Accendiamo i riflettori sul Chianti Montespertoli, oltre il folklore

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DSCN5824L’appuntamento per parlare di Chianti Montespertoli ricorre ogni anno in occasione della Mostra del Chianti, meglio nota come Festa del Vino. E questo è il primo tasto dolente: l’evento che si tiene da 57 anni a Montespertoli nell’ultima settimana di maggio (l’edizione 2014 è slittata di sette giorni causa elezioni amministrative) è vissuto e percepito da tutti come una bellissima festa paesana che anima il centro con stand enogastronomici, musica di strada e sfilate storiche in costume d’epoca.

Niente di cui lamentarsi se non fosse che invece ufficialmente l’intento della Mostra è quello di organizzare una fiera per “tecnici ed esperti del settore vitivinicolo” come recitano le brochure ufficiali distribuite dal Comune di Montespertoli, organizzatore e promotore dell’evento. E dunque a lamentarsi in questo caso sono i produttori. Un paio di convegni a tema e qualche incontro di approfondimento non sono sufficienti per parlare di un evento dedicato agli addetti ai lavori. Agli espositori è riservata una delle due piazze centrali del paese, ma difficilmente compratori, ristoratori e stampa di settore affollano i banchi d’assaggio.

DSCN5810Colpa dello spirito folkloristico che da sempre pervade la manifestazione, ma anche delle amministrazioni che si sono succedute che hanno sempre privilegiato un profilo popolare a discapito di quello professionale, sia in termini di contenuti sia di comunicazione. Un esempio su tutti, il Museo della Vite e del Vino dalle opportunità troppo poco sfruttate, per molti una vera e propria cattedrale nel deserto.

E veniamo agli altri tasti dolenti. Il Chianti Montespertoli è una denominazione relativamente giovane (1997), non ha alle spalle un Consorzio di tutela tutto suo (fa capo al Consorzio del Chianti), essere una sottozona già di per sé penalizza la sua affermazione soprattutto se si pensa che le denominazioni limitrofe sono il Chianti Classico e il Chianti Colli Fiorentini: un vicino a dir poco illustre e uno con il vantaggio di essere arrivato molto tempo prima sulla scena enologica toscana. Da un lato il Gallo Nero non può che fare ombra alla piccola Docg specialmente sul mercato internazionale. Dall’altro il Colli Fiorentini ha dalla sua anche la presenza di grandi imbottigliatori come Guicciardini, risonanza che a Montespertoli manca fatta eccezione per la Tenuta di Castiglioni di proprietà Frescobaldi che però non produce etichette della sottozona e non è presente in Mostra tra gli espositori.

DSCN5817Raccontare le criticità del Chianti Montespertoli Docg mi è già costato in passato un certo disappunto da parte di sindaco e assessori, ma accendere i riflettori su un prodotto autoctono di qualità è vitale in una realtà dove l’agroalimentare è senza dubbio il punto di forza. Le sinergie del vino con il pane tipico locale di grani antichi e l’olio extravergine sono molteplici, valorizzare le eccellenze è un dovere. Elencare le criticità non significa remare contro, ma anzi stimolare ad affrontare i limiti per superarli, richiamare l’attenzione per far emergere il valore enologico che come in ogni area vitivinicola presenta vette di elevata qualità e minimi da dimenticare.

E certamente il quadro si fa interessante quando si va ad analizzare la denominazione in senso stretto. Il tema ricorrente è il problema dell’identità. Nel 2010 l’Università di Firenze ha avviato un triennio di sperimentazione sui vini della sottozona Chianti Montespertoli, prendendo in esame le uve sangiovese di tre annate. Sette le aziende montespertolesi coinvolte in un unico protocollo di vinificazione con l’obiettivo di individuare nella denominazione un’identità definita e riconoscibile. Un napping test effettuato a sperimentazione in corso, e a cui ho partecipato, fu emblematico: il panel composto dagli stessi produttori alle prese con una degustazione cieca indicò il Chianti Colli Fiorentini come il campione più rappresentativo di Chianti Montespertoli. Una gaffe sulla quale il gruppo di studio guidato dal prof. Bertuccioli ha smorzato gli allarmismi spronando piuttosto a lavorare sugli elementi di forza. I risultati conclusivi della ricerca fornirono l’indicazione che il Chianti Montespertoli esprime al meglio le sue potenzialità come vino d’annata, trattandosi di un vino strutturato che tende ad esaltare la freschezza della materia prima. Ma questa conclusione non trova d’accordo tutti i produttori, molti dei quali ritengono necessario un significativo affinamento in legno, preferibilmente in botte grande, ma anche in barrique.

DSCN5822Da allora il dilemma è sempre lo stesso: è possibile delineare una personalità riconoscibile? Un dilemma riproposto quest’anno alla degustazione dei vini selezionati da Leonardo Romanelli, proprio durante la settimana della Mostra del Chianti appena conclusa. Il critico fiorentino ha scelto e commentato alcuni vini da lui ritenuti rappresentativi spaziando dal Chianti Montespertoli, al Chianti e all’Igt. In realtà avremmo preferito una degustazione comparativa di solo Chianti Montespertoli e in effetti la discussione si è subito incanalata in questa direzione, sollevando immediatamente la questione identità.

Nella sua selezione Romanelli ha individuato un fattore comune nella vena acida costante e nella migliore gestione dei tannini rispetto al passato. Secondo Riccardo Margheri della guida Vini Buoni d’Italia il Chianti Montespertoli non esprime niente di diverso dal Chianti. Alessandro Bosticco si interroga su quali siano i tratti distintivi di questa Docg e chiede ai produttori quale sia il criterio di differenziazione dal Chianti. Il produttore Stefano Nigi della Tenuta Maiano risponde che in un Chianti base si cerca un profilo più semplice mentre il Chianti Montespertoli si posiziona su fasce più alte di mercato. Il parterre non sembra soddisfatto dalla risposta. Gli assaggi ripropongono chiaramente una netta diversificazione tra un vino e l’altro, non c’è continuità, non emergono tratti distintivi comuni preponderanti.

DSCN5803Di fatto sulla disomogenità dei bicchieri incidono tre fattori: Montespertoli conta 2.200 ettari vitati sparsi su tutto il territorio con delle diversità microclimatiche evidenti che producono vini mai uguali tra loro. I vigneti sono molto dislocati tra loro su terreni in alcune zone prevalentemente argillosi (il cosiddetto mattaione), in altre calcarei, in altre ancora ricchi di scheletro. Infine l’individualismo dei produttori che interpretano differentemente il disciplinare, soprattutto nell’utilizzo dei vitigni complementari e nella percentuale di sangiovese. Alcuni scelgono il 100% incondizionatamente, e del resto lo stesso progetto di ricerca dell’università si era basato sul sangiovese in purezza. Altri inseriscono uve bianche secondo l’antico governo toscano, altri ancora chiedono aiuto ai vitigni internazionali.

I punti in comune? Colline naturalmente vocate, potenzialità indiscutibili della materia prima, freschezza del prodotto finale, una sempre maggiore propensione alla conversione biologica o comunque a tecniche colturali non impattanti sul territorio. Su tutti la voglia di decollo e promozione.

Chiude l’incontro la divertente puntualizzazione del giornalista Stefano Tesi che per le prossime degustazioni reclama il pane di grani antichi di Montespertoli al posto dei tristissimi crackers utilizzati per l’occasione. A proposito di promozione.

 

Francesca Lucchese

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