La misura e il vino-aliante

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Continuo a illudermi che possa esserci una misura per tutto, anche nel campo della critica enologica. Una misura che guidi, da non disattendere, perché hai voglia te se esiste. Oddio, per la verità vengo spesso disatteso, tante le dissonanze e le voci divergenti, eppure persevero nel pensarlo. Illudendomi, appunto.

La misura ha alla sua base tante cose, contempla la competenza ma non solo. La misura esige un dipiù. Quando poi la misura si fa eclatanza non mi raccapezzo proprio del perché la critica possa trovarsi in così palese disaccordo su di un determinato vino, quasi che il pregio possa farsi debolezza o viceversa, mentre a me parrebbe tutto così luminosamente chiaro, nel nome della misura.

Prendi AR.PE.PE., ad esempio, un’azienda che ha creato da un acronimo un mito.Davanti all’incantevole Grumello Buon Consiglio Riserva 2016 mi è ritornata alla mente proprio ‘sta cosa qua, al solo ripensare di quanta immeritata disistima si sono fatti carico i vini della casa, stando ai giudizi di certi soloni della critica nazionale e internazionale, vecchi e nuovi.

Vini derubricati, soprattutto ai tempi in cui gli stilemi imperanti riguardo il Nebbiolo d’autore indicavano concentrazione ed estrazione (condite da generose infusioni di legno piccolo e nuovo) come le vie maestre della contemporaneità.

Mi chiedo come possa mai disperdersi il senso della misura, di fronte a una bellezza così abbondante.

La purezza qui è cristallina, il passo leggiadro, il tannino come un soffio. La fisicità del sorso si sublima: è danza, è levità. Del peso può farne a meno, e nutrirsi di sola aria.

E’ leggerezza piena di senso.

E’ quando istinto e complessità si (con)fondono, e tu non sai che scegliere.

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FERNANDO PARDINI

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