La terra elastica. Rosso di Montalcino Stella di Campalto: verticale completa

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Cominciamo col dire che si sono date appuntamento qui, al Podere San Giuseppe, tutta una serie di apparenti anomalie che fotografano con accecante nitidezza l’innata capacità di svicolare dai luoghi comuni del nostro beneamato mondo vitivinicolo, quando magari si affidino i gesti alla terra e a poco altro. Trattasi di consequenzialità che a cose normali non trovi automaticamente maritate alla bellezza. Non subito perlomeno; non così, d’amblé. Ma un’evidenza che salta agli occhi, come questa, senza nemmeno saperti spiegare per intero tutto  ‘sto  “bruciar di tappe”, è manna santa per lo scribacchino enoico, ne converrete.  Ed è così che non può tacerne il racconto.

Spiegamoci meglio: ecco qua una piccola realtà campagnola di recente costituzione (anni ’90 abbondantemente inoltrati) nata quasi per caso (la giovanissima Stella Viola di Campalto non avrebbe mai pensato, allora, che il Podere San Giuseppe sarebbe divenuto la sua casa, ed il vino il suo mondo); ecco poi una giovane vigna (circa 6 ettari messi a dimora di sana pianta a partire dal 1998, nel versante sud della denominazione, a poca distanza dal castello di Velona) e giovani consapevolezze a governarla. Aggiungici che i mestieri di vignaiolo e di cantiniere erano sconosciuti, prima di cominciare l’avventura. Non solo, come se non bastasse fai conto di cimentarti fin da subito con l’agricoltura biologica, poi dal 2002 con la biodinamica. Insomma, alle soglie del secolo nuovo, ecco l’autentica parvenu di Montalcino.

Detto questo, penso oggi al Rosso di Montalcino che qui si produce, e mi chiedo: possibile che sia l’ultima arrivata a piazzare il colpo del fuoriclasse, partorendo uno dei vini più buoni e sorprendenti del comprensorio (e non solo), perdipiù affidandosi -oltreché a vigne giovani e a giovani(li) consapevolezze- alle sorti di una tipologia quasi mai presa seriamente in considerazione dai produttori del luogo (salvo le immancabili rare eccezioni), al punto da essere fatta oggetto  -notizia fresca- di mire revisioniste a livello di disciplinare?

La risposta è sì. Semplicemente e sorprendentemente sì. Quanto alle ragioni di una evidenza, ditemi voi se da quelle premesse ci si poteva attendere un exploit del genere!? Poi mi vien da pensare alle vigne: certo che sono belle, e le esposizioni non scherzano…. E alle parole di Stella, di quando mi raccontò della straordinaria “elasticità” di quella terra, e della capacità di reagire alle sollecitazioni. Mi ha confessato di una terra “viva, elastica e reattiva”: vuoi vedere che….? D’accordo, tutto quel che si vuole, ma sono vigne giovani perdiana, e l’esperienza è quella di una realtà artigianale con solo 10 vendemmie alle spalle!  Se già oggi ci troviamo di fronte ad un vino “adulto, saggio e consapevole”, cosa dobbiamo attenderci dal futuro?

Nel frattempo, la recentissima verticale di cui sono stato fatto partecipe in azienda ha sciolto i dubbi residui: il Rosso di Montalcino non soltanto è un vino fin da subito coinvolgente, ma è un vino che niente cede alla distanza. La purezza nei tratti, la forza comunicativa, l’ineguagliabile finezza restano e si mantengono orgogliosamente nel tempo. A questo punto non ti sorprendi più se qui il Rosso si dimostra superiore al Brunello pari annata. Per definizione, dettaglio, grazia e, probabilmente, potenziale evolutivo. Sì, il Rosso (finora) è più “in palla” del Brunello. Come a dire, e a ribadire, che non è assolutamente detto che i più grandi Sangiovese di Montalcino debbano per forza di cose uscire sempre e comunque sul mercato al 5° anno dopo la vendemmia.

Insomma, da un nome nuovo del panorama enoico ilcinese, ecco un vino dalla forte identità stilistica, che apre una breccia salvifica nelle maglie fin troppo sfilacciate di una tipologia che non meriterebbe disattenzioni e fa capire al mondo di cosa si è capaci a queste latitudini in materia di sangiovese, quando i tasselli si incastrino nel modo giusto. Un vino incredibile e profondo, non c’è che dire, espressione limpida di un qualcosa che non riesci a spiegare per intero ma che in fondo sei felice che ci sia. E’ il frutto di una storia nuova, questo sì, di cui subodori già il futuro, dove la purezza nei gesti, le attenzioni e la capacità di porre ascolto ai suggerimenti della natura sono cardini di un percorso che osa puntare in alto. Un vino attualissimo, ma nel quale vi cogli una istintiva profondità che rimanda all’archetipo. E mentre i concetti di tradizione e modernità beatamente si confondono per tornare a significare poco o niente, ti accorgi che a prevalere è il senso di appartenenza ad un territorio, ciò che respiri fin nelle intimità dentro a un bicchiere sentimentale, che non smette di intrigare. E nella giostra di apparenti anomalie sulle quali si muove questa esperienza prepotentemente giovane, ecco che emerge il conforto di un nome, Montalcino, finalmente onorato come si deve sopra una etichetta e dentro una bottiglia.

Rosso di Montalcino 2001

Profilo aromatico seducente, solcato e vivacizzato da spezie fini ed erbe aromatiche; leggero esubero alcolico al palato per uno sviluppo pragmatico e senza orpelli; finale arrochito dai lasciti del rovere, che irruvidiscono il tratto e frenano gli slanci. Tutto sommato un esordio energico e volenteroso.

Rosso di Montalcino 2002

Naso di melodie e sottigliezze. Bella la nota “ghiandosa”, ariosa la trama. Ottimo grip, agilità, gentilezza e savoir faire, ché non si disunisce né si diluisce, ma si profila, fresco e scattante che è tutto dire. Sorprendente in tutto e per tutto. Figuriamoci poi se pensiamo all’annata da cui deriva!

Rosso di Montalcino 2003

Bella complessità aromatica per un bicchiere succoso, generoso, che odora di bacca e sottobosco; alcol e legno ne frenano un po’ gli allunghi, ma resta un bel conseguimento da una annata torrida.

Rosso di Montalcino 2004

Molto fine, carnoso e rarefatto ai profumi; serrato, continuo, determinato se lo bevi, solo rigido nella chiosa tannica, quando lascia emergere lati più cupi e “scuri”.

Rosso di Montalcino 2005

Naso bellissimo. Non conosco, ad oggi, parola migliore. Grande eleganza, scorrevolezza, armonia. Un soffio di bellezza intriso di sapidità e piacere. Un grande vino.

Rosso di Montalcino 2006

Garbo espositivo, raffinatezza e futuro: un sangiovese superbo, stilizzato per via dei dettagli preziosi, deciso per via del nerbo e della caparbietà. Ai massimi livelli.

Rosso di Montalcino 2007

Naso rarefatto e apparentemente remissivo. Bocca che è un velluto, spedita e saporitissima. Filigrana tannica. Quando si dice “naturalezza espressiva”. Incessante finale e invidiabile respiro.

Rosso di Montalcino 2008

Quasi un pinot nero. Stoffa, “ciccia”, eleganza, una timbrica ormai riconoscibile, di grande purezza e nitidezza. Quando l’istinto incrocia la complessità. Fra i migliori 2008 a base sangiovese mai assaggiati fin qui.

Gli assaggi sono stati effettuati nel mese di febbraio 2011; il primo piano di Stella Viola di Campalto è stato tratto da www.godita.de

FERNANDO PARDINI

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