Slow Food Market Svizzera 2014, breve resoconto

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manifestoZURIGO – durante il week end dal 14 al 16 novembre è andato in scena il mercato dei prodotti tipici svizzeri e non solo, vista la larga partecipazione di aziende artigiane estere e specialmente italiane. I produttori, più di duecento, sono stati alloggiati nei due piani ben organizzati della Halle 9 nella zona fieristica vicino allo stadio di Zurigo, presenti anche spazi per conferenze e show cooking oltre che un piccolo ristorante.

Certo che passare dal Salone del Gusto e Terra Madre a questo evento è un bel salto (indietro), ma entrare nello specifico di una nazione, seppur piccola, consente di approfondire conoscenze altrimenti vaghe.

Tra i prodotti tipici più presenti ovviamente la cioccolata e i formaggi, quindi tante altre specialità come affettati, pane, mele e suoi derivati, vini, birre, distillerie e un grande banco di ortaggi dove era possibile acquistare addirittura specie “rare” di verdure.

groviera e emmentalerTra i formaggi ho potuto assaporare le diverse stagionature delle tre tipologie più diffuse:

Groviera: è il formaggio da latte intero di mucca a pasta dura, cremoso e molto saporito alla masticazione, prodotto sin dal XII° secolo nel distretto di Gruyère del Cantone Friburgo, seppur allora non identificato ancora con quel nome. E’ un formaggio AOC, ossia di denominazione di origine protetta, nonché il principale componente della fonduta dove, volendo, può essere intergrato da una parte di Vacherin Fribourgeois. Quando è più stagionato tende a diminuire i sentori dolci e fruttati a vantaggio dell’intensità e sapidità. Molto è stato discusso sulla faccenda dei “buchi” poiché di norma non ne ha (talvolta qualcuno molto piccolo), la versione ufficiale è che sia stata fatta confusione con l’emmental, il “cugino bucodotato”, da parte degli stranieri (si suppone francesi); altra ipotesi è che i buchi li avesse, poi, in epoche remote, qualcosa andò storto nella fase di lavorazione e non vennero più, così, per non svelare la magagna, fu diffusa la teoria che il groviera non aveva buchi.

Emmentaler: i cari amici svizzeri sono dovuti ricorrere al finale “er” per riconoscergli una AOC tutta sua e non confonderla con altre già presenti in Francia e Germania. L’origine di questo simpatico formaggio, forse il più memorizzato nell’immaginario collettivo, risale al XIII° secolo nella valle del fiume Emme nel Cantone di Berna. Il Presidio Slow Food prevede che sia prodotto con latte di mucca intero e stagionato per almeno dodici mesi in cantine naturali piuttosto umide. Nella fase di fermentazione si formano i famosi buchi, copiosi e ben delineati come prevede il disciplinare.sbrinz Alla fine della stagionatura le grosse forme – raggiungono anche i centoventi chili – racchiudono un formaggio a pasta dura dal tipico profumo dolce di burro, erbe di pascolo e frutta secca tipo noce e nocciola. Il formaggio così prodotto può fregiarsi dell’etichetta nera col nome “Gotthelf”, garanzia del Presidio. Un pezzo stagionato 18 mesi me lo sono portato a casa volentieri.

Sbrinz: è il più antico e famoso formaggio d’alpeggio svizzero e proviene dai Cantoni Obvaldo e Nidvaldo della Svizzera centrale. Già nel XVI° secolo era venduto con questo nome derivato dall’omonima cittadina e anche la strada percorsa nei commerci verso l’Italia, per giungere a Domodossola, aveva assunto lo stesso nome. Il Presidio ha voluto garantire la qualità di questo gustosissimo formaggio a pasta extra dura con la produzione possibile solo durante la stagione estiva ed una stagionatura di minimo trenta mesi. birrificio Korn HausUna delizia per il palato, oserei paragonarlo per certe sensazioni al parmigiano fresco, e il mio preferito tra i formaggi d’alpeggio svizzeri, ovviamente finito anch’esso nel mio paniere.

Di cioccolata e vini biancocrociati avevo già approfondito in altre occasioni così ho preferito prestare attenzione in altri settori enogastronomici. Ho notato un notevole fermento per i sidri – buoni ma piuttosto cari, dal costo più che doppio rispetto a quelli della Normandia (d’altronde siamo in Svizzera e qua tutto è caro) – per le birre – prevalentemente in stile tedesco tra cui segnalo la wolfmilch del birrificio Korn Haus, birra ambrata speciale di 8 gradi (potrei inventarne lo stile in “strong milch dunkel“) fatta solo in alcune occasioni – e per i whisky insolitamente prodotti in Svizzera.

fattorie delle chioccioleUn discorso più ampio lo merita la Schneckenfarm Elgg (Fattoria delle chiocciole Elgg) produttrice di vasetti di chiocciole sgusciate, gusci vuoti – anche decorativi ricoperti d’oro o argento – caviale di chiocciola – piuttosto caro e purtroppo non in degustazione – e un particolare elisir, a base di erbe di montagna e dei simpatici animaletti privati opportunamente della loro “casetta”, dal color giallo brillante “Strega”, sentori di erbette varie, discreta gradazione e dolcezza. Se non erro la bava delle lumache ha dei poteri curativi come mucolitico ma, alla domanda se l’elisir avesse delle particolari proprietà, mi è stato risposto che lo avevano fatto solo per proprio piacere. Chi volesse “investire” in qualcosa di particolare è possibile contribuire all’espansione della fattoria con un ritorno di circa il 30%, i dettagli sul loro sito.

Altra storia interessante è quella del “panettiere/pasticcere” Claudio Leibacher e i suoi “biber”: laureatosi in storia, nel mentre aspettava l’impiego in un museo, Claudio si è dedicato a due sue passioni ossia per le cose vecchie e la panetteria. La prima gli ha fatto recuperare delle vecchie forme intagliate di legno che servivano per fare i biber – specie di pan di zenzero (o gingerbread visto che siamo in ambito internazionale) tipici della zona di Appenzell con figure in rilievo sulla superficie e ripieno di miele, mandorle e spezie – la seconda gli ha permesso di usarli invece di tenerli come collezione. biberDopo vari tentativi, con enorme soddisfazione degli amici, i risultati erano talmente convincenti che nel 2011 ha iniziato ufficialmente tale attività coinvolgendo anche il fratello Silvan, laureato in economia, per il marketing e la vendita. Devo ammettere che i ragazzi hanno lavorato molto bene: additivi e conservanti sono banditi, le materie prime sono tutte biologiche ed altamente selezionate – ad esempio le mandorle impiegate sono di una qualità particolare per il sentore vagamente nocciolato – gli stampi caratteristici che permettono la decorazione in rilievo del dolce sono incisi dallo stesso Claudio su legno di pero (se qualcuno lo desidera sono possibili stampi personalizzati) e anche il packaging è attraente. Inoltre, recentemente, hanno prodotto anche una versione per i vegani. Io ho assaggiato la versione tradizionale e posso garantire che è una vera leccornia: dai profumi, consistenza e sapori si percepisce l’altissima qualità del prodotto e l’amore con cui è stato fatto.

Università di Scienze Gastronomiche di PollenzoMerita una segnalazione anche la presenza dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, già ritrovata al Salone del Gusto, volta a promuovere i propri corsi di studi e master per i gastronomi del futuro. Avessi la possibilità di tornare indietro negli anni prenderei in seria considerazione l’iscrizione a questa università.

In conclusione questo evento “minore” di Slow Food ha confermato che c’è del buono ovunque, che anche all’interno di realtà meno conosciute si trovano spesso delle belle sorprese e che spetta a noi la scelta se rimanere sull’autostrada – sicura ma monotona – della grande distribuzione o provare qualche tortuoso sentiero tracciato da piccoli artigiani, difficile da trovare e sicuramente più dispendioso, ma capace di regalare emozioni uniche.

Leonardo Mazzanti

Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.

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