Impressioni cilene, terza parte

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Ancora tre aziende cilene: Montes, Clos Santa Ana, Viña Indomita

Montes

vigneti-montesMontes nasce dalla passione di quattro operatori del settore vitivinicolo che, dapprima nelle persone di Aurelio Montes e Douglas Murray, fondarono la cantina. Successivamente si aggiunsero Alfredo Vidaurre e Pedro Grand, che ampliarono le prospettive dell’azienda. La forza di questa cantina è la modernità degli impianti, la grande capacità immaginativa dei proprietari e la diversità dei territori di cui dispone, collocati come sono in diverse zone anche abbastanza distanti tra di loro. Montes è poi stata la prima cantina cilena che ha “osato” produrre un Cabernet Sauvignon di altissima gamma e lo ha saputo imporre sui mercati internazionali. Il vino nato da questo progetto, nel 1996, è il Montes Alpha M, un vino che ha saputo trascinare altre aziende su questa fascia di prezzo. La visita al centro aziendale, che si trova ad Apalta, nei pressi di Santa Cruz, è guidata dalla giovane enologa Andrea Calderon Vasquez, che ci espone le attrezzature aziendali, la filosofia costruttiva dello stabile in cui veniamo ospitati  (Feng Shui) e che ci accompagna poi nella particolare barriccaia dove vengono diffusi in continuazione canti gregoriani, che a suo dire consentono al vino di evolversi meglio in legno.

img_20170118_155814Dal punto di vista tecnico, la cantina costruita negli anni 2000 è notevole, moderna e popolata di grandi vasi in acciaio e ampie batterie di fermentini in legno. E’ posta al centro degli appezzamenti storici dell’azienda che si estendono a 360 gradi e dei quali si gode la vista dalla grande terrazza. La barriccaia posta ad anfiteatro nel sottosuolo dello stabile, è fornita di moderni impianti di condizionamento ma soprattutto svolge una funzione scenica fondamentale: il canto gregoriano, le luci soffuse e la disposizione delle barriques danno una sensazione di sacralità davvero coinvolgente. Andrea ci illustra le tecniche di cantina, in  Cile quasi sempre basate sulla tecnica della macerazione pre-fermentativa a freddo, e le fermentazioni a temperatura controllata sia per i rossi che per i bianchi. Notevole lo studio del territorio e della riduzione dello spreco dell’acqua, che ha portato l’azienda a ridurre dell’65 per cento il consumo idrico per l’irrigazione.

img_20170118_155803Nella degustazione, che avviene in un bella sala con vista panoramica sui vigneti, il primo vino proposto è il Montes Outer Limits Sauvignon Blanc 2016, proveniente dalla tenuta di Zapallar, vicino alla costa oceanica. Macerazione pellicolare per 12-24 ore, fermentazione a temperatura controllata dopo chiarifica statica con lieviti selezionati, affinamento su fecce fini per 6-8 mesi. Di colore giallo medio con riflessi verdognoli, al naso sprigiona aromi vegetali e agrumati tipici del sauvignon blanc: bosso, frutto della passione ma anche salvia. In bocca è sapido, fresco, minerale e ricorda certi buoni Sancerre. Un vino convincente.

img_20170118_161101Il secondo vino proposto è il Montes Outer Limits Pinot Noir 2015. Dopo raccolta mattutina e selezione accurata, l’uva vien in parte crio-macerata con ghiaccio secco e in parte macerata in vasca prima della fermentazione a 8 gradi per 5 giorni. Successivamente la temperatura viene portata a 25 gradi ed ha inizio la fermentazione alcolica, che dura 7 giorni a contatto con le bucce. Una parte delle vasche viene svinata mentre le altre proseguono fino al consumo di tutto lo zucchero in presenza delle bucce. Affinamento in barrique francesi per un 30 per cento nuove e il resto di terzo passaggio per 10-12 mesi.  Il vino si presenta di un rosso rubino medio, con note fruttate e floreali tipiche del vitigno, e una bocca elegante e fresca, mentre i tannini -ancora non completamente fusi- preludono ad ampie possibilità di invecchiamento.

img_20170118_161935Altro vino rosso proposto è il Montes Outer Limits Wild Slopes 2013 , nato dall’assemblaggio di carignan, grenache e mourvèdre.  Il territorio di produzione è quello che ci circonda, ovvero i terreni terrazzati di Apalta, dove per questo motivo la densità per ettaro può raggiungere le 14.000 piante. Raccolte tra la fine di marzo e il 20 aprile del 2013, le uve -vinificate separatamente- subiscono una macerazione pre-fermentativa, poi vengono fermentate con lieviti indigeni a 22-24 gradi per 8 giorni e successivamente altri 3-5 di macerazione post fermentativa. Affinamento in barrique per 12 mesi, di cui il 20 per cento nuove. Il vino si presenta di un rosso rubino con riflessi violacei, al naso ricorda la mora, la prugna, con note speziate e lievemente vanigliate derivanti dall’affinamento in legno. In bocca è fresco e rotondo, con tannini poco in vista e chiusura morbida. Un bel vino espressione del territorio.

Della linea Montes Alpha assaggiamo il Cabernet Sauvignon 2013. Il vino deriva da uve raccolte verso la metà di maggio e vinificate con la solita tecnica della macerazione pre-fermentativa. Qui si predilige però una più lunga macerazione post fermentativa, per estrarre maggior corpo e tannini. Ne scaturisce un vino dal colore profondo, rosso porpora tendente al violetto, con aromi fruttati importanti che hanno per sottofondo una nota vegetale e fenolica (inchiostro) caratteristica, scarsamente mitigata dalla piccola percentuale di merlot (10 per cento). In bocca è un vino elegante e possente al contempo, non precisissimo nei dettagli ma di auspicabile buon potenziale di longevità

L’ultimo vinopurpleangel13-1 proposto è il Montes Purple Angel 2013.  L’origine delle uve  è suddivisa tra Apalta e Marchigue, e i vitigni sono carménère per il 92 per cento e petit verdot per l’8 per cento.  La resa in questo caso è estremamente bassa, aggirandosi intorno ai 40 quintali per ettaro . La tecnica di elaborazione non è dissimile da quella del vino precedente ma qui la differenza la fanno sicuramente le uve. La consapevolezza che il Carménère si addica a queste zone la si ha degustando questo vino. Di un colore profondo e violaceo, il bicchiere è carico di profumi complessi e ben amalgamati: frutti rossi,  confettura di mirtilli, note balsamiche e sentori vanigliati derivanti dai 18 mesi in rovere francese nuovo, contraddistinguono questo vino, che in bocca non delude. Anzi, avanza sicuro confermando il naso fino ad un finale dove i tannini sempre presenti prolungano la piacevolissima sensazione gustativa. Ottimo vino in linea con il prezzo, che si aggira attorno ai 60$.

La bella esperienza della visita alle cantine Montes si conclude nel pomeriggio. Ma la serie di degustazioni giornaliere non è ancora terminata. Dopo un viaggio avventuroso a causa di un vicino incendio che oscurava quasi il cielo (vedi foto) arriviamo a Clos Santa Ana, di proprietà di Luigi Allegretti,  un italiano trapiantato da tempo in Cile.

Clos Santa Ana

img_0820La proprietà si trova sempre nei dintorni di Población (Peralillo), nella valle di Colchagua,  ma la scelta del proprietario e le dimensioni dei vigneti sono decisamente diverse dalla media delle aziende visitate. Il vigneto non supera i due ettari ed è allevato a totem. Le varietà sono sempre le stesse ma qui si cerca una armonia profonda tra l’ambiente, anche palustre, dei dintorni e la fisiologia del vigneto. Così cabernet sauvignon, merlot, carménère si sviluppano in modo particolare e del tutto naturale. Alla guida della cantina c’è José Miguel Sotomayor, tra i più noti enologi cileni, che qui persegue vinificazioni in anfora e in vaso aperto e successivamente affinamenti in barrique nel sottosuolo della cantina.

Le degustazioni nella cantina sotterranea sono decisamente sorprendenti: se lo scopo dichiarato è produrre vini diversi dallo standard cileno il risultato è stato pienamente raggiunto. Sia i Cabernet che il Carménère sono di una spontaneità e di una naturalezza espressiva sorprendenti. E, seppur ancora in maturazione, rivelano già una forte personalità e una schiettezza aromatica unica. Ma una parola va spesa per il metodo di vinificazione. Come risaputo, il Cile è terra senza pregiudizi enologici e legami ingombranti con la tradizione. Così, se si afferma una nuova tecnica di vinificazione, qui viene img_0825sperimentata e messa in atto. Sotomayor ha rivisitato la fermentazione in anfora e in vaso aperto con soluzioni minimali ma con perizia tecnica non incorrendo, come spesso succede, in errori e deviazioni aromatiche dettati da improvvisazione o pressappochismo. E se i mezzi tecnici sono ridotti, la cura nella sanificazione dei contenitori, il giusto grado di maturazione e la costante cura della fermentazione consentono pulizia nei profumi e giusta estrazione dei polifenoli. Dopo la degustazione dei vini in affinamento, il nostro ospite ci introduce nella sua abitazione che, con nostra meraviglia, appare all’interno molto diversa dalla prima impressione. L’atmosfera è quella dei romanzi di Marquez,  dove il tempo scorre a velocità differenti. L’interno appare ben arredato e più simile ad un salotto di un antiquario che ad una abitazione di campagna. La serata però corre veloce tra citazioni shakespeariane e assaggi di piatti singolari (come il passato di barbabietola rossa allo yogurt) e arriva il momento della consegna del vino all’Enologo: in questo caso è il sottoscritto che consegna il Sangiovese Terre di Sotto del Castello di Ripa d’Orcia a José Miguel Sotomayor.

L’incendio intanto imperversa e facciamo il nostro viaggio di ritorno in una notte scura verso l’Hotel Casa de Campo. Il mattino seguente ci aspetta un intermezzo prettamente culturale: la visita alla casa di Pablo Neruda, a Isla Nigra.

La casa del poeta a Isla Nigra

Il premIsla Negraio Nobel per la letteratura ha scelto questo luogo a contatto con l’oceano per recuperare lo spirito del viaggio e dell’avventura. La casa, oggi divenuta museo, si affaccia quasi a strapiombo sull’oceano Pacifico. Il concetto del viaggio pervade tutta la struttura della dimora voluta espressamente da Neruda: nel giardino una vecchia locomotiva attende i visitatori, le stanze interne sono addobbate con polene di navi, modelli di velieri, mappamondi e strumenti di navigazione, relitti di naufragi che, giunti sulla spiaggia antistante, sono stati integrati da Neruda nella struttura stessa della casa. Vi si respira un’atmosfera di invenzione e di genialità, nel percorrere le stanze quotidianamente abitate dal poeta e dalla sua seconda moglie, entrambi sepolti sullo scoglio prospiciente l’oceano.

Ecco una poesia che parla dell’Isla

Tutta la notte ho dormito con te
vicino al mare nell’isola
eri selvaggia e dolce
tra il piacere e il sonno
tra il fuoco e l’accqua
Forse assai tardi i nostri sogni
si unirono nell’alto o
nel profondo

 

La tomba di Pablo NerudaIn alto come i rami che muove
uno stesso vento
in basso come rosse radici
che si toccano
Forse il tuo sogno
si separò dal mio
e per il mare oscuro
mi cercava come prima
come quando non esistevi
quando senza scorgerti
navigai al tuo fianco
e i tuoi cercavano ciò che ora
pane, vino, amore e collera
ti do a mani piene.
Perché tu sei la coppa che
attendeva i doni della mia vita.
Ho dormito con te tutta la notte
mentre l’oscura terra gira
con vivi e con morti
e svegliandomi d’improvviso
in mezzo all’ombra
il mio braccio circondava
la tua cintura
ne la notte
ne il sonno
poterono separarci.

Ho dormito con te
e svegliandomi la tua bocca
uscita dal sonno
mi diede il sapore di terra
d’acqua marina
di alghe
del fondo della tua vita
e ricevetti il tuo bacio
bagnato dall’aurora
come se mi giungesse
dal mare che ci circonda. 

Pablo Neruda

Terminata la visita ci attende il viaggio per Valparaiso, dove pernotteremo in attesa della nostra ultima visita in azienda. Valparaiso è una città di mare. Il porto, che è il più importante del Cile, è l’attività dominante, ma questo non è assolutamente penalizzante per la vita culturale ed artistica. La città però non è una colorata cartolina. La realtà corre, come in ogni agglomerato urbano, a fianco del sogno. I cani, onnipresenti, sono forse il ricordo più particolare della serata trascorsa lì. Qui vi è poca distanza fisica tra ricchezza e povertà: ecco così i bellissimi palazzi addossati ad abitazioni costruite con lamiere. Il tutto però coperto sovente di murales dai colori sgargianti, che ricordano i capi d’abbigliamento della gente andina.

Viña Indomita

img_0854Al mattino, in una giornata particolarmente calda, partiamo per la visita ad una delle più belle cantine cilene: Viña Indomita. Situata nella valle di  Casablanca, a nord ovest di Santiago, Indomita è stata acquisita alcuni anni fa dal gruppo industriale Bethia, che assieme ad altre proprietà ha costituito il ramo vitivinicolo del gruppo Bethwine.  La direzione tecnica della cantina è stata affidata a Fernando Catalan, noto enologo cileno, colui che ci accompagna nella visita. La valle di Casablanca è una delle zone più rinomate del Cile per i vini bianchi. Forti escursioni termiche e la vicinanza del mare la rendono particolarmente vocata per chardonnay e sauvignon blanc, oltre che per il pinot nero.  I terreni, in parte argillo sabbiosi e in parte alluvionali, conferiscono una buona mineralità e una buona finezza nei rossi. Così, in Indomita, abbiamo anche Merlot e Carménère. La cantina, di recente rinnovata, è una delle più belle ed attrezzate che abbiamo incontrato nel nostro viaggio. La capacità di produzione, pari a 270mila ettolitri, è stata distribuita in una pletora di vasche in acciaio e in legno razionalmente distribuite nella struttura in elevazione sopra la collina. Sotto di essa si sviluppa la bella barriccaia a contatto con la roccia,  che conferisce umidità naturale e prot43f4b2cb1e35ec5158082ca154ce4d41egge il vino dalla calura estiva (fuori si sfiorano i 34 gradi). Fernando prima ci invita ad un percorso tra le vigne, per farci apprezzare anche la piena integrazione della vigna con il territorio, che si esplica anche attraverso un interessante percorso turistico /didattico che coinvolge il suolo, le varietà coltivate e il clima di Casablanca, e poi in un simpatico buffet all’aperto ci fa assaggiare i primi vini dell’azienda.  Ci propone il Sauvignon Blanc Varietà Indomita 2016. Un vino dall’approccio varietale, di un colore giallo chiaro con riflessi verdognoli e dalla beva fresca, semplice ma accattivante grazie alla freschezza, sia come tenore di acidità che come nitidezza delle note floreali e vegetali.

Ritornati in cantina, data anche la notevole temperatura esterna, procediamo alla degustazione, direttamente dalla vasca, dello Chardonnay di Casablanca. Di un bel colore giallo con sfumature dorate, si presenta con un profumo intenso, fruttato e floreale, con predominanza di frutti freschi, con una vena lievemente vanigliata. Minerale in bocca e persistente nel finale, conferma la vocazione del territorio per i bianchi. E’ destinato a dare vita al Gran Reserva Chardonnay 2016 di Indomita.

Il Pi9f60dc22c6ea5b888595fb43beb4c1a3not nero che assaggiamo successivamente (sempre da vasca) ci  conferma la forte impronta che la valle dei Casablanca, sotto la mano esperta di Fernando,  lascia nei vini. Anche in questo caso la finezza aromatica e l’espressività gustativa fanno del vino una bella caratterizzazione di Pinot australe. Ultimo ma non ultimo, il Carménère, che si conferma ancora una volta vino di punta delle nuove aziende cilene. Qui il colore è rosso porpora , profondo, al naso è speziato e complesso, con sentori di chiodi di garofano, liquirizia, tartufo, foglia di tabacco, in bocca è ampio, avvolgente con tannini decisi ma mai sgraziati. La presenza del legno addolcisce il finale . Questo vino diventerà il Gran Reserva Carménère.
Terminata la visita, ci attende un pranzo offerto da Indomita e dal suo ristorante. L’ospitalità è magnifica, ma un piccolo problema di indisponibilità mi ha precluso questa bella esperienza finale.

Si conclude così l’affascinante visita in Cile offertaci da AEB. Se ne trae la sensazione di un mondo enologico privo di pregiudizi culturali, in piena evoluzione e con forti capacità di integrare l’attività vitivinicola con le attività turistico/ricettive. I mercati di riferimento, almeno dal punto di vista stilistico della maggior parte dei vini,  restano quelli americani, del sud est asiatico e dell’ Australia, ma con una forte caratterizzazione delle varietà e delle tecniche enologiche e viticole. Si sente la scuola francese nella concezione dei vini ma molto meno nei risultati, dove il contesto ambientale interviene in maniera importante.

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La prima parte

La seconda parte

Lamberto Tosi

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