Damnatio memoriae?

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Ci è capitato sotto gli occhi l’ultimo numero del Gambero Rosso in cui si svolge una doppia celebrazione: quella del vino italiano che sta trionfando nell’export e quella del Gambero Rosso stesso che compie 35 anni.

A proposito di quest’ultima, scorrendo qua e là, abbiamo notato che il nome di Stefano Bonilli non viene mai riportato. Mai. Stefano Bonilli fu quello che il Gambero Rosso lo inventò come inserto del quotidiano Il Manifesto, che proseguì l’opera con la guida Vini d’Italia (redatta assieme a Slow Food, un clamoroso successo) e poi con la rivista stessa. Ci sono anche dei “box” firmati da testimoni di quel tempo andato come Andrea Gabbrielli (che fu caporedattore delle prime guide), Antonio Paolini e Marco Sabellico (che però parla solo di vino). Niente, neanche lì.

Ora, noi potremmo dire che la cosa ci interessa il giusto, e potremmo anche credere che si sia pensato: a un lettore ventenne che si sta appassionando al vino che gliene importa di un tal Bonilli che inventò e fondò il Gambero Rosso 35 anni fa?

Però a noi, che purtroppo vent’anni non li abbiamo più, la cosa ha comunque colpito abbastanza. E quella ipotesi non è che ci convinca granché.

Riccardo Farchioni

6 COMMENTS

  1. Purtroppo il senso di Gratitudine verso persone che hanno avuto un ruolo importante nel passato ai più diversi livelli non è sentimenti comune. Quello che tu qui racconti lascia davvero un senso di stupore ed amarezza.

  2. Che tristezza. E che rimpianto che quanto Lui abbia detto e scritto sia andato perduto. Un archivio prezioso che poteva diventare storia.Ma che il Gambero non lo nomini è davvero grave.

  3. La cosa incredibile e che mi ha sempre lasciata basita è che non lo ricordi quasi nessuno , non solo al Gambero Rosso , ha fatto tanto per tanti . Un plauso per averlo fatto presente !

  4. Va detto per completezza che ogni anno, nell’anniversario della scomparsa, a Stefano Bonilli dedica un articolo sul suo doctorwine.it Daniele Cernilli, a lungo suo compagno di strada e al vertice della parte “vinosa” del Gambero

  5. Aggiungerei un commento, probabilmente viziato da nostalgia e “imprinting” : il “gambero rosso” inserto del “manifesto” aveva contenuti piu’ interessanti delle successive versioni. Salutoni, vi seguo sempre

  6. Non posso che essere d’accordo con Ferdinando, ricordo ancora vecchi numeri del Gambero Rosso inserto, poi andati persi in un qualche trasloco. D’altra parte per essere l’inserto di un giornale come Il Manifesto non ci si poteva limitare a parlare di colori e di sentori… Quella che io, scherzando, chiamo “sinistra gastronomica”, a quei tempi era più sinistra e meno gastronomica. Non che la gastronomia e il cibo in generale siano argomenti leggeri, sono anzi rivoluzionari e quanto mai centrali per la transizione ecologica che ora è sulla bocca di tutti ma che fatica ancora a diventare prassi di tutti i giorni. Mangiare buono, pulito e giusto può cambiare il mondo, Slow Food docet.

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