Diario natalizio parte seconda. 30 dicembre 2020 – 6 gennaio 2021

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Per la prima parte LEGGI QUI

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Mercoledì 30 dicembre

Giorno grigio e coperto.

Ai funerali del padre di un caro amico, deceduto a causa del maledetto Covid-19. La chiesa ha lo stesso colore del cielo di oggi. Penso all’amico, al dolore per la perdita e al dolore, alla rabbia per non aver potuto essere accanto al padre per l’ultimo saluto o per accompagnarlo al momento del trapasso. È morto da solo a causa del maledetto Covid-19.

A cena apro il Buttafuoco Bricco Riva Bianca 2008 Andrea Picchioni e il Sacrisassi Rosso 2004 Le Due Terre. Il primo è da tempo uno dei grandi rossi italiani. Il secondo lo è sempre stato. Quella del 2004 è una delle ultime bottiglie che mi sono rimaste della “scommessa del Sacrisassi”. Era la prima volta che incontravo Flavio Basilicata e Silvana Forte e, dopo la visita in azienda, abbiamo cenato insieme ad altre due persone a La Subida di Cormòns. Mentre Joŝko Sirk ci serve “alla cieca” un’antica ricetta austro-ungarica «che non siete obbligati a mangiare» (immaginatevi la curiosità e il brivido di suspense), che poi si rivelerà essere un ghiro – intero – allo spiedo (solo due persone su cinque l’hanno mangiato, e una ero io), il discorso cade sul cinema e sull’Amico americano di Wenders. Silvana sosteneva che vi recitasse Gene Hackman, io ho risposto che Hackman non aveva mai lavorato con Wenders e che l’attore protagonista era in realtà Bruno Ganz. Lei era così convinta del contrario da essere disposta a scommettere, e io non scommetto mai se non sono sicuro di vincere, così sono finite sul piatto un po’ di bottiglie delle Due Terre (che nome bellissimo Le Due Terre, piacerebbe anche a Wenders). Non era ancora l’epoca di Wikipedia o delle veloci ricerche su Google. Dopo il rientro a casa, ormai a notte inoltrata, ricevo da Silvana un suo sms: “Non scommetterò mai più con te sul cinema”. È nata un’amicizia.

Il premier Conte alla conferenza stampa di fine anno: «Se verrà meno la fiducia di un partito, andrò in Parlamento».

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Giovedì 31 dicembre

Giornata luminosa, e fredda, cielo sereno.

L’Italia torna zona rossa.

Il Papa non sta bene, non celebra il Te Deum e la Messa di Capodanno.

Il Perlé Zero Cuvée 12 Ferrari (chardonnay in purezza, assemblaggio dei millesimi 2006, 2008, 2009, 2010, sei anni sui lieviti) è di precisione chirurgica. Il Barolo Dardi Le Rose Bussia 1997 Poderi Colla ha profilo terroso e fascino medicinale. Il Recioto di Soave Classico Metodo Ancestrale 2006 (senza etichetta) che Sandro Gini ha dedicato al padre Olinto è irresistibile: colore dorato antico, sensazioni di miele, scorza d’arancia, amaretto, pietra focaia, erbe officinali; carbonica setosa e continua; finale di spropositato allungo.

Rivedo Mission: Impossible di Brian De Palma (1996), godimento frugale che non lascia troppa traccia di sé e che avrebbe generato un fortunato franchise con cinque seguiti: Mission: Impossible II (2000), Mission: Impossible III (2006), Mission: Impossible – Protocollo fantasma (2011), Mission: Impossible – Rogue Nation (2015), Mission: Impossible – Fallout (2018). È in lavorazione il settimo film. Cimentandosi in prima persona, senza l’utilizzo di una controfigura, con scene live action sempre più estreme e rischiose, Tom Cruise è alla ricerca dell’eterna giovinezza e di una continua conferma della propria virilità attraverso prove di coraggio.

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Venerdì 1 gennaio

Giornata piovosa.

Nel discorso alla Nazione, il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella apostrofa così certi sedicenti politici: «Questo è il tempo dei costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni, non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte».

Diamanti grezzi di Josh e Benny Safdie (2019, Netflix). La migliore interpretazione di Adam Sandler dai tempi di Ubriaco d’amore: è un gioielliere ebreo del Diamond District di Manhattan, e un incallito scommettitore che fa sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato, mosso da un’incrollabile fiducia in un domani che non esiste. Le pieghe amare della sventura prendono forma dapprima in un meraviglioso opale ritrovato in una miniera etiope, poi nell’endoscopia del protagonista, infine nelle partite della NBA (con Kevin Garnett dei Boston Celtics nei panni di se stesso). Ritmo sincopato, macchina da presa che bracca il protagonista, dialoghi a raffica, una fotografia sempre sul punto di esplodere.

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Sabato 2 gennaio

Cielo grigio-metallico, luce opaca.

Vaccini a rischio flop in Italia: «Delle 470mila dosi arrivate in Italia, ne sono state utilizzate finora soltanto 35mila. La UE invita ad accelerare. Allarme di BioNTech: “Subito altri farmaci o non ce la faremo» (la Repubblica).

Respiri di menta e agrumi, un assortimento di sentori minerali, toni di pepe bianco, profilo salino, acidità guizzante nel Riesling Forster Pechstein GG 2014 di Bassermann-Jordan.

Death to 2020 su Netflix, mockumentary britannico realizzato dai creatori di Black Mirror Charlie Brooker e Annabel Jones in cui si discute, in forma satirica, di alcuni dei principali avvenimenti del 2020 (la pandemia, le elezioni presidenziali americane, l’uccisione di George Floyd, i vaccini, le fake news). Samuel L. Jackson è un giornalista del fittizio New Yorkerly News, Lisa Kudrow la portavoce non ufficiale dell’ala conservatrice della politica americana, Cristin Milioti una casalinga reazionaria, razzista e negazionista, Tracey Ullman la Regina Elisabetta II. Il migliore della compagnia è un irresistibile Hugh Grant nei panni di uno storico dai capelli ossigenati che confonde la realtà con Il trono di spade.

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Domenica 3 gennaio

Scampoli di luce solare.

Pandemia: nuova stretta fino a metà gennaio.

Nel Col Fondo 2016 di Bele Casel c’è tutta la dolomia di Monfumo: sapori pietrosi, acidità calcarea, cristalli di sale.

Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese in tv. Una pioggia torrenziale di violenze e turpiloqui; un ritmo frenetico e indiavolato; una colonna sonora trascinante: Tony Bennett, The Moonglows, The Chantels, The Shangr-Las, Aretha Franklin, Bobby Darin, Cream, Muddy Waters, Derek and the Dominos. Il lungo piano-sequenza dell’ingresso di Henry (Ray Liotta) e Karen (Lorraine Bracco, poi nei Soprano) al Copacabana mentre The Crystals cantano Then He Kissed Me è un’isola di fluidità dentro una sintassi schizofrenica come il gangster sociopatico interpretato da Joe Pesci (Premio Oscar come miglior attore non protagonista). È un film epocale. Ma Casinò, erroneamente considerato una specie di remake, è ancora più bello.

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Lunedì 4 gennaio

Agganciato alla tastiera, staccato dal mondo, osservo dalla finestra la superficie opaca della realtà.

Muore, all’età di 88 anni, Barbara Shelley, attrice londinese che esordisce in Italia e diventa poi in patria la scream queen dell’horror targato Hammer con Dracula, principe delle tenebre e Lo sguardo che uccide di Terence Fisher, e L’astronave degli esseri perduti di Roy Ward Baker, il terzo episodio, e per molti il migliore, della serie dedicata al professor Quatermass. La ricordo soprattutto in quel capolavoro che è Il villaggio dei dannati di Wolf Rilla (1960), dove la Shelley interpreta la madre di un bambino alieno. «Più che l’urlo, quello che colpiva era la naturalezza con cui passava dal tailleur alla camicia da notte, dal borghese conformismo all’avida sensualità» (Emanuela Martini).

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Martedì 5 gennaio

Stretta anti-Covid in tutta Italia. Slitta il rientro a scuola. Le varianti (inglese, sudafricana, brasiliana, e non è l’inizio di una barzelletta) fanno sempre più paura.

Il Blauburgunder Riserva 2008 di Stroblhof offre sentori di terra, sottobosco, piccoli frutti rossi, chinotto, menta che blandiscono olfatto e palato.

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Mercoledì 6 gennaio

Epifania in rosso.

Continuo a leggere Robert Musil.

Apro una bottiglia di Barolo che, ormai diversi anni fa, Luigi Baudana, all’epoca ancora titolare dell’azienda, la cui proprietà sarebbe in seguito passata alla famiglia Vajra, mi aveva dato tempo prima che uscisse sul mercato e perciò sprovvista di etichetta ufficiale. È un Cerretta Piani del 2000. Severo, ruvido, ferroso, quasi barbaro all’olfatto, con un palato mordace, tannico, incisivo, serrato, profondo. In sintesi, un Barolo di Serralunga d’Alba.

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Massimo Zanichelli

Milanese di nascita, apolide per formazione, voleva diventare uno storico dell’arte (si è laureato con una tesi sull’anticlassicismo pittorico rinascimentale), ma il virus del vino contratto più di una ventina d’anni fa tra Piemonte e Toscana lo ha convertito ad un’altra causa, quella del wine writer, del degustatore professionista e del documentarista del vino. Ha firmato la guida I Vini d’Italia dell’Espresso fin dalla sua nascita (2002-2016) e la rubrica sul vino del settimanale l’Espresso per molti anni. Ha curato le pubblicazioni di Go Wine, ha scritto per le riviste «Ex Vinis», «Grand Gourmet» e «Mood», redatto il Nuovo repertorio Veronelli dei vini italiani (2005) e I grandi cru del Soave (2008). Di recente ha pubblicato “Effervescenze. Storie e interpreti di vini vivi” (Bietti, 2017) e ” Il grande libro dei vini dolci italiani” (Giunti, 2018). Tra i suoi documentari: Sinfonia tra cielo e terra. Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo – Oddero Story (2016), Il volto di Milano (2016), Nel nome del Dogliani (2017).

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