circa 15 minuti dalla mescita emergono ricordi di ciliegia matura, ribes, rossetto, liquirizia e mandorla tostata. Naso ancora in divenire così come il palato: asciutto, sapido, lunghissimo, con tannino marcante e legno ancora da integrarsi. Un gran bel vino da seguire nei prossimi anni.

Lessona Riserva 2016 (anteprima)

Rubino-granato, tonalità calda e colore profondo. Lo avvicino al naso e il frutto maturo ha la meglio: amarena e frutti rossi di bosco, spezie dolci tra cui cannella e bacca di ginepro, tabacco e terriccio umido, liquirizia e lieve smalto; incenso in chiusura. Un naso stupendo. In bocca il tannino è ancora nervoso e l’insieme leggermente sconnesso, si intravede tuttavia la stoffa dell’annata grazie a una persistenza pressoché interminabile. La curiosità di riassaggiarlo tra un paio d’anni è tanta, ma sono sicuro che tornerò a trovare Massimo molto prima.

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Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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