I vini e i vignaioli di Radda (in Chianti). Parte seconda

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Continua la saga raddese con la seconda ondata dei ritratti e delle suggestioni. Se ne leggeranno delle belle.

Per l’introduzione e la prima parte CLICCA QUI.

Nota a margine: i ritratti che seguono intendono rispettare pedissequamento l’ordine di apparizione. Si dà il caso che quel giorno abbia proceduto “al contrario” nei miei assaggi, e così oggi “al contrario” li ripropongo.

Insomma, per una volta ci affideremo all’ordine inverso, tanto per non farsi mancare niente in fatto di originalità. E siccome i “Vignaioli di Radda” sono 24, nella narrazione li abbiamo divisi salomonicamente in due dozzine. Mica per altro, ma per garantire un minimo di benessere psico-fisico ai pazienti lettori.

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L’ERTA DI RADDA

L’Erta di Radda è la storia semplice e bella di un ragazzo dei luoghi che si è fatto da sé, senza compagnie cantanti alle spalle e con la voglia di realizzare un sogno: diventare vignaiolo. E così è stato, grazie all’opportunità presentatasi qualche anno addietro di poter acquisire cinque ettari di vigna in zona Caparsa da un vecchio contadino raddese, oggi coltivati in regime biologico.

Ora poi che Diego Finocchi può avvalersi di una cantina tutta sua, la possibilità di esprimersi pienamente secondo le proprie idee è divenuta realtà, ed è arrivata pure la prima botte grande!

Nel frattempo i vini continuano a trasmetterci una appagante sensazione di autenticità e schiettezza, e le ultime produzioni sono proprio un bel vedere.

Chianti Classico 2016

Succoso, dritto, proporzionato, coniuga carnosità di frutto e dinamica in modo efficacissimo. C’è una acidità “portante”, davvero speciale, ad innervare le trame e a guidare le danze.

Chianti Classico Riserva 2015

L’indole sanguigna e il provvidenziale contrasto veicolato dalla corrente acida contribuiscono a far chiarezza sul significato concreto del termine “saporito” e sono pure maledettamente utili per rintuzzare il temperamento alcolico, che c’è, figlio legittimo di un’annata esuberante. Ci riescono, e per questo il vino si distingue.

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ISTINE

La parabola ascendente di Angela Fronti, giovane vignaiola chiantigiana, è sotto gli occhi di tutti. Forte di un patrimonio vitato composito e suddiviso in tre siti, di cui due ricadenti nell’areale di Radda (Istine e Casanuova dell’Aia) e uno sotto Gaiole ( Cavarchione), e forte di una sensibilità interpretativa che ha abbracciato fin da subito un modello stilistico tradizionale, portato per sua natura alla valorizzazione del dettaglio, Angela va disegnando vini dal forte ascendente territoriale, seducenti, freschi, dinamici, enucleati qui in tre diverse selezioni di vigna e ricomposti poi in un quadro più unitario sia nella versione d’annata che nel Riserva Levigne, le cui uve sangiovese provengono dalle varie giaciture a disposizione.

Sono passate poche vendemmie dalla entrata in gioco di questa cantina, ma il peso evocativo ed emozionale della produzione è già stato in grado di lasciare il segno, al punto da indicare una strada.

Chianti Classico 2017

Sussurrato, leggiadro e “florealissimo”, tutto risolto in sottrazione (e risolto bene!), ecco qua un piccolo miracolo di equilibrio in una annata nella quale i miracoli non è che li trovi così, per strada.

Chianti Classico Vigna Casanuova dell’Aia 2015

Succoso, balsamico, di limpida definizione aromatica, si articola con brillantezza facendo leva su una componente fruttata integra e matura e su una dote tannica “rinfrescante” e ben fusa.

Chianti Classico Riserva Levigne 2015

Lo avevamo già subodorato ai tempi dei nostri primi assaggi, ora l’ulteriore periodo di affinamento in vetro ci ha consentito di apprezzarne ancor meglio l’espressività, lì dove a rifulgere sono la tensione gustativa, la pulsione minerale, la profonda architettura tannica e la persistenza. Importante!

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COLLE BERETO

Perizia tecnica, un certo grado di eclettismo (Colle Bereto fu la prima azienda chiantigiana a piantare pinot nero e a trarne risultati non di rado sorprendenti) e un’aura di signorile esclusività hanno da sempre accompagnato l’operato in terra di Radda della famiglia Pinzauti, i cui vigneti trovano dimora nella splendida conca disposta subito a sud dell’abitato del paese, attorno ai 500 metri di altitudine, su suoli di galestro e alberese.

La produzione dei vini di territorio (leggi Chianti Classico), per la verità non sempre ispiratissima sul fronte del carattere, va offrendosi secondo un registro stilistico sia tradizionale che “aggiornato”, a seconda delle etichette in gioco, ma è il Chianti Classico Riserva a parlarci in modo più appropriato di potenzialità e territorio, ed è lui ad andare al cuore del discorso.

Chianti Classico 2016

Frutto “scuro”, coté balsamico e una densità setosa a regalare sensualità alla trama tattile. Ma non manca tensione, certo che no, sotto l’egida di una manifattura cesellata e attenta.

Chianti Classico Riserva 2014

In corrispondenza di una annata acida e piovosa ecco una silhouette in grado di aderire perfettamente al profilo canonico di un vino raddese: rispetto delle proporzioni, mitigato temperamento alcolico, acidità in tiro, articolazione, senso del ritmo e una coloritura sapida che allunga e “sfina”. E’ questo un vino serioso ed affascinante, ecco cos’è, scortato dagli umori leggeri del sottobosco.

Chianti Classico Gran Selezione 2015

Qui la ricchezza, gli attributi e il tenore alcolico, tutti ben presenti e tutti discendenti dal millesimo, fanno più fatica a trovare una sintesi armoniosa sul piano dell’equilibrio complessivo, perlomeno in questa fase. Ed è la dolcezza (in esubero) ad erodere dettagli preziosi alle trame.

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CASTELVECCHI

Appartenente alla galassia di Casa Paladin (Castello Bonomi in Franciacorta, Bosco del Merlo in Veneto), la Premiata Fattoria di Castelvecchi si avvantaggia della potenza scenografica ed evocativa di una delle più belle vallate del Chianti, con epicentro nell’antica Pieve di Santa Maria Novella. Di più, può contare su un lavorio meticoloso di recupero e selezione massale del vecchio patrimonio vitato, di altitudini significative e di un misto di galestri e arenarie sotto ai piedi.

Dai vini dovremmo quindi attenderci la quintessenza del paradigma raddese: freschezza, contrappunto gustativo, ariosità, e invece sono la “ciccia”, la densità e una interpretazione stilistica piuttosto assertiva a delineare una produzione certamente curata sul piano formale ma forse non così propensa a svelare il non detto oltre la scorza della fisicità e del generoso avviluppo del rovere.

Chianti Classico Capotondo 2016

Senti la freschezza, senti la tonicità eppure, stranamente, l’articolazione dei sapori stenta ad illimpidirsi per via di un certo impaccio tattile quasi viscoso. Come un di più di materia da dover sfrondare.

Chianti Classico Riserva Lodolaio 2016

Dichiarato imprinting “moderno” per un vino che ha nella pienezza e nella voluttuosa avvolgenza le sue chiavi d’accesso e le sue insegne.  L’influsso dolce del rovere tende ad infiltrare le trame, privandole di una frazione di originalità.

Chianti Classico Gran Selezione Madonnino della Pieve 2015

Il matrimonio fra alcol e rovere, in corrispondenza di annate calde ed esuberanti, non significa sempre e comunque matrimonio d’amore. Qui il respiro del vino resta un po’ frenato, e i sentori di lacca e legno dolce, intersecandosi a maglia stretta, non lasciano emergere i dettagli. Quantomeno ora.

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CASTELLO DI VOLPAIA

Non v’è alcun dubbio che la fase storica attuale, per la cantina della famiglia Mascheroni Stianti, coincida con un vero e proprio rinascimento, dove la qualità del disegno, l’articolazione, i ritrovati equilibri e la cura estrattiva sono andati a concretizzare una produzione abitata da vini fedelmente aderenti ai canoni espressivi del territorio.

Così è per Coltassala, discendente da un vigneto fra i più paradigmatici dell’areale chiantigiano, e così è per Il Puro, il cui mix di 25 vecchi cloni di sangiovese può sortire accentature differenti a seconda dell’annata, ma che nel giro di poche vendemmie ha già dimostrato di poter assurgere alla statura del fuoriclasse (vedi un 2013 di assoluta bellezza).

Questi impulsi e queste attenzioni hanno decisamente rivitalizzato la produzione tutta, e testimone ne sia il Chianti Classico d’annata, un vino orgogliosamente raddese grazie alla freschezza d’impianto, alla integrità fruttata e alla sottile armonia, fuse assieme da una manifattura implacabilmente accurata, di quelle che non lasciano niente al caso.

Chianti Classico 2017

Succoso, netto, bilanciato, non particolarmente lungo né complesso ma ben disegnato, senza sbrodolature, senza ridondanze. E non era facile.

Chianti Classico Riserva 2016

Ecco un vino che saprà farsi apprezzare per dettaglio aromatico e “spirito” chiantigiano. Di sobria eleganza, solo nel finale svela un coté amaricante e un allungo trattenuto, a certificare la sostanziale gioventù e una armonizzazione ancora di là da venire.

Chianti Classico Riserva Coltassala 2016

Qui è dove la forza si traduce in interiorità , l’eloquenza in tensione “sottocutanea”, l’intreccio acido-tannico in un respiro maledettamente affascinante fatto di freschezza balsamica profonda. E se per la piena scioltezza bisogna ancora attendere, sai già che arriverà lontano.

Il Puro 2015

Energia, ricchezza, spessore per un vino figlio legittimo dell’annata. Che non intercetta la lirica armonia dello stupendo 2013 ma si propone con un impeto più sostanzioso, corroborato da una provvidenziale venatura di freschezza. Di un raccontare più sfumato se ne farà garante il tempo, lo so.

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CASTELLO DI RADDA

Progetto ambizioso varato nel 2003 dalla famiglia Beretta, già proprietaria di una realtà vinicola in Franciacorta, concretizzatosi nella edificazione ex novo della maestosa sede aziendale nonché nella contemporanea acquisizione di un parco vigneti situato attorno ai 450 metri di altitudine nelle località Il Becco e Il Corno, Castello di Radda ha sposato e fatto proprio un approccio stilistico “attualizzato” per l’elaborazione dei propri vini, approccio via via affinatosi per quanto riguarda le versioni “annata” e Riserva, le quali, a fronte di una iniziale esuberanza delle note tostate e dell’ardore estrattivo, hanno assunto nel tempo una migliore modulazione nei toni e un passo più elegante, guadagnando decisamente in qualità espressiva ed autorevolezza. Sempre piuttosto assertivo, invece, lo stile caratterizzante il Gran Selezione.

Chianti Classico 2016

Piccante, speziato, officinale, emergono un frutto integro e un portamento sobrio, composto, ben indirizzato dalla corrente acida.

Chianti Classico Riserva 2014

Un pizzico di evoluzione ai profumi ma acidità che trascina, snellisce e coinvolge. Buona profilatura e buon rigore.

Chianti Classico Gran Selezione Vigna Il Corno 2014

Fa un po’ specie realizzare che un vino così massiccio possa discendere da una annata come la 2014, che farebbe invece pensare alla “nudità”. Qui legni, concentrazione e tannini non giocano a favor di equilibrio, la dinamica appare allentata, lo sviluppo più impattante che profondo, i dettagli adombrati dalla presenza scenica.

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CASTELLO DI MONTERINALDI

Sensibile cambio di passo per i vini di Monterinaldi, i cui 50 ettari di vigna (per una produzione di imbottigliato che si aggira attualmente attorno agli 80.000 pezzi) si trovano nello scenografico altipiano sovrastante il borgo omonimo e l’abitato di Lucarelli. Da qualche stagione in avanti hanno guadagnato in trasparenza espressiva, freschezza ed equilibrio alcolico, lasciandosi dietro i tempi incerti e recuperando in fretta un dialogo più ispirato con il territorio d’origine.

Evidentemente gli stimoli offerti dal proprietario Daniele Ciampi all’affiatato team aziendale hanno creato i giusti presupposti per costruirci sopra un futuro all’altezza. Nel frattempo, i Chianti Classico dell’annata 2016 sembrano sancire il definitivo salto di qualità, accomunati come sono dalla coerenza stilistica e da un respiro tutto nuovo.

Chianti Classico 2016

Scattante, proporzionato, accordato in ogni passaggio gustativo, l’indole poco estrattiva ne favorisce il dettaglio sottile e la spontaneità.

Chianti Classico Riserva 2016

Integrità, articolazione, nitidezza, droiture e un finale tutto in scioltezza, arioso e fresco. Il migliore della gamma.

Chianti Classico Vigneto Boscone 2016

Intenso, carnoso, balsamico, con i tannini ancora da ammansire ma freschi, possiede una dolcezza di frutto melodiosa e una densità di materia adeguata ben sorretta dalla corrente acida: l’idea che il tempo gli gioverà si fa certezza.

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CASTELLO DI ALBOLA

A Pian d’Albola e dintorni si è compreso da tempo che la strada giusta per illuminare a giorno un futuro espressivo che abbia qualcosa da rivendicare in termini di individualità e distinzione debba puntare esclusivamente sul territorio. E avere a che fare con un territorio speciale e “selettivo” come questo, fra i più alti dell’intero Chianti Classico, non può che costituire uno stimolo forte e tentatore per chiunque ci viva e lavori. Così è stato: la gamma attuale proposta dalla famiglia Zonin, sotto l’egida di una manifattura sorvegliata e tecnicamente ineccepibile, è prodiga di accentature diverse e fa leva sul sangiovese e sui differenti cru di cui dispone l’imponente patrimonio di vigna, rispettandone le sollecitazioni.

A partire dal Chianti Classico d’annata, la cui disadorna silhouette d’altura va ad esaltarne bevibilità e snellezza secondo un disegno garbatamente stilizzato, per arrivare alle selezioni più ambiziose, che si sono lasciate alle spalle certi pruriti estrattivi tipici del vecchio corso stilistico per accordare spazio alla freschezza, allo slancio gustativo e alla finezza aromatica, che è poi ciò che ti aspetti se solo pensi al territorio da cui discendono.

I vini presentati oggi in assaggio, tutti della vendemmia 2016, sono testimoni sinceri del cammino intrapreso.

Chianti Classico 2016

Ossuto, nitido, slanciato, la snellezza non sfiora la magrezza, casomai la levità. Bevibilità assicurata.

Chianti Classico Riserva 2016

Succoso, tonico, dal portamento elegante, non hai la piena scioltezza nei movimenti, non ancora, ma i fondamentali sono quelli giusti. Intrigante, da attendere con fiducia.

Chianti Classico Santa Caterina 2016

Vino a “lunga gittata”, coniuga frutto, intensità e lunghezza in un compendio sostanzioso tratteggiato con signorile introspezione. E’ una pienezza di senso la sua, innervata di freschezza, che si apre a prospettive evolutive molto interessanti.

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CAPARSA

Fiero esponente della razza autoctona chiantigiana, Paolo Cianferoni è un vignaiolo-artigiano che firma vini dialettici di innegabile carattere, a volte pure insofferenti alle regole ferree della grammatica enologica, senza che per questo nulla perdano in termini di autenticità e spontaneità.

Quando poi estri ed andamenti stagionali si accomodano nel verso giusto, ecco che la nitidezza del tratto porta con sé sfumature ed eleganza, che è poi un’eleganza austera, della cui piena luminosità è solito farsi garante il tempo.

Complice un terroir fresco e complici suoli dalla forte dominante calcarea e scistosa, i Chianti Classico di Caparsa sono caratterizzati da un leggibile scheletro sapido-minerale e da un supporto acido sostenuto, quanto di meglio si potrebbe chiedere ai fini della complessità e del contrasto gustativo.

Chianti Classico 2016

Bella la vibrazione dell’acidità, che va a scolpirne la trama rendendola impettita, dinamica, dritta.

Chianti Classico Riserva Caparsino 2015

Il terroir di Caparsa ci ha messo decisamente del suo nel propiziare un quadro così tonico ed elegantemente compatto a fronte di una annata del genere. All’intensità del frutto ci lega un risvolto sapido distintivo, da cui discendono le accelerazioni, la vivacità, i cambi di ritmo. E’ un bel sentire.

Chianti Classico Riserva Doccio a Matteo 2015

Come sempre più fruttato, concentrato e avvolgente di Caparsino, come sempre più austero e meno sfumato (gli accade spesso, se còlto in tenera età), è la corrente di acidità a regalargli succosità ed indirizzo, mentre l’intreccio sapido-tannico chiede ancora tempo per sdilinquirsi. Dargli fiducia però è un pensiero semplice.

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BRANCAIA

La nomea di Brancaia e la sua affermazione sui mercati del mondo è legata a doppio filo ai levigati e seducenti Supertuscan che qui si producono (Il Blu, Ilatraia), ricavati sia dai possedimenti chiantigiani (podere Brancaia a Castellina in Chianti, Poppi nel comune di Radda) che maremmani.

Solo in un secondo tempo Barbara Widmer ha deciso di produrre Chianti Classico (nella versione Riserva), interpretandolo secondo canoni stilistici “aggiornati” (basse rese in vigna, uso dei legni piccoli), salvo poi approdare -da qualche vendemmia a questa parte- al Chianti Classico d’annata con l’idea di farne emergere le doti di spigliatezza, fragranza e versatilità.

Dai primi conseguimenti sul tema si può dire che l’obiettivo sia stato brillantemente raggiunto. Quanto al Riserva ‘15, forse l’annata in gioco non gli ha poi così giovato in termini di equilibrio complessivo, stante l’eloquenza materica e l’indole estrattiva.

Chianti Classico 2016

Arioso e puntuale nella scansione dei profumi, fondati su stimoli floreali e suggestioni più esotiche, si mostra agile, scattante e peperino al palato. E se la complessità non è la sua cifra, la speditezza fa un gran piacere alla bevibilità.

Chianti Classico Riserva 2015

Nonostante la pienezza del sorso e la generosità estrattiva, rintracciabile in quel finale oltremodo tannico e “percuttivo”, non si apprezzano ridondanze alcoliche o derive surmature. Il frutto è sì maturo ma la trama è salda, robusta, coesa. Il tempo saprà essergli alleato. Casomai un profilo più sfumato aprirebbe ad una caratterizzazione tutta nuova, quello sì.

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BORGO SALCETINO

L’idea concettuale che segna la fisionomia e lo stile dei vini proposti dalla famiglia Livon a Borgo Salcetino, sulle alture emotivamente coinvolgenti di Lucarelli, è chiara: una impostazione tradizionale per il vino d’annata, più estrattiva e “moderna” per le selezioni, con una escalation sensoriale che passa, non senza strappi, dalla leggiadria alle asserzioni.

Ed è così che ad un Chianti Classico stilizzato e gentilmente profumato, dalla beva schietta e istintiva, risponde un Riserva e soprattutto un Gran Selezione dal passo cadenzato e dalla struttura più importante, dove l’indole estrattiva a volte tende a prendere il sopravvento sulle sfumature, evidenziando l’impatto più che i chiaroscuro di sapore.

Chianti Classico 2016

Espressivo quanto stilizzato, la magrezza viene compensata dal ritmo e da una piacevolezza quasi spensierata. Si beve di gusto.

Chianti Classico Riserva Lucarello 2015

Frutto e saldezza non mancano. I movimenti non sposano propriamente il concetto di agilità ma c’è una buona energia qui, e pure un eccesso di tannini.

Chianti Classico Gran Selezione I Salci 2015

L’accordatura incerta fra alcol e rovere sortisce un effetto destabilizzante sul piano dell’equilibrio. Dolcezze assortite rendono impacciata la trama, e il vino ti apparirà più grosso che profondo.

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BORGO LA STELLA

Cantina di recente varo (il Borgo è stato rilevato dalla famiglia Geyer nel 2006, la produzione avviata dal 2009) situata ad altitudini davvero rilevanti e posta ai margini meridionali del comune di Radda, lungo la strada che da Vagliagli conduce a Castellina, Borgo La Stella è né più né meno la gradita sorpresa di oggi, perché ai suoi vini appartengono flessuosità, finezza aromatica, scioltezza e sfumature, accompagnate da una manifattura impeccabile che sembra avere compreso bene che cosa chieda un territorio così.

Fra questi un Riserva 2015 davvero convincente, soprattutto se lo pensiamo discendente da tale millesimo, dotato di un impianto incredibilmente fresco e dettagliato la cui coloritura sapida gli consente di assumere un passo da primattore. Se tanto mi dà tanto, vista poi la riuscita del Chianti Classico 2016, se ne vedranno delle belle.

Chianti Classico 2016

Limpidamente disegnato, dall’elegante coté speziato, la dolcezza qui è tutta del frutto e l’incedere davvero armonioso. Con il pungolo acido a stimolare succosità e dinamica. Bella sorpresa!

Chianti Classico 2015

Un po’ più largo e avvolgente del 2016, non disperde affatto misura, garbo ed equilibrio. C’è una sincera attitudine all’eleganza qui, e lo senti.

Chianti Classico Riserva 2015

In lui il sapore, la progressione e la finezza.  Arioso, ampio e salato, lo annovero veriddio fra i migliori portavoce chiantigiani del 2015.

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FERNANDO PARDINI

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