La rivoluzione a Montespertoli, anno 2023

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Una piccola rivoluzione è iniziata da qualche anno a Montespertoli. Siamo alle porte di Firenze; in questo territorio la superficie dei vigneti è di quelle importanti, in Toscana paragonabile per dire con quella di Montalcino ma porta a esiti ben diversi, considerata com’è da sempre come bacino di vino sfuso e di Chianti a basso prezzo. Ma dal vino sfuso e a basso prezzo al vino quotidiano artigianale e di razza ci passa una rivoluzione: ed è quella, appunto, che sta avvenendo qui.

Una rivoluzione che si muove con le gambe della Associazione Viticoltori Montespertoli nata, come ci tiene a precisare il giovane presidente Giulio Tinacci (azienda Montalbino), dall’insoddisfazione da un numero crescente di produttori per come viene percepito all’esterno il vino di Montespertoli. Una associazione di viticoltori che ha come prerequisito quello di svolgere in prima persona tutte le operazioni che vanno a definire il “prodotto vino”, dalla coltivazione della terra al rapporto con il cliente all’atto della commercializzazione. Nata lo scorso anno con 15 aziende, quest’anno ne conta già 17, anche se la somma degli ettari vitati è fra un quarto e un terzo di quella complessiva del territorio.

Ma ci sono viticoltori veri, seri e determinati come Giulio che sanno di avere a disposizione un territorio vocato (oltre che paesaggisticamente suggestivo) e stanno lavorando per cambiare le cose cercando di aumentare la loro “massa critica”,  e per conquistare con prudenza ma con decisione nuovi mercati. L’arma che hanno a disposizione è la propria terra e una nuova consapevolezza culturale che consente loro di saperla lavorare per cercare di oltrepassare il confine cruciale che c’è fra il vino a basso costo e il vino “contemporaneo” con un ottimo rapporto qualità prezzo. Per fare di Montespertoli il luogo in cui nasce un vino quotidiano d’autore, capace con la sua qualità e la sua spontaneità di trasmettere gioia immediata, senza le riflessioni profonde per le quali ci sono le occasioni e i vini speciali.

Appunti di degustazione sui vini della “rivoluzione”, anno 2023

Io Testone 2023 – Tenuta Barbadoro
Da una cantina che ritaglia dalla vendita sfusa il 10% della sua produzione per un totale di 15mila bottiglie, un vino prodotto senza solfiti aggiunti. Il suo colore è porpora fitto ed è intenso, comunicativo e vitale in un olfatto che esprime con bella finezza sensazioni di mirtillo e ribes nero, e dopo la sosta nel bicchiere foglia di tè e inchiostro. Leggero sul palato, è assai dinamico, nervoso, e di una notevole sapidità che marca la beva saporita.

Cerasus 2022 – Tenuta Coeli Aula
Un passato “sfusista” per questa azianda che oggi arriva a produrre sulle 60mila bottiglie. All’olfatto si mostra di bella persistenza ed è segnato da una dolcezza lieve che accompagna speziatura e note affumicate. La beva è rotonda, di tessitura fine e al tempo stesso increspata da una piacevole freschezza.

Sopralago 2022 – Fattoria Bonsalto
Consulenza “pesante” per questo produttore dell’enologo Emiliano Falsini, che firma un vino di estrema finezza e delicatezza in un olfatto marcato da note terrose e di erbe aromatiche, con il rovere percepibile anche se garbato e dalla buona integrazione. Beva brillante, progressiva, che termina con finale connotato da ampiezza e tannino fine, anche se poi si avverte una spinta forse meno ficcante di quanto ci si attenda.

Chianti 2022 – Le Fonti a San Giorgio
13 ettari di vigne per una azienda storica del territorio e certificata biologica. Si avverte subito un frutto fragrante al naso accompagnato da sensazioni di alloro e macchia mediterranea. Entra vellutato in bocca dove esprime maturità, un bel “grip” gustativo, dolcezza e pastosità, e acquisisce maggiore succosità verso il finale.

Chianti Montespertoli Il Boscaccio 2022 – Tenuta Moriano
Da una ventina di ettari in conversione biologica, un naso gentile, dal frutto rosso leggero e maturo. Tessitura setosa in una bocca di bella fragranza che chiude molto fresca e in grande allungo su note delicate di lampone.

Chianti Montespertoli 2021 – Montalbino
Siamo in presenza del primo vino veramente ufficiale di questa giovane azienda che possiede sei ettari e mezzo con certificazione biologica e che sembra essere in sintonia con una certa visione “contemporanea” di vino come qualità espressa con leggerezza. Blend di sangiovese, colorino e canaiolo che matura in cemento, mostra un naso floreale, “astratto” e assai persistente. Entra al palato immediatamente fresco, espansivo e succoso, e chiude con una scia liquiriziosa in un finale di media persistenza.

Chianti Riserva 2020 – Fattoria La Leccia
Con questa etichetta si torna alla tradizione più profonda del vino Chianti, vista la presenza di un 5% di trebbiano ad affiancare il sangiovese. È un vino che matura in botte grande e tonneau e che parte da 7,5 euro + Iva in cantina; il colore è rubino fitto e toni maturi caratterizzano un naso marcato da note di ciliegia, mora e prugna cotta. In bocca è un vino pieno, “nutriente”, che sfoggia grande energia in un finale persistente.

Chianti Montespertoli Riserva 2018 – Valleprima
Uvaggio di sangiovese, canaiolo e colorino, mostra un grande classicità in toni nei quali si intravedono anche stilemi che rimandano alle parti più blasonate del senese. Si mostra intenso e persistente nella esibizione di un carattere evolutivo improntato a una complessità che include anche seducenti toni agrumati sostenuti da acidità vibrante.

Vin Santo del Chianti Montespertoli Riserva 2013 – Fattorie Parri
Un trebbiano in purezza che affina in caratelli nuovi ma anche “recuperati” dalla produzione di Cognac e Scotch e che si caratterizza per una disinvolta piacevolezza e un equilibrio fra freschezza e la dolcezza riassunto de note di agrumi canditi. È leggero sul palato e ampio nel finale.

Lo Stoiato 2007 – Fattoria La Gigliola
Qui invece un vino dolce di carattere più classico, nato nel 2003 quasi per scherzo, e oggi è un nettare che riempie 800 bottiglie da mezzo litro ottenute da cento quintali di uve di malvasia, sangiovese e canaiolo messe ad appassire sulle stuoie. I toni di prugna secca, dattero e fico secco rimandano ai vini da dessert più celebrati, e la scorrevolezza in bocca è abbinata a una pastosità priva di mollezze e a una dinamica avvincente.

Nella seconda immagine, Giulio Tinacci e a sinistra il giornalista Giampaolo Gravina

Riccardo Farchioni

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